… ad Angelo Caroli (1947). Notato da Muccinelli ne L’Aquila Calcio, la Juve lo prende per quattro milioni per la squadra Ragazzi, la futura Primavera, allenata da Sandro Puppo. Esordisce l’anno seguente a Bologna, in Serie A, quando segna anche il suo primo (e unico) gol in massima serie. Il giorno dopo, a scuola per il compito di greco: il giovanotto frequenta, infatti, un liceo abbastanza famoso nel cuore dei bianconeri, il D’Azeglio, “quello vicino a una certa panchina”. In quel primo biennio bianconero,le presenze furono otto in tutto. Torna alla Juventus nel 1960/61 e con cinque gare disputate (e un assist a Sivori in un derby col Toro) contribuisce allo scudetto numero dodici. Una gara in Coppa Campioni col Panathinaikos, tre di Coppa Italia, poi a cercar fortuna altrove. Un altrove che non fu sui campi di calcio ma nel giornalismo (Tuttosport, Stampa Sera) e nella letteratura, con eccellenti libri di argomento sportivo (Ho conosciuto la Signora, Fischia il Trap) e romanzi, tanti e di successo. Correttamente schierato su Calciopoli nel 2006, potrebbe essere uno di noi. Auguri, Angelo!
… a Luigi De Agostini (1961). Bianconero dal 1987 al 1992, è arrivato alla Juventus in un periodo di magra: era appena terminato il decennio del Trap e Platini aveva appena lasciato. Lui, vero “furlan” si è rimboccato le maniche ed ha lavorato a fondo, anche per gli altri, sia con grandi corse sulla fascia che con tanto fosforo calcistico, per rendere la squadra competitiva. Certo, si aveva a che fare col predominio napolista-maradoniano, poi con quello iniziale, rossonero degli olandesi. Nonostante queste avversità “ambientali”, quest’esterno sia di difesa, sia di centrocampo, tecnicamente duttile, sempre affidabile, generosissimo, con duecentoquindici presenze e ventotto reti, tredici delle quali su rigore, ha contribuito alla conquista della Coppa UEFA e alla Coppa Italia del 1990. Suo malgrado è entrato a far parte di un aneddoto che mai sarebbe dovuto accadere: incaricato di battere “quel” rigore che Baggio rifiutò di tirare a Firenze, lo sbagliò. A lungo titolare in Nazionale, con trentasei maglie e quattro reti, con Azeglio Vicini ha conquistato il terzo posto a “Italia ‘90”. Auguri Gigi!
… a Pietro Anastasi (1948). Il “Pelè Bianco” è stato uno dei migliori attaccanti della sua generazione,
«il simbolo vivente di un'intera classe sociale: quella di chi lasciava a malincuore il Meridione per andare a guadagnarsi da vivere nelle fabbriche del Nord» (Baricco), ma anche l’idolo dei ragazzini che tifavano Juventus. In bianconero, questo funambolico attaccante tutto scatti e imprevedibilità, opportunismo, prontezza di riflessi, è ricordato come un centravanti per il nove che portava sulla schiena, ma era un uomo d’area che sapeva anche manovrare: che coppia perfetta costituiva con Bettega! Otto stagioni di Juve con 130 reti in 303 gare, ha tre scudetti nel palmares ed è arrivato a un niente dalla Coppa delle Fiere (1971), quella dei Campioni e l’Intercontinentale (1973). Anche lui aveva un idolo: Charles, e si dice che conservi sempre, nel portafoglio, la foto che lo ritrae raccattapalle, al Cibali, con “King” John. Come non ricordare, infine, l’Oro agli Europei del ’68, col risultato messo in ghiaccio al 31° della gara contro la Jugoslavia, con una girata al volo da cineteca? Auguri, Petruzzu!
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