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Sabato 23.11.2024 ore 18,00
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Eventi di N. REDAZIONE del 10/12/2016 07:58:32
IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI

 

Intervista a Beppe Franzo, Presidente dell’Associazione “Quelli di…via Filadelfia” , sul viaggio compiuto da una sua delegazione in Russia al fine di onorare l’anniversario del tragico evento avvenuto all’interno dello Stadio Centrale “Lenin” di Mosca durante una partita di Coppa UEFA del 1982. Un numero altissimo e mai precisato di spettatori perì tragicamente nei sottopassaggi delle tribune a causa della calca improvvisa in seguito ad un goal della squadra di casa. La tragedia fu nascosta e successivamente minimizzata dal regime sovietico.

Ciao Beppe, è davvero un piacere ritrovarti dopo qualche tempo ancora per un’intervista ispirata da una memoria condivisa. Questa volta però, nello specifico, raddoppiamo: non soltanto l’Heysel, ma anche la sanguinosa tragedia causata il 20.10.1982 dalla calca del pubblico ammassato nei cunicoli dello stadio centrale “Lenin” di Mosca (oggi ristrutturato e rinominato “Lužniki”) che fu occultata dal regime comunista sovietico per più lustri con il tacito assenso della Uefa. Vuoi gentilmente raccontarci la genesi di questo pregevole gemellaggio italo-russo nel nome di due grandi e assurde stragi del calcio europeo del secolo scorso e in particolare approfondire le tappe di questo viaggio nella capitale moscovita assieme alla delegazione da te presieduta?
«Ciao Domenico, alcuni anni fa ebbi modo di poter apprendere della tragedia del Luzhniki attraverso la lettura di articoli trovati sul web. Avrei voluto saperne di più, ma l’occultamento della vicenda, come hai detto giustamente, non ha dato adito a molti scritti o informazioni sull’argomento. Poi avvenne uno di quegli incontri che meno ti aspetteresti: in occasione della "Giornata della Memoria delle Vittime dell’Heysel e di ogni manifestazione sportiva" di due anni fa presso il Comune di Torino, a margine della serata, mi avvicinò un ragazzo che si presentò come inviato italiano di ‘Sputnik Italia’, l’Agenzia di Informazione Internazionale russa in lingua italiana. Mi chiese un’intervista e nel corso della stessa dissi che intravvedevo una certa famigliarità tra la tragedia dello Stadio Heysel e quella del Luzhniki e mi sarebbe piaciuto un giorno poter andare a Mosca a rendere omaggio a quelle vittime innocenti. Ritornato nella capitale russa, Riccardo (il nome del giornalista con cui divenni da allora amico) ne parlò con i tifosi dello Spartak, in particolare con alcuni sopravvissuti a quell’evento e, nel giro di alcuni mesi, ricevemmo come Associazione ‘Quelli di … Via Filadelfia’, un invito in occasione dell’anniversario della tragedia, a Ottobre 2015. Nonostante avessimo pianificato il viaggio, purtroppo la sera antecedente la partenza io ebbi un grave incidente stradale e i miei amici rinunciarono al volo, dimostrando un grande senso di amicizia e fratellanza. Per contraccambiare il gesto degli amici russi, li invitammo a Torino nel Maggio 2016, dove parteciparono in Comune alla serata prevista per l’anniversario dell’Heysel. Lev, uno dei sopravvissuti di allora, ebbe modo di spiegare il contesto di quella tragica serata del 21 ottobre 1982, confutando i dati ‘ufficiali’ con quelli ‘ufficiosi’, decisamente più drammatici di quelli fino a oggi diffusi. A ottobre scorso, una nostra delegazione si è finalmente recata in Russia al Monumento presso lo Stadio Luzhniki».

Secondo il tuo pensiero quali sono effettivamente le analogie fra le due tragedie?
«Se penso che la morte avvenne in entrambe i luoghi principalmente per asfissia, mi si raggela il sangue. Tragedie del calcio che hanno voluto essere dimenticate: perché sconvenienti, in contrasto con un potere che vendeva agli occhi di tutti, sebbene attraverso due forme di governo antitetiche (democrazia e totalitarismo), l’idea di una Società e di uno Stato sicuri. Non si può, per entrambe, fare a meno di evidenziare la corresponsabilità dell’UEFA, in quanto si trattava di due partite internazionali. Analogie, purtroppo, che hanno generato morte, attraverso il silenzio compiacente e opportunista dei molti, troppi, ‘addetti ai lavori’».

