Giovedì primo giugno 1967 è il giorno in cui i Beatles presentano al mondo “Sgt. Peppers’s Lonely Hearts Club Band”, uno degli album più importanti nella storia della musica, com’è dimostrato dal primo posto che detiene tuttora tra i cinquecento album recensiti dalla rivista Rolling Stone. In Italia, invece, per noi bianconeri fin nelle mutande e, se si vuole, anche un po’ talebani, questa data corrisponde a due eventi:
al primo degli scudetti vinti in sorpasso sull’Inter all’ultima giornata, e alla seconda data del “Triplete alla Rovescia” dell’Inter, che, infatti, terminerà la stagione sei giorni dopo, perdendo la semifinale di Coppa Italia col Padova. Dopo un calciomercato di basso profilo per la chiusura delle frontiere ai calciatori stranieri, decisa dopo la figuraccia della Nazionale con la Corea del Nord, l’Inter in campionato parte bene, staccando tutti, ma facendosi poi rimontare gradualmente dalla Juventus. Al giro di boa, dopo un temporaneo aggancio il 18 dicembre, l'Inter è Campione d’Inverno con un punto sulla Juventus: il punto che manca ai bianconeri è frutto della svista dell’arbitro De Marchi, che inspiegabilmente non convalida il gol di De Paoli.
Nuovo allungo interista nel girone di ritorno: la Juventus, sconfitta a San Siro dal Milan alla trentesima, pare lasciare via libera all’Inter per lo scudetto. L’Inter però sembra appesantita e perde punti “facili”. Anche per la sconfitta casalinga nel confronto diretto (rete di Erminio Favalli), i nerazzurri arrivano all’ultima giornata con un solo punto di vantaggio sui bianconeri. La Juventus è di scena a Torino contro la Lazio, coinvolta nella lotta per non retrocedere, mentre l’Inter va a Mantova, dove i locali nulla più chiedono al campionato.
Si gioca di giovedì, in posticipo, perche il 26 maggio l’Inter aveva dovuto disputare a Lisbona, col Celtic (e perdere due a uno) la finale di Coppa dei Campioni. Con la ridicola motivazione della sportività, manca la cronaca di “Tutto il calcio minuto per minuto”. Senza alcuna informazione a disposizione, i tifosi bianconeri, pur sperando sommessamente che succeda “qualcosa” a Mantova, sostengono a gran voce, ma abbastanza rassegnati, la propria squadra. I primi tempi terminano entrambi a reti inviolate. La Juventus si affida al suo giocatore più talentuoso, quel Cinesinho dal gran destro, che con quel piede sapeva avvelenare a dovere i cross, specie da calcio d’angolo. Pensare che la gara si era presto messa male: Bercellino, con una caviglia malridotta dopo uno scontro con Carosi, in un periodo storico in cui le sostituzioni non erano ammesse, “è schierato all’ala” come succedeva a quei tempi. Zoppica vistosamente, ma su quel corner di Cinesinho deviato da Favalli, con un balzo incoccia di testa il pallone all’altezza del secondo palo, sovrastando tutta la difesa laziale e insaccando per l’uno a zero. Poco dopo Zigoni, sempre su centro del brasiliano da corner, di testa, batte ancora Cei e porta il risultato sul due a zero. Ininfluente la rete, su rigore, con cui Di Pucchio sigla la rete del due a uno.
Nel frattempo, a Mantova, complice un’incredibile papera di Giuliano Sarti su innocuo tiro-cross di Beniamino Di Giacomo, il Mantova va in vantaggio con quello che anni dopo, Josè Joao Altafini da Piracicaba avrebbe denominato “gollonzo”. A Torino, sugli spalti, la notizia della sconfitta interista è intuita quando vedono tutti i bianconeri entrare in campo festanti, avvertiti dal gesticolare di un operatore che si sbracciava al di fuori della cabina della RAI. Era la vittoria Juventus operaia sull’Inter stellare, della coralità del “movimento” sul micragnoso contropiede, del modesto Heriberto sul vