Cinque anni fa la Juventus vinse il suo trentesimo scudetto. Quello della terza stella, quello senza gli asterischi dell'ipocrisia, senza le specificazioni balorde del tipo: "sul campo".
Lo scudetto più bello, quello della terza stella, quello del percorso da imbattuti, della vittoria sui campioni in carica del Milan, ottenuta con una forza di volontà senza pari, attraverso il gioco più bello mai espresso da una formazione bianconera dai tempi della Juve di Lippi.
Lo scudetto più bello, quello della terza stella, perché ottenuto insperatamente, inaspettatamente, dopo due settimi posti che sapevano di inevitabile ridimensionamento, di soccombenza subita senza volere e potere lottare più.
Lo scudetto più bello, quello della terza stella, perché ottenuto grazie alla ritrovata juventinità perduta, mortificata e quasi uccisa da cinque anni di smiles, di orgogliose trasferte a Caltagirone, di "
Cobolli portaci a Roma", di "
bon travail president blanc et noir", di valori ispirati alla figura di un interista, di scudetti dati in risarcimento all'Inter, a Ronaldo, a Simoni.
Lo scudetto più bello, quello della terza stella, perché fu l'inizio di un ciclo senza pari che dura tutt'oggi, perché fu il risultato di un lavoro straordinario, irripetibile di un allenatore straordinario, irripetibile; un lavoro che è alla base dei successi odierni.
Lo scudetto più bello, quello della terza stella, perché ottenuto nella nostra nuova casa, ultimo lascito del lavoro della Triade, anche se realizzata, dagli smilers abusivi del quadriennio ridanciano, in economia, ridimensionata come le ambizioni di quella Juve post Farsa, dedita più al pronismo in direzione Milano che non a ricostruire la propria gloria dalla polvere dell'infamia subita.
Lo scudetto più bello, quello della terza stella, perché foriero di nuove speranze, di nuovi trionfi, di una nuova juventinità molto simile a quella vecchia e del tutto distante da quella imposta dal periodo più oscuro e marcio del calcio italiano.
Lo scudetto più bello, quello della terza stella, perché rinascemmo dopo la morte, nonostante tutto e tutti.
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