Tribunale di Napoli - Udienza del 4 dicembre 2009.
Casoria: «allora chi dobbiamo sentire, Coppola, Bocchini o Marocchi?» Capuano:«Allora facciamo venire… Coppola va!» Eh, sentiamo.
Rosario Coppola, ex arbitro di serie C e assistente per sei anni in serie A e B, le sue ultime tre stagioni hanno coinciso «con le prime tre del duo Bergamo e Pairetto».
Capuano: «Lei ha smesso di essere assistente per?» Coppola: «Per limiti di età», ultima stagione 2001/02. Capuano: «Il suo designatore, in qualità di assistente, chi era?» Coppola: «Non c’era una figura ben stabilita. Nell’ultimo anno la figura di designatore era rappresentata da Gennaro Mazzei, che però tutti sapevano essere una specie di prestanome in sostanza, una figura abbastanza modesta. Non aveva dei compiti veri e propri, svolgeva un lavoro più che altro di avvicinamento con noi, era un x assistente che aveva terminato un anno prima. Era uno di noi, aveva un rapporto più confidenziale con noi del gruppo. Però le designazioni vere e proprie le facevano loro due. I designatori Bergamo e Pairetto gestivano anche il gruppo degli assistenti». Capuano: «E che criterio utilizzavano Bergamo e Pairetto nella designazione?» Coppola: «In sostanza, io di mia iniziativa mi sono messo in contatto con i carabinieri di Roma perché avevo sentito l’appello del giudice Borrelli che aveva difficoltà a scoprire, ad entrare nel gruppo, nella mentalità degli arbitri. Poiché avevo terminato da poco, e in qualche modo dalla mia piccola e modesta posizione potevo dare uno spaccato di quest’ambiente, di come funzionava la gestione del gruppo…» Capuano: «Ce lo spieghi». Sì, per favore lo spieghi. Coppola: «…in sostanza, arbitrariamente…, il confine sulla discrezionalità delle designazioni, che ci deve essere e l’arbitrarietà di certi comportamenti, è un confine molto labile. Emh… è un discorso u attimino difficile». Capuano: «E ce lo rappresenti. Era meritocratico innanzitutto?». Coppola: «Doveva essere meritocratico…, però in sostanza si era innescato un sistema dal quale loro stessi erano rimasti fagocitati. In sostanza non riuscivano a venirne fuori. Era tutto un accaparrarsi da parte nostra… Cerco di essere il più sintetico possibile, ma è una cosa che naturalmente è andata e si è ingigantita nel tempo. Raccomandazioni, segnalazioni, che venivano dall’esterno del settore del calcio, potevano essere anche di questori, so di storie di preti…, di altre cose del genere. Raccomandazioni esterne, e naturalmente raccomandazioni del calcio, del settore…, segnalazioni da parte di società. Lo spasmo di tutti quanti noi, in sostanza, era poi quello di farsi raccomandare da qualche dirigente di squadra». Capuano: «Sì, ma per ottenere cosa?» Coppola: «Per ottenere visbilità. Per ottenere la possibilità la possibilità di fare un certo tipo di partite, di essere in un certo giro, di non essere un numero. Chiaramente tutte le società chiedevano piaceri, in modo palese, in modo evidente. Certamente sulla bilancia c’erano delle società che avevano un peso maggiore. C’erano anche società di serie B, che non contavano nulla, però avevano lo stesso credito. Il punto d’incontro di tutto queste segnalazioni, che dovevavo poi essere messe in atto con dei comportamenti, erano i due designatori, che erano quelli accusavano le proteste e le richieste e le tramutavano nel pratico, accontentando queste società, mandandomi l’arbitro “X”, il guardalinee “Y”. Questo è quello che si è poi saputo nel tempo. Sono rimasti fagocitati perché? Perché dal primo piacere siamo passati al secondo, poi al terzo… la cosa si è ingigantita a tal punto che non potemmo più uscirne fuori. Per cui era tutto un andazzo di piaceri, raccomandazioni e messa in atto di comportamenti che eticamente non erano