Viene da ridere a parlare di un giocatore come Luigi Forlano e riferire che ha disputato da titolare sei campionati con la nostra Juventus, disputando neanche venti partite in totale. C’è un perché, visto che i primi campionati erano ad eliminazione diretta e duravano pochissimi giorni: è solo dal 1904 che furono inseriti i gironi eliminatori e fu scelto il nome di Campionato di Prima Categoria, prima che nuove e cervellotiche modifiche regolamentari dessero inizio, dal 1908, ai nostri contenziosi con la Federazione.
Il primo campionato durò ... una sola giornata, poi la loro lunghezza crebbe, ma mantenendosi a lungo sotto le dieci giornate. I primi sette campionati si disputarono con un minimo di quattro e un massimo di otto squadre, tutte del cosiddetto “Triangolo industriale”, vale a dire Genova, Torino e Milano, e sempre ad eliminazione diretta. Dal 1904 oltre ai citati gironi, è data la possibilità alle squadre minori di iscriversi ai campionati di Seconda e di Terza Categoria.
Forlano, socio fondatore della Juventus, in sei stagioni agonistiche ha segnato quattro reti e indossato il bianconero in diciotto gare ufficiali, ma è un modo di dire, visto che fino al 1902 il colore della maglia era il rosa: è solo dal 1903 che l’invio da Nottingham delle maglie bianche e nere del Notts County al posto di quelle rosse del Nottingham Forest, determinò quelli che divennero i nostri colori sociali. Nell’ultima stagione bianconera, Forlano, con quattro presenze e tre reti assicurò alla Juventus il Campionato di Prima Categoria, proprio mentre la squadra delle riserve conquistava il primato in quello di Seconda categoria: dominio assoluto, quell’anno, anche se ancora non si parlava di “Doppiette”, “Doblete” o “Double”. Vale, forse, riportare la formazione che gli annali ricordano di quella prima nostra Juventus vittoriosa, tenendo presente che essa è molto arbitraria, visti i tempi di quasi “autogestione”, determinata sia dall’assenza di un trainer (anche se Donna fungeva da allenatore), che dall’assenza di ruoli certi e fissi, a parte quello di portiere. I nostri primi eroi, tutti rigorosamente dilettanti erano Domenico Durante, portiere e pittore, Gioacchino Armano e Oreste Mazzia, studenti del Politecnico di Torino e difensori; gli impiegati Paul Arnold Walty (svizzero), Giovanni Goccione, il capitano, e Jack Diment (scozzese) erano i “mediani”; in avanti giostravano Alberto Barberis (studente in Legge), Carlo Vittorio Varetti (studente in Ingegneria), il nostro Luigi Forlano, studente e centravanti, James Squair, un impiegato inglese e Domenico Donna (altro studente in Legge).
Passato al FC Torinese nella stagione seguente, probabilmente nell’ambito dello scisma di Alfred Dick, il Presidente-Prepotente, e da lì all’US Milanese, finì i suoi giorni cent’anni fa, il 16 luglio 1916, sul Carso, con i gradi da ufficiale. Una famiglia sfortunata: suo figlio Bruno, anch’egli calciatore (Novara), morì in Russia durante la Seconda Guerra Mondiale.
Per tutti era lui il centravanti di quella mitica formazione. Renato Tavella scrive: «
Bomber ante litteram, si esibisce nella primissima squadra che si cimenta al Valentino. Forte e irruente come un toro, è l’insostituibile avanti della squadra vincitrice il primo scudetto 1905. Irresistibile quando è in giornata. Generoso sempre. Nel corso della Grande Guerra …». Non si conosce la fonte di Tavella, ma questo scrittore, e non solo per aver brevemente indossato la maglia bianconera, è notoriamente attendibile.
Si conosce invece la fonte delle informazioni di Vladimiro Caminiti, che mentre prepara il libro “Juventus 70”, ha la possibilità di intervistare il pioniere bianconero Giuseppe “Bino” Hess poco prima della sua morte, avvenuta nel 1967. Sentiamo cosa ricorda, del nostro centravanti, quel “lungagnone rancoroso” dell’Avvocato Hess (il virgolettato è di Caminiti). «
... Luigi Forlano, il centravanti, un macigno, giocava con la lingua e con i muscoli, quando era in vena lui si vinceva sempre, quando non era in vena dipendeva dal fatto che non aveva potuto dormire. Il fratello non ammetteva di dovergli dare anche i soldi per il football, e il sabato sera non gli apriva la porta di casa. Luigi dormiva sulle scale, prendeva l’umidità della notte, ci toccava andare all’alba a massaggiarlo per ore finché era ben sveglio. Ce ne accorgevamo quando apriva gli occhi e si strizzava i baffetti. Dovevamo massaggiarlo per bene, quel furbone. Poi gli davamo da mangiare e finalmente era pronto per partire con noi». Poi, ancora: «
Simpatico al pubblico, l’uomo più lunatico del mondo, che ora fa mirabilie, ora si accontenta di lavorare con la lingua, lanciando rimproveri ai compagni, al tempo, a se stesso. Fortunatamente il pubblico non riesce a sentire il rosario, e si accontenta di ammirare in lui lo slancio, l’abilità che lo rendono scocciante alla difesa avversaria. Simpatico perché non tralascia di lanciare il suo motto arguto, fidente, sul campo, della vittoria».
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