Hai scritto che si è praticamente istituzionalizzato un gemellaggio fra le stragi, ma non, invece, fra le sue tifoserie. Però qualcuno dei tifosi russi reduci di quella malefica serata del 20 ottobre del 1982 indossava per “rispetto dell’Heysel” la maglia della Juventus nell’incontro tenuto con voi presso la loro sede storica. Secondo te sarebbe possibile oggi in Italia vestire almeno una volta l’anno i colori degli avversari per onorare pubblicamente la memoria dei loro caduti ? Ricordi, lo ha fatto da calciatore anche il nostro presidentissimo Giampiero Boniperti dopo la tragedia di Superga in una partita amichevole fra Torino e River Plate… Altri uomini o altri tempi?
«‘Gemellaggio fra le stragi’ è sicuramente l’espressione più corretta. Siamo stati accolti da tutti i tifosi dello Spartak con una simpatia e con una passionalità che difficilmente potremo dimenticare, ma non ho voluto appositamente parlare di gemellaggio tra le tifoserie, in quanto per dar vita a ciò occorre il bene placito di un’intera tifoseria, di tutti i gruppi che la compongono. Credo che, attraverso il tempo, ‘se son rose, fioriranno’, diversamente rimarrà una grande amicizia e un profondo senso di rispetto da entrambe le parti. Mi ha molto colpito vedere che in Russia, il 21 ottobre, in occasione della tragedia del Luzhniki, molte tifoserie dedicano striscioni a quelle vittime, indipendentemente dalla simpatia o antipatia tra di loro. Reputo molto difficile che la stessa cosa possa un giorno avvenire in Italia, ma spero di sbagliarmi. Sicuramente è ’lo spirito del tempo’, perché, come tu hai evidenziato, persino Giampiero Boniperti indossò la maglia granata per onorare i caduti del Grande Torino».

Oltre a voi, era presente sul posto un altro italiano e juventino doc, Massimo Carrera, nostro calciatore degli anni 90 e attuale allenatore dello Spartak Mosca. Mi sembrava emotivamente molto coinvolto durante la cerimonia. Cosa vi ha detto in privato a riguardo della manifestazione?
«Massimo Carrera ha dimostrato di essere un grande, se ancora vi fosse bisogno di riscontri. Era emotivamente provato dal ricordo di entrambe le tragedie. Aveva, ovviamente, conosciuto molto dell’Heysel, ora ha iniziato a conoscere in maniera più approfondita il Luzhniki».

Negli anni dell’opprimente e austero regime sovietico in quali modi potevano sostentarsi e aggregarsi degli Ultras in Russia? I vecchi tifosi dello Spartak vi avranno raccontato molte cose…
«I vecchi Ultras dello Spartak sono stati molto ospitali con noi, e abbiamo avuto modo di poter parlare degli albori del tifo in Russia. Furono tempi molto duri, dove ogni fenomeno di aggregazione sociale veniva visto come un possibile focolaio di insurrezione antigovernativa, motivo per cui la mannaia della repressione si abbassò sulle teste degli Ultras. Ci raccontarono di tempi, parliamo di fine Anni ’70, in cui allo Stadio era proibito anche solo urlare ‘Forza Spartak!’ e spesso alcuni di loro si chinavano o dovevano mettersi una mano davanti alla bocca per lanciare l’urlo, celandolo ai poliziotti che li controllavano dal campo. I ‘dissenzienti’ venivano intercettati ai cancelli d’uscita e portati nei vari Commissariati. Succedeva che, in taluni casi, arrivasse direttamente una lettera sul luogo di lavoro, che voleva dire licenziamento immediato. Proprio per poter meglio controllare il deflusso dallo stadio, venivano limitate le aperture delle porte d’uscita, col risultato che si creavano ingorghi spaventosi. Da una di queste situazioni nacque appunto il tragico evento dello Stadio Luzhniki del 1982».

I testimoni oculari della mattanza furono individualmente perseguiti e messi a tacere dal regime? Come riuscirono a coprire un tale disastro? Tu hai raccolto le loro testimonianze?
«Non ci fu necessità di perseguire nessuno perché il Regime occultò totalmente la vicenda e, in un clima di assoluta non circolazione della notizia, occorsero molti anni prima che il tutto fosse reso pubblico, in quanto le notizie circolavano solo tramite la diffusione orale, ed è facile intuire che molti fossero terrorizzati di venire smascherati raccontando il tutto. Non ho potuto raccogliere testimonianze, le ho solo potute sentire da parte di qualche reduce di allora e, per mia fortuna, avendo un interprete bravissimo, sono riuscito a comprendere ottimamente i loro racconti».