poi condivisibili». Capuano: «Sì questo in generale. Adesso andiamo a vedere nello specifico». Coppola: «Io ho portato come esempio una mia esperienza personale che era anche oggettivamente riscontrabile. Non so se se ne è già parlato: il terzo tempo. Per noi arbitri “terzo tempo” significava stesura del referto, che andava ad incidere su squalifiche, su multe e quant’altro. Avevamo delle pressioni. A me personalmente è capitato di avere delle pressioni una volta che mi è stato detto che ci è stato il reclamo della società per quanto era stato riportato sul referto. Sono stato avvisato da uno dei designatori… Capuano: «Da quale designatore?» Coppola: «Gennaro Mazzei. Però, e ci metto la mano sul fuoco, non era una sua iniziativa personale, proprio per la figura relativamente modesta non avrebbe mai preso un’iniziativa del genere. Qualcuno gli aveva detto di chiamarmi. I dice: “guarda da qui a mezz’ora un’ora, ti chiameranno da Milano (dove c’è la commissione giudicatrice di appello), ti chiederanno se effettivamente quanto riportato sul rapporto risponde a verità oppure hai da aggiungere correzione”, dice: “mi raccomando, questo giocatore ha preso due giornate di squalifica (posso raccontare la partita, posso raccontare tutto…), di conseguenza cerca un attimino di fargli ridurre…”» Il bramoso Capuano: «Che partita era?» Coppola: «Era Inter-Venezia. C’era stata una violenza consumata, un cazzotto, da parte di Cordoba…» Il pronto Prioreschi: «Con chi giocava?» Contemporaneamente la Casoria: «Di che squadra?» Coppola: «Giocatore dell’Inter». Eh!? Coppola: «…(violenza - ndr) che già di per sé gli dava una giornata di squalifica, poiché l’azione era dall’altra parte del campo, c’era l’aggravante di un’altra giornata di squalifica, per cui questo giocatore ne avrebbe avute due. Ebbi questa sollecitazione di intervenire, affinché dicessi che non era un cazzotto, ma “si stava svincolando, stava cercando di allentare la presa di Bettarini”. Fatto sta che effettivamente, dopo una mezz’oretta fui chiamato da Milano. Registrarono, c’è la registrazione della telefonata perché funziona in questo modo, e mi fecero questa richiesta e dice: “ma sa, la società (Internazionale FC- ndr) dice che c’è stato uno strattonamento, non c’è stata vera e propria violenza…”. Io da arbitro riconfermai tutto. Avevo visto tutto per bene. Ecco, da quel momento io non ho fatto più la serie A». Chi lo avrà mai fatto punire? Ah, Moggi, Moggi…! Capuano: «Senta…» Coppola: «Questo per farle capire il meccanismo che esisteva all’interno del nostro gruppo…» Capuano: «Va bene…» Ma Coppola, nonostante l’intercalare del pm, continua: «Tutti i messaggi: “O ti comporti bene oppure in qualche modo ti uniformi alle nostre direttive, oppure in qualche modo esci fuori dal giro”. Sono uno dei pochi che probabilmente è venuto a parlare, anche perché io ho lasciato il settore arbitrale, ho dato le dimissioni l’anno dopo. Proprio a dimostrazione del fatto che ora sono un uomo libero tra virgolette. Posso parlare, non ho più la minaccia di ritorsioni». Capuano il fuggitivo: «Tornando alle designazioni, volevo che mi venisse chiarito se era abitudine abbinare voi assistenti sempre con un determinato arbitro e quindi creare sempre determinate terne?» Coppola: «Molto spesso sì. Nonostante non fossero obbligatorie le terne fisse, molto spesso si creavano dei gruppi fissi. Da un lato, devo dire, che era anche giusto che l’internazionale fosse affiancato da assistenti internazionali». Per affiatare la terna. «Allo stesso tempo c’era una ripetitività di certi assistenti sempre con le stesse società, di arbitri sempre con le stesse società. Ora c’è da dire che il famoso sorteggio aveva delle griglie, quindi inevitabilmente un certo gruppo di arbitri veniva indirizzato verso quel tipo di partite e di squadre. Magari era anche ricorrente, un calcolo matematico…». Capuano per sollecitare il teste, riporta le dichiarazioni rese il 20 maggio 2006 ai carabinieri: «Lei riferisce: “l’arbitro De Santis, un arbitro in grado di potersi scegliere gli assistenti di gradimento. Tra questi ricordo che il suo amico Ceniccola veniva scelto proprio in relazione a tale vicinanza”. Quindi lei allude al fatto che spesso arbitrassero assieme Ceniccola e De Santis». Coppola: «No, no. Estrapolata così sembra una cosa particolare…». Anche i loro testi li “sgamanao”. Capuano: «Volevo che mi chiarisse…» Coppola: «La ringrazio di avermi fatto questa domanda…» Noi lo ringraziamo per le risposte che riesce ad ottenere. Coppola: «Specifico meglio di cosa si tratta. Tornando al discorso delle raccomandazioni, si cercava anche tramite anche segretarie e segretari della federazione, di poter uscire con più frequenza. Questi colleghi erano avvantaggiati anche perché frequentavano anche fisicamente, penso, gli uffici della federazione. Tramite i segretari riuscivano a farsi mettere spesso in partite particolari. Gli assistenti erano designati, mentre gli arbitri erano sorteggiati. Era facile, anche per motivi geografici abbinare due assistenti di Roma con un arbitro di Roma e così via. Non è che ci fosse… Per mia conoscenza non è che ci fosse un rapporto particolare. Era soltanto la fortuna magari di stare in certe località dove c’era un arbitro di spicco e di conseguenza venivano utilizzati dei colleghi della zona, che poi erano fortunati, erano trainati in qualche modo nella carriera». Captano: «Lei conosce il dirigente del Milan Meani?». Coppola: «L’ho conosciuto. Siamo di due generazioni differenti, ma lui è stato arbitro. Tutti gli assistenti che spesso si rivolgevano a lui per essere segnalati, era uno dei tanti che poteva essere il depositario di richieste particolari, erano soprattutto assistenti più giovani di me che avevano arbitrato nell’interregionale con lui, avevano fatto raduni insieme, si erano conosciuti bene, c’era una confidenza un po’ maggiore. Io l’ho conosciuto nel tempo andando a Milano». Capuano: «Quindi loro per essere designati al Milan avvicinavano Meani?» Coppola: «Si avvicinavano a Meani per esempio». Prioreschi: «Se ci fa qualche esempio…». Avvocato, lei è in fuorigioco, non è ancora il suo turno. Casoria: «Glielo chiede dopo…» Prioreschi: «era per non perdere tempo». Casoria: «Tanto pare che oggi…» Captano: «Presidente per ora non ho altre…». Domande? Coppola: «Meani era avvicinabile soprattutto da noi assistenti. Gli arbitri magari facevano parte di un altro giro, avendo bisogno di segnalazioni da parte di dirigenti di società. Il ruolo dell’assistente è relativo poi in una partita (beh, mica tanto! ndr). Meani si illudeva di essere…». Capuano: «Ci vuole dire chi erano questi assistenti?». Ma come, non aveva esaurito le domande? Coppola: «Un po’ tutti. Quelli soprattutto che avevano arbitrato con lui». Capuano: «Deve essere più specifico». Coppola: «Basterebbe prendere i giornali e vedere con che frequenza Pincopallino ha fatto che so, cinquanta volte il Milan e magari un altro lo ha fatto una sola volta». Capuanao procede a contestazione: «”Il gruppo di assistenti vicini al Meani erano: Contini, Copelli, Stagnoli, Saglietti, Calcagno. Uno degli assistenti sicuramente graditi al Milan e quindi al Meani era Puglisi”. Lei la ricorda questa dichiarazione?» Coppola: «Sì, sì, è vero, è vero. Puglisi non nascondeva di essere tifoso del Milan. Un caso raro e unico, perché chi ce l’ha se lo tiene. Invece lui non nascondeva il fatto di avere piacere ad andare a fare il Milan». Capuano: «Va bene presidente, io non ho altre domande».
Casoria: «Controesame delle parti civili?»
Prende la parola l’avvocato Vigoriti dell’Avvocatura di Stato per i ministeri costituiti: «A proposito di quell’episodio in cui sono state fatte pressioni su di le per cambiare la sua versione di quel fatto. Lei ha detto che è stato chiamato telefonicamente da Milano, non ricordo se ha detto da chi». Coppola: «Gennaro Mazzei, che era il nostro referente, faceva parte della Commissione». Vigoriti: «Come mai di questo episodio non troviamo menzione nelle dichiarazioni che lei ha reso a suo tempo al pubblico ministero?» Coppola: «Ringrazio anche lei per questa domanda. Quando su mia richiesta incontrai i carabinieri, questo episodio andava a toccare una società come l’Inter, che… Non lo so, trovai da parte dei carabinieri, in modo sbrigativo, ma assolutamente come dire…? L’argomento non gli interessava» (!!!) Vigoriti: «Non interessava a chi, ai carabinieri?» Coppola: «Ai carabinieri. Mi fu detto: “A noi non risulta che l’Inter facesse pressioni. Non abbiamo registrazioni…”». Vigoriti: «Chi lo ha detto questo, i carabinieri?» Coppola: «Il capo…, non ricordo il nome». Vigoriti: «A prescindere dal nome» Coppola: «Sì, sì i carabinieri. Quindi non trova addirittura menzione nel rapporto». Vigoriti: «Mi faccia capire, lei aveva intenzione di riferirlo e le è stato impedito?» Coppola: «E’ stata la prima cosa che ho riferito. Dopodiché la discussione è slittata su altre cose». Vigoriti: «E’ slittata?» Coppola: «E’ slittata su altre domande, cioè: “lei conosce questo…?”, “è possibile che gli assistenti…?”». Casoria: «Vabbè avvocato, però ha chiarito che i carabinieri gli hanno detto, “siccome non risulta dalle intercettazioni…”». Coppola: «”Non è un argomento di discussione perché non ci interessa”». Trofino: «Non riguardava la Juventus…». Vigoiti: «Sì, però presidente, se non interessava allora, non dovrebbe interessare neanche adesso». Prioreschi: «Che vogliamo fare, le risposte che non piacciono le vogliamo cancellare?» Casoria: «Che vogliamo mettere il bavaglio al teste? Il pubblico ministero gli ha fatto la domanda e lui ha risposto». Vigoriti: «Pare che non fosse interessante nel corso delle indagini preliminari a giudizio della polizia giudiziaria. È questa la mia perplessità. I carabinieri non lo hanno voluto sentire, adesso viceversa è interessante». E anche una delle parti civili bacchetta l’accusa… Casoria: «Coppola, lei conferma che lei ha detto di Inter-Venezia e che le hanno risposto “questo non ci risulta dalle intercettazioni”?» Coppola: «E’ il motivo per il quale sono andato! Io sono andato lì come arbitro, a me non interessava una società o l’altra (a qualcuno invece sì a quanto pare! ndr). Sono andato a portare la mia piccola esperienza, che riguardava una società che del resto sembra non c’entrasse nulla (sembra…). Mi è stato detto: “Non ci interessa che parli di questo, se vogliamo parliamo di queste altre società”. Questo mi è stato detto, per cui sono stato tarpato subito sull’argomento». Casoria: «Abbiamo chiarito il punto». Vigoriti: «Molto chiaro». Coppola: «Nella stessa partita per esempio, nell’intervallo io ho avuto la visita del presidente Facchetti, negli spogliatoi. Cosa che…, si parla di altre persone… è abbastanza chiaro il discorso». Vigoriti: «Lei ha avuto modo di parlare con qualcuno di questo episodio?» Coppola: «No, no. Ho lasciato la tessera un anno dopo, ho tagliato i ponti con tutti»
Avvcato Catalanotti per il Brescia Calcio: «Il teste ricorda chi era presente all’esame, un ufficiale un sottufficiale e il nome in particolare?». Coppola: «No, erano dei nomi di copertura. Lo so per certo perché si presentarono con un nome, però poi quando firmai il verbale vidi che c’erano dei nomi diversi. Più di questo non so» Catalanotti: «Lei rilesse il verbale prima di sottoscriverlo?» Coppola: «Sì, certo». Catalanotti: «E non fece osservare agli ufficiali di polizia giudiziaria che la circostanza relativa all’Inter non era stata verbalizzata? Non chiese il perché di questa omissione?» Coppola: «E’ vero, ci ho pensato dopo. Ma dal momento che non interessava l’argomento, non ebbi motivo per sottolineare la cosa. Dopo un’ora e mezza…». Qui c’è un piccolo battibecco tra il legale del Brescia e Prioreschi, che a fronte della copiosa premessa chiede di sapere quale sia la domanda in itinere. Catalanotti: «All’obiezione, “ma noi dell’Inter non vogliamo sapere nulla”, lei non ha replicato dicendo: “ma io sono qui per parlare delle cose che non andavano nel calcio, delle malefatte! Non solo della Juventus”. Scusi eh!» Prioreschi fa quello che dovrebbe fare una latro suo collega in aula: «Ma la Juventus chi l’ha nominata?! Ma che c’entra la Juventus?!!» Catalanotti: «Vorrei sentire la risposta». Prioreschi: «Presidente gli mette in bocca la Juventus!» Catalantti: «Una squadra qualsiasi coinvolta nel processo! È chiara la domanda, no?» Perché non poteva essere il Brescia calcio a capo del sistema? Così tanto per fare un esempio qualsiasi, si intende. Casoria: «Lei perché non ha insistito a dire “qua deve mettere l’Inter”?» Coppola: «Presidente, noi stiamo facendo dei nomi di società. Io non ero andato lì per accusare l’Inter. Ero andato lì per accusare il sistema creato dai designatori al riguardo. Cioè: o facevi quello che ti dicevano loro, oppure eri tagliato fuori. Ho portato il mio esempio personale, sfortuna ha voluto che riguardasse l’Inter». Casoria: «Quindi lei non aveva esempi riguardanti altre società, o li ha portati?» Coppola: «L’esempio palese è quello che le ho detto. La cosa riguardava l’Inter! Poteva riguardare il Venezia, la Juve o chicchessia». Per il teste era dunque indifferente la squadra coinvolta. Lo stesso ricorda che a suo parere, documentandosi sui giornali, alle stesse pressioni sono stati sottoposti anche altri suoi colleghi. Catalanotti: «Nessun’altra domanda».
Per le difese interviene l’avvocato Prioreschi:
«Solo per avere conferma. Risulta dal suo verbale che lei è stato sentito dal maggiore dei carabinieri Attilio Auricchio e dal maresciallo capo Di Laroni Michele. Si ricorda che erano due le persone che l’hanno sentita?» Coppola: «Forse erano tre, però due hanno assistettero… sì, l’altro era fuori. Però i nomi no…» Prioreschi: «Se risultano al verbale, voglio dire. Grazie»
Non ci sono altre domande, il Presidente: «Il teste può andare, arrivederci».
Arrivederci caro, e grazie per la testimonianza. |