Molti ricordano Romeo Benetti come un picchiatore, altri, come me, lo ricordano come un centrocampista tecnicamente ruvido e spietato nel contrasto, che col passare degli anni si è affinato, trasformandosi dal medianaccio che era agli inizi, a quel gran centrocampista che è divenuto in età matura. Certo, anche in questa fase della sua carriera non evitava i contrasti, e il tackle era uno dei suoi punti forti: se potevano, gli avversari gli giravano alla larga. Minaccioso anche al solo guardarlo in viso, con quella faccia avrebbe potuto interpretare la parte del cattivo, negli spaghetti-western tanto di moda in Italia tra gli anni sessanta e settanta. Il suo hobby, però, smentisce i detrattori: allevava canarini. La Juventus lo preleva dal Palermo per la stagione 68/69, ma dopo un anno, trentatré presenze e cinque reti, passa alla Samp nell’ambito dell’operazione di mercato che porta Morini e Bob Vieri a Torino. Una stagione con i blucerchiati, poi il passaggio al Milan, dove gioca per sei anni, vince due Coppe Italia, la Coppa delle Coppe ed esordisce in Nazionale. E’ durante la militanza rossonera che “conquista” l’etichetta di killer, per un incidente di gioco col bolognese Liguori, in seguito costretto al ritiro dall’attività agonistica.
Considerato dai suoi dirigenti a fine carriera, nella stagione 1976/77 passa alla Juve, fortemente voluto da Boniperti e Trapattoni, che, delusi dal fiacco finale della stagione precedente, vogliono rivitalizzare la squadra. Tutt’altro che finito, appena arrivato a Torino, conquista due scudetti consecutivi (il primo è quello terminato cinquantuno a cinquanta sul Toro), la Coppa Italia del 1978/79 e soprattutto la Coppa UEFA, anche questa al primo anno in bianconero, storica per due motivi: è il primo vero trofeo internazionale della Juventus ed è conquistato con una squadra di soli italiani. Dopo altre tre stagioni in bianconero, con ulteriori centoventisei presenze e diciotto reti, si trasferisce a Roma, sponda giallorossa.
Il Milan, dopo svendite di “pantaloni doppi” (Salvadore) e prima del vizietto di rifilarci “mele marce” (Davids), con Benetti pensava di averci scaricato un giocatore sul viale del tramonto. Il nostro amico dai folti baffi, però, era un tipo abbastanza permaloso. Sentite come si prese la sua bella rivincita personale.
In un pomeriggio di tregenda, i rossoneri di Marchioro, forti del sostegno del proprio pubblico, al diciassettesimo del primo tempo sono già in vantaggio due a zero sulla Juve per il gol di Calloni (roba da non credere!) e l’autorete di Tardelli. Sotto un vero diluvio, Bettega accorcia le distanze al ventunesimo e il due a uno è il risultato a metà gara. Nel secondo tempo, causa la pioggia insistente, sono accesi i riflettori: brutto tempo, brutto campo, brutta situazione. Ma c’è un duo di satanassi in maglia bianconera che non ci stanno a perdere e si carica la squadra sulle spalle. Sono, manco a dirlo, Furino e Benetti, alla sua prima volta da ex e col dente avvelenato. E’ proprio questa coppia d’irriducibili a servire il pareggio: al cinquantaquattresimo appoggio di Furino a Benetti al limite dell’’area, controllo di Romeo che, prima dell’intervento alla disperata di Anguilletti, scarica una cannonata che s’insacca nel sette alla sinistra di Albertosi. Se qualcuno ci stava già pensando, in quel momento si convince che la cessione di Benetti è stata una vera fesseria. Ma si sa, era un periodo che al Milan cambiavano presidente tutti gli anni, chiara causa di una programmazione inesistente.
La riscossa guidata dai due guerrieri del centrocampo, dagli indomiti Benetti e Furino ha la sua ciliegina all’ottantesimo, con la seconda rete di Bettega che sancisce il finale di due a tre. La vendetta di Romeo Benetti si è consumata il 7 novembre 1976.
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