Questo articolo è di
S. Bianchi e non come erroneamente indicato di M. Zampini. Chiediamo scusa a entrambi.
Come c’è rimasto male, Di Livio, quando la Juventus lo scaricò alla Fiorentina! A quei tempi, con la Triade obbligata all’autosufficienza economica per problemi in Fiat, non fu il solo a rimanerci male: immaginatevi l’Avvocato, che ieri afferma l’incedibilità di Christian Vieri e stamattina legge che Bobo è un giocatore dell’Atletico Madrid. L’avvocato non si vendicò, ma Di Livio sì. E poiché la vendetta è un piatto che va servito freddo, aspetta due anni. E’ il 6 gennaio 2001, siamo al “Delle Alpi” e si sta vincendo tre a due. Al 63°, punizione dal limite per i viola: Chiesa si aggiusta la palla con cura, mentre Di Livio gli sussurra di tirargli addosso per poi andarsi ad aggiungere in barriera a fianco dei bianconeri. La barriera, tra bianconeri e viola è particolarmente nutrita e certamente Van der Sar non vede partire il pallone. Fischio di Cesari, botta di Chiesa e … il pallone gonfia la rete passando nella voragine creata da Di Livio con uno spintone agli ex compagni in barriera: il tre a tre non cambierà più. Perché vi parlo di Angelo Di Livio? Semplice, il 26 luglio compie gli anni e non è un compleanno qualunque, è un compleanno pesante: il cinquantesimo.
Centrocampista centrale ma anche esterno d’attacco, correva come un matto, sempre utilmente, per tutti i novanta minuti, ligio alle consegne, pronto ad avanzare per proporre cross sempre interessanti, ma anche a tornare indietro a chiudere con sagacia tattica, rispondendo sempre alle attese del Mister. E’ dalle sue caratteristiche di gioco e disponibilità che deriva il suo soprannome “Soldatino”; non si sa perché, ma all’appellativo era sempre associato il cognome: “Soldatino-Di-Livio”, tutto attaccato.
Dalle giovanili della Roma dove inizia, passa alla Reggiana, alla Nocerina, poi va al Perugia insieme a Ravanelli, infine al Padova, insieme a Del Piero: era quasi destino che venisse in bianconero. Lo vuole Trapattoni e la Juve lo paga quattro miliardi, ma è dall’anno seguente che diviene uno dei titolari inamovibili della Grande Juve di Marcello Lippi. Sì, Grande Juve, vincente in Italia, in Europa e nel Mondo: tre Scudetti, una Coppa Italia, due Supercoppe di Lega, una Champions League, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa Europea, cui Angelo contribuisce con 269 presenze (compreso l’anno con Trapattoni), 6 reti (e un’espulsione).
Quella Juventus è una macchina perfetta, una corazzata che fa del 4-3-3 ultraoffensivo di Lippi un’arma letale per vincere sul campo e approfittare della modifica regolamentare, che da quell’anno assegna tre punti per la vittoria in campionato. Di Livio entra a pieno titolo nella storia bianconera del primo “Ciclo Lippiano” della Juventus, che resterà tra i migliori nella storia del calcio, sia per i risultati a livello nazionale che internazionale. Se in Italia lascia poco agli altri, in Europa, la Juve stabilisce il record di cinquantaquattro gare consecutive in coppa nelle fasi a eliminazione diretta, dal 13 settembre 1994 al 21 aprile 1999, se consideriamo anche la Coppa Uefa 1995; volendo considerare la sola Champions League, la Juventus ha il record di quarantatré gare consecutive dal 13 settembre 1995 al 21 aprile 1999, con tre finali consecutive. C’è riscontro anche a livello statistico: l’IFFHS mette la Juve al primo posto nel ranking mondiale per Club nel 1996 e Marcello Lippi in quello del 1996 e nel 1998.
Lo zio che mi ha contagiato con questo incurabile virus bianconero, grande intenditore di calcio, mi raccontava sempre che la prima Juventus di Lippi era bella e spietata come quella del 1949/50, quella di Boniperti, Hansen e Praest, e come quella del 1957/58, quella di Boniperti, Charles e Sivori. Mi fido: VHS e CD non possono sostituire la visione unitaria di un periodo. I nomi dei ragazzi di Lippi sono più brillanti, ancor lucidi per il poco tempo che ancora non ha ossidato i ricordi, ma certo è che anche quella formazione bianconera che vince lo scudetto dopo una carestia di nove anni, non è niente male: Peruzzi; Ferrara, Carrera, Kohler, Torricelli; Paulo Sousa, Di Livio, Conte; Vialli, Del Piero (R. Baggio), Ravanelli. In essa trovano posto via via Deschamps, Montero, Pessotto, Jugovic, Zidane, Boksic, Vieri e Davids. Immaginatevi come si deve essere sentito il Soldatino, che nonostante i nuovi arrivi continuava a conservare i propri spazi, e nel frattempo si era convertito anima e corpo alla causa bianconera, quando scoprì che sarebbe stato “tagliato”. Noi sappiamo che gli uomini passano ma che la Juve resta, però, visto dalla sua parte, qualche sassolino nella scarpa gli deve essere entrato. Mi dicono, infatti, quelli più talebani di me (ce ne sono?) che dopo il bianconero, ha avuto qualche parola “contro”, ma credo che ciò possa rientrare nel ventaglio delle possibili reazioni dell’innamorato tradito.
Io amo comunque ricordare quell’atleta mai domo, sempre di corsa, che chiudeva dietro e ripartiva per proporre traversoni in area, sempre tesi, sempre ben diretti, di solito fuori dalla portata del portiere avversario. Per fargli gli auguri, con tutto il bene che gli voglio per quello che ha fatto per la mia Juve, ho trovato la scusa per scrivere di un periodo bianconero che gli appartiene. Un ciclo bianconero che la stampa, sempre prodiga dell’aggettivo “grande” per un’Inter o un Sassuolo, a quella Juventus per me stellare non ha mai associato quel bell’aggettivo. Ma questi sono altri discorsi. Restano i cinquant’anni di Soldatino-Di-Livio, sì, sempre tutto attaccato: tanti auguri, Angelo.
La nostra pagina facebook
Il nostro profilo Twitter
Commenta con noi sul nostro forum!