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Eventi di N. REDAZIONE del 27/04/2017 08:21:20
Lassù qualcuno ci ama

 

di Domenico Laudadio

Il titolo di un film anni ‘50 per ricordare una tragedia dimenticata degli anni ’80.

Il titolo di un film anni ‘50 per ricordare una tragedia dimenticata degli anni ’80 è stato scelto dall’Associazione “Noi Samb” e dal “Museo del Grande Torino e della leggenda granata” per inaugurare una mostra condivisa che avrà il battesimo alle ore 18.00 di sabato 29 aprile 2017 nella “Palazzina Azzurra” di San Benedetto del Tronto alla presenza delle autorità cittadine. Successivamente la medesima sarà trasferita a Grugliasco (TO) il 4 giugno p.v. nella sede museale dell’ Associazione Memoria Storica Granata. Il corredo dell’esposizione, arricchito da una completa raccolta di foto, video e testimonianze sull’assurda tragedia avvenuta il 7 giugno 1981 allo stadio “Fratelli Ballarin” nello splendido comune adriatico, è integrato dalla esposizione di materiale multimediale su Aldo e Dino Ballarin, i due fratelli calciatori del Grande Torino caduto a Superga ed ai quali venne intestato proprio quel campo sportivo della Sambenedettese. Con la mostra si vuole fare memoria della morte tragica di due giovanissime tifose della Samb bruciate in un rogo diabolico per quanto imprevedibile: Maria Teresa Napoleoni e Carla Bisirri, figlie del popolo rossoblu in festa da giorni nell’attesa del fatidico giorno della promozione matematica in Serie B del club marchigiano che disputava quella domenica l’ultimo incontro casalingo di serie C con il Matera. La carta accumulata per i festeggiamenti dalla tifoseria nelle gradinate inferiori della curva Sud dello stadio, circa sette quintali di coriandoli, s’incendia improvvisamente nel torrido clima assolato molto probabilmente a causa dei fumogeni accesi all’ingresso delle squadre sul campo. Con il fatale concorso di una folata di brezza marina si eleva in rapida evoluzione un rogo di fiamme altissime creando il panico fra i 3500 spettatori stipati sugli spalti gremiti oltre l’esaurimento. Alcuni restano ustionati in balia delle fiamme, altri si feriscono nella fuga disperata rotolando sulle gradinate o nell’ estremo tentativo di scavalcare il filo spinato della rete metallica divisoria del campo. Le porticine di accesso della recinzione sono drammaticamente serrate e non presidiate, le chiavi introvabili, l’idrante più vicino malfunzionante. Molti minuti più tardi entra in funzione con alcune prolunghe quello di centrocampo che riesce a spegnere quanto è rimasto della brace che ha già liquefatto la pelle di alcuni poveri tifosi rossoblu. Evidentemente marcate le analogie con l’Heysel nell’aspetto della impreparazione all’emergenza e nella mancanza totale di prevenzione della sicurezza. Gli anni 80 conteranno più di un centinaio di vittime negli stadi europei a causa di gravissime e colpevoli superficialità di quanti furono preposti dentro e fuori il campo di gioco in veste di responsabili dell’organizzazione degli eventi calcistici. Un ingrato tributo di vite sacrificate all’imperizia degli stolti nelle quali si piangono anche le due rose di San Benedetto del Tronto. Per decine di anni l’oblio ha coperto l’infausta vicenda e ancora oggi la sua storia non è ricordata o conosciuta da molti. Il Comune di San Benedetto ci ha messo trent’anni per ricordare doverosamente Carla e Maria Teresa con una targa marmorea e tutte le sue amministrazioni hanno trascurato nel tempo anche il teatro di quella tragedia, il vecchio glorioso stadio intitolato ai Fratelli Ballarin, oggi sbrecciato e pericolante, ridotto ad un accumulo di ferraglie arrugginite, immondizia e sterpaglie. Viene alla mente proprio la stessa sorte del “Filadelfia” di Torino... Ma la lezione della sua rinascita imminente, figlia della passione granata di un popolo, torni utile anche per vedere risorgere questo sciatto rudere accantonato dall’indifferenza di amministratori senza scrupolo e valori. Quelle stesse gradinate che cullarono in grembo i sogni di generazioni e l’amore di tanta gente e che furono asperse dal sangue di due creature innocenti meriterebbero la restituzione alla loro vocazione e ruolo primitivo nello sport, in nome della dignità della memoria e affinché nuovi altri giovani atleti calpestino ancora quel prato rifiorito e abbia senso e un motivo in più per ringraziarle sollevando gli occhi al cielo.


Sala della Memoria Heysel

 
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