Oblio Heysel: familiari delle vittime dimenticati da tutti per decenni… Oblio Lenin: familiari delle vittime minacciati di non scrivere la verità sulle tombe dei loro cari… Tu sei un grande appassionato di storia… Perché, secondo te, la verità fa sempre tanta paura nella memoria di un contesto storico ? Se pensiamo alle Foibe, ignorate dai libri di scuola per 50 anni oppure a chi ancora oggi nega l’olocausto…
«La Verità è scritta dai Vincitori o dai detentori del potere. Ammettere le colpe o le responsabilità, in tragedie calcistiche come quelle dell’Heysel e del Luzhniki, vorrebbe dire evidenziare le proprie colpe e responsabilità e, quindi, dare un’idea diversa dell’ordine pubblico, spesso discordante con quella che si è voluto far credere».

Al di là di tutto contava in primis l’esperienza umana, il contatto fra le genti. Da questo punto di vista è stato un momento alto di civiltà e di storia delle due tifoserie. Scusami, non vorrei trascinarti in una polemica sterile, ma a questo punto oserei chiederti se questo viaggio non abbia ricevuto, a mio parere, un meritevole e doveroso sostegno dei media italiani: per vostra scelta, quindi per disinformazione passiva o come abitualmente per snobismo?
«Hai fatto una considerazione importante: è stato un grande (e commovente) momento di civiltà e di storia, compiuto dalle due tifoserie. Volutamente, da entrambe le parti, abbiamo dato riscontro del gesto a commemorazione avvenuta, perché non volevamo creare fraintendimenti. Non ritenevamo opportuno che un gesto spontaneo, nobile, ma soprattutto fatto col cuore, potesse essere scambiato come un atto ricercato a solo titolo di ‘propaganda’, di ‘pubblicità’ da parte dei rispettivi gruppi o associazioni. Purtroppo, anche quando ciò è stato reso pubblico, mi è parso di capire che buona parte degli organi massmediatici siano più propensi a parlare delle tragedie a ridosso delle stesse, per poter riempire i giornali o dedicare trasmissioni incentrate sui ricordi, più che capire a fondo il dramma ancora vivo in molti».

Fermiamole in un dipinto. Quale, quali le immagini più care del viaggio che ti porti nel cuore al termine di questa tua indimenticabile esperienza?
«Due istantanee. La prima: con in mano la corona di fiori con sopra apposto il nome della nostra Associazione, ho alzato gli occhi al cielo e ho visto di fronte a me il monumento adiacente allo Stadio Luzhniki. Per un attimo ho provato un brivido, perché su quella pietra è scolpita una sofferenza che molti ignorano. La seconda: giunto sulla Piazza Rossa non avrei mai pensato di potervi un giorno arrivarci, e il ricordo è andato a mio nonno, a colui dal quale ereditai un Nome e un Cognome senza nemmeno poterlo conoscere, in quanto i suoi resti riposano, chissà dove, in terra russa».

Per concludere, Beppe, ti ringrazio della paziente, cortese e amichevole collaborazione ed avrei moltissimo piacere che ci presentassi al meglio la vostra Associazione Culturale “Quelli di…via Filadelfia”: origini, attività, sue finalità…
«L’Associazione senza fini di lucro “Quelli di... Via Filadelfia”, costituitasi ad Aprile 2015, ha lo scopo di preservare la storia e la memoria del tifo juventino. Nata dall'evoluzione del Gruppo Facebook Via Filadelfia 88 (via e civico identificativi dell'ingresso della vecchia Curva Filadelfia), già attiva con varie iniziative negli anni passati, si propone d'intrattenere rapporti con tutti quegli enti e associazioni (italiane e straniere) che hanno obiettivi simili, di pubblicare un sito della propria attività, organizzare convegni, mostre e incontri per affrontare tematiche inerenti al calcio, agli aspetti sociologici e folkloristici del tifo, a condurre campagne di sensibilizzazione sull'argomento verso il pubblico e le istituzioni politiche e sportive, italiane e internazionali. A tal fine, la Memorialistica dell'Heysel e il ricordo perenne di quelle vittime, è argomento caro all'Associazione, che si prodiga annualmente all'organizzazione della Giornata della Memoria in ricordo delle 39 vittime dell'Heysel e di ogni forma di violenza in ambito sportivo. Eventuali raccolte di fondi scaturiti da iniziative dell'Associazione, vengono interamente devoluti. Attualmente è in essere un'iniziativa a sostegno della Fondazione per la ricerca sui tumori dell'apparato muscolo scheletrico e rari Onlus».








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