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Eventi di S. BIANCHI del 10/08/2016 10:00:01
Tardelli, tra Inter e Juventus

 

Oggi volevo parlarvi di “Tutto o niente”, la biografia di Marco Tardelli, un libro che sembra qualcosa di più della solita biografia del calciatore, visto che, oltre alla storia e agli aneddoti, c’è anche qualcosa della persona e di parecchie delle “bischerate” che ha combinato: il termine posso usarlo per il dialetto e il luogo d’origine che abbiamo in comune. L’Uomo dell’Urlo, il Coyote che non dormiva mai prima delle partite importanti è raccontato da una giornalista particolare, sua figlia Sara.

Sara scrive e Sara è l’inizio. Sara che quando è nata, babbo non c’era, era in trasferta con la Juve. Da subito è chiaro un concetto fondamentale, quello che non si può entrare in conflitto col grande amore di Tardelli, col calcio bisogna scendere a patti.

Dopo questo flash, si riparte dalla vita semplice di Marco alla periferia di Pisa, compresa l’abominevole affermazione di pagina 27, terzo capoverso: “Da piccolo, tifavo per l’Inter del Presidente Moratti…”, gli inizi nelle squadrette di quartiere, gli osservatori delle grandi squadre che lo scartano per la sua gracilità: poi le giovanili del Pisa, grazie a un piccolo ricatto, e il Pisa “scuce” 70.000 lire, il prezzo minimo per un giovane calciatore. Arriva poi il primo contratto col Pisa, non senza attriti, poi va al Como in Serie B: stenta un po’ finché Pippo Marchioro non lo schiera a centrocampo, e quel ragazzotto che aveva iniziato a mettere su chili nei punti giusti, inizia a divenire il Tardelli che passerà alla storia del calcio. Ecco il miliardo tondo con cui Boniperti lo soffia a Fraizzoli, con incorporato cazziatone ricevuto per l’abbigliamento al momento della presentazione in sede. Subito, l’illuminazione che “… l’incertezza di Fraizzoli era stata la mia fortuna. Perché la Juventus era una Società diversa dalle altre … organizzata come una catena di montaggio … tutti dovevano attenersi a regole precise e tutti … contribuivano a costruire una macchina da guerra fatta per vincere. Ero salito sul trampolino più alto del calcio italiano …”.

Poi l’ambientazione, il soprannome “Schizzo” ricevuto da Spinosi, le cene da Mauro, l’arrivo del Trap e il primo rinnovo contrattuale, “da suddito”, con Boniperti. Gli scherzi, i difettucci dei colleghi (che Pablito Rossi sia tirchio, lo dicono in tanti, deve essere proprio vero!), le grandi vittorie, la grande delusione di Atene (con un paio di dritte per l’esegesi della sconfitta), il Mundial di Spagna, l’Urlo, per me più bello di quello di Munch, ancora Juve fino all’addio, nel peggiore dei modi, dopo Bruxelles.

Voleva cambiare aria? Servito! All’Inter, Castagner non controlla i calciatori, non cerca di far gruppo, ci sono i giocatori divisi in clan, nessuno si occupa dell’inserimento dei nuovi arrivati, c’è scarsa organizzazione e zero mentalità di squadra. Per soprammercato, il presidente Pellegrini è digiuno di calcio, Mario Corso cerca in tutti i modi di fare le scarpe a Castagner ed ecco che rapidamente arriva un addio senza trofei. Un anno quasi sabbatico al san gallo, poi le scarpe al chiodo e l’immediata panchina azzurra dell’’Under 16 e dell’Under 18, e quella dell’Under 21, secondo di Maldini. Sempre secondo di Cesarone, alla Nazionale maggiore, poi finalmente una panchina vincente da titolare, con l’Under 21 che conquista l’Europeo del 2000.

Ma Tardelli è uno cui piace sbagliare e risbagliare: torna all’Inter di Moratti come allenatore, in una squadra da cui Lippi s’era appena allontanato, dicendo “Se fossi il presidente, licenzierei l’allenatore e appenderei i giocatori al muro, dopo averli presi a calci nel sedere” . Finisce male, è chiaro. Poi è l’Irlanda, secondo di Trapattoni, con ottimi risultati, fino al furto della qualificazione ai Mondiali per “quel” fallo di Mano di Henry che Blatter risarcì con cinque milioni di euro, unendo schifo a schifo.

Vi ho parlato di un libro che racconta la vita di un uomo che ha amato il suo lavoro e le sue donne, ha vinto, ha perso, ha gioito e ha sofferto, ma comunque ha vissuto. Il gossip contenuto in un libro così, è nobilitato dagli aspetti di sincerità che Marco non ha potuto celare a una giornalista che lo conosce così bene, visto che ne è figlia. Chissà se Marco ricorda ancora i ragazzini con cui ha giocato a pallone qualche volta, la porta costituita dal cancello della vecchia Stazione Merci di Pisa, spaventando ogni tanto quella ragazzina con gli occhi e i capelli chiari che passava coi libri per andare a studiare, tirandole il pallone da lontano, naturalmente senza mai colpirla. Uno di quei preadolescenti ero io, quella ragazzina che passava coi libri, (non da) oggi è mia moglie.

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