Il 4 gennaio, è morto Ezio Pascutti. Attaccante del Bologna negli anni cinquanta e sessanta, aveva legato il suo nome a uno storico scudetto rossoblù, a una gran rete in tuffo “rasoerba” all’Inter, una ventina di presenze in maglia azzurra e a un colorito aneddoto che me l’ha fatto amare per sempre, nonostante mai abbia indossato la casacca bianconera.
Inizierei dall’impresa più memorabile del nostro, la conquista del settimo e ultimo scudetto dei rossoblù bolognesi di Dall’Ara, guidati da Fulvio Bernardini, il “Dottor Pedata”, con una formazione orchestrata da Giacomo Bulgarelli, con Pavinato capitano, due stranieri di classe e una coppia d’ali niente male, Perani e, appunto, Pascutti. Era un gran bel vedere, giocare quel Bologna, che quell’anno ci castigò in campionato due a uno all’andata (Nielsen, Bulgarelli e Sivori), con risultato a occhiali nel ritorno di Torino e la nostra rivincita in gara secca di Coppa Italia: quattro a uno (Silvino Bercellino, Sivori, doppio Menichelli e Renna per i felsinei).
Il Bologna lo vinse due volte, quel meritato scudetto, il primo e unico aggiudicato dopo spareggio nel campionato a girone unico. Un bel due a zero sull’Inter, all’Olimpico di Roma, che rese giustizia
di uno scandalo doping montato ad arte per togliere di mezzo l’avversario rossoblù, evidentemente considerato non altrimenti battibile. Guardate chi combatteva col Bologna e chi, in quel periodo, forse corrompeva arbitri europei, e per la legge del “cui prodest”, saprete certamente il mandante della tentata truffa. Ben cinque rossoblù sono trovati positivi all’antidoping, con conseguente perdita della gara “incriminata” e successiva penalizzazione in classifica. Sennonché, successive analisi confermarono, sì la positività, ma evidenziarono altresì che quella sostanza non avrebbe mai potuto avere quella concentrazione in liquidi biologici,
segno evidente che era stata aggiunta in un secondo momento. Bella squadra quel Bologna, che scendeva in campo con Negri, Furlanis, Pavinato; Tumburus, Janich, Fogli; Perani, Bulgarelli, Nielsen, Haller e Pascutti. Più forte anche dell’imbroglio.
Questo coriaceo, abile, pugnace attaccante esterno di sinistra, che tante volte ha castigato la nostra Juventus, mi è sempre stato caro per un episodio avvenuto in Nazionale. Nel calcio ci sono un sacco d’omuncoli che colpiscono a tradimento, quando l’arbitro non vede, con mani e piedi, “saliva” o sussurrando porcate su madri e mogli. Poi ci sono gli uomini. E’ domenica 13 ottobre 1963, e a Mosca si gioca URSS-Italia, ottavi d’andata degli Europei. I sovietici picchiano come fabbri (non il nostro Commissario Tecnico), e al tredicesimo Sormani è già fuori uso per una tacchettata di Dubinski che lo apre da orecchio a zigomo: sta fuori sette minuti, ma al rientro non è più lui. Due minuti dopo il rientro e Ponedelnik segna l’uno a zero. Un altro minuto, e Pascutti, lanciato a rete, è falciato dal solito Dubinski: Pascutti si rialza, lo affronta e gli molla un cazzotto sul petto. Espulsione. Un’Italia praticamente in nove, subisce prima della fine del primo tempo anche il secondo gol dei sovietici (Cislenko).
Tornando a parlare di uomini e di colpi proibiti: pare ovvia la mia stima per Pascutti, oltre che come calciatore, anche come persona, che quand’è necessario, mena a viso aperto, da “uomo” appunto, vista la partigianeria dell’arbitro e il fatto che quel tal Dubinski il cazzotto se lo fosse cercato col lanternino. A quell’episodio che mi gustai alla TV in bianconero dell’epoca, e che fece aumentare in me la stima per l’ala sinistra bolognese, oggi continuo a preferire la pigna di Montero a Di Biagio (Inter-Juventus due a due, 3 dicembre 2000). Più sanguigna, meglio inquadrata, più ... verista.
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