Stefano Tacconi fu prelevato dall’Avellino per sostituire uno Zoff ritiratosi “per proteste” dopo il gol subito da Magath ad Atene. Tacconi era tutto il contrario del suo predecessore, anche se nel primo anno bianconero il grande Dino dette una limatina ai difetti tecnici del giovane successore. Quello che Zoff non riuscì ad insegnare a “Capitan Fracassa” è a stare zitto quando serviva: il baffo guascone e il casino che combinava ogni volta che parlava con i giornalisti, suggerirono a Caminiti il simpatico soprannome.
Era proprio un bel portiere. Innanzitutto il fisico lo aiutava, con quel metro e ottantotto d’altezza e la vigoria atletica che lo rendeva ottimo tra i pali. Qualche volta si distraeva, mentre era concentratissimo e solitamente eccezionale nelle gare importanti. Un po’ restio alle uscite laterali sui traversoni, era invece eccellente nelle uscite frontali. Pur implacabile nelle uscite di piede, cui era avvezzo fin dai tempi dell’Avellino, quando qualche volta faceva da libero aggiunto, ma era in difficoltà quando il pallone, con i piedi, doveva giocarlo.
Dal 1983 al 1992, ha difeso la porta bianconera trecentosettantasette volte, nelle ultime stagioni indossando anche la fascia di capitano. Suo cruccio le sole sette gare con la maglia Azzurra: gli era preferito Zenga, suo ex compagno nelle giovanili dell’Inter, con cui, da allora, è vivo un contenzioso che Tacconi riassume così. «
Zenga è stato sempre sfigato, perché non ha vinto niente, io ho vinto tutto. E’ lui che si deve incaz...., non certamente io. Ho avuto la fortuna, nel '90, di vincere due coppe e lui a Coverciano s’incavolava perché io festeggiavo. Era una vera goduria. Gli ho sempre detto che ero più forte di lui. In Nazionale giocava lui, ma non vincevamo nulla. Lui pure sapeva che ero più forte». In effetti, il palmares di “Tarzan”, l’altro soprannome di Tacconi, è ben più fornito di quello dell’interista, comprendendo, a parte due Scudetti e una Coppa Italia, tutte le Coppe maggiori che l’UEFA patrocinava a quel tempo, un primato che divide con nove atleti, quattro compagni delle sue stagioni bianconere, e con Müren, Blind, Vialli e Vitor Baìa.
Boniperti qualche volta avrebbe voluto cucirgli la bocca, come quella volta che fu sostituito da Bodini dopo lo zero a quattro subito dall’Inter a San Siro e la sconfitta nel derby. Tacconi replicò sulla stampa, e la punizione arrivò immediata: Bodini giocò da novembre ad aprile, compresa la Supercoppa col Liverpool. Stefano si riprese la maglia da titolare a fine stagione, in tempo per disputare la finale di Bruxelles. Ne aveva per tutti, anche per Platini e Trapattoni: «
Se fumavo negli spogliatoi tra primo e secondo tempo? Si, insieme a Platini, ma lui non le comprava mai e fumava sempre le mie», «E Trapattoni che diceva?» «Perché, contava qualcosa Trapattoni in quella squadra? Aveva i più forti calciatori dell’epoca». Più “normale” avercela con Maifredi: «
Maifredi partì malissimo. Dopo la figuraccia in Supercoppa col Napoli, chiesi alla società di cacciarlo, ma Montezemolo mi rispose che l’aveva portato lui. I risultati alla fine si sono visti. Quando Maifredi parlava di tattica e schemi, andavo a giocare a tennis con Sorrentino, il preparatore dei portieri». Su Calciopoli come poteva pensarla? Come noi! Infatti, dopo il 13 maggio 2012, disse: «
È inutile discuterne, nel cuore gli scudetti sono 30, i giocatori e i tifosi sentono di averne vinti 30 sul campo e io, da giocatore e tifoso, ne ho vinti 30».
Ma non era solo parate e sentenze. Fu l'eroe nella finale della Coppa Intercontinentale contro l'Argentinos Juniors: finì ai rigori e lui ne parò due. «
Era un casino ... sempre imbottigliati nel traffico, Trapattoni era una belva perché avevano messo noi e gli argentini nello stesso albergo. La tensione saliva a vista d’occhio. Non c’era altro che allenamento, mangiare e dormire. Io ho resistito fino al quinto giorno. Poi sono scappato e sono andato a cercarmi una geisha. La trovai e posso dire che dopo sono stato parecchio meglio. Mancavano due giorni alla partita. Erano tutti stressati. Io no».
Quella volta non fu punito. A Nicola Calzaretta, di Hurrà Juventus, che gli chiede delle conseguenze subite a causa della sua lingua tagliente, dichiara che gli sono costate «
Più di 200 milioni. Anche se quella volta degli elicotteri di Berlusconi, l’Avvocato Agnelli ne pagò la metà. Un grande!».
Dopo il bianconero, due anni al Genoa, poi l’addio al grande calcio, i tentativi senza esito di entrare in politica e quello fallimentare di rilanciarsi come personaggio televisivo all’Isola dei Famosi. Anche la linea dei gioielli e il tentativo come scrittore non hanno avuto l’esito sperato. Ora, sulla soglia dei sessant’anni, li compie oggi, 13 maggio, ha iniziato un’attività che mette a frutto quel diploma di cuoco, ottenuto da ragazzo a Spoleto. Proprio per il suo compleanno, a Reggio Emilia inaugurerà il suo ristorante. Speriamo che il “vecchio” numero uno abbia il successo che spera. Presto, anche nel suo ristorante, arriverà il suo vino che si chiamerà “Unique”, ma speriamo che non sbagli l’accento: tra [iunìc] e [iùnic] ..... c’è una bella differenza!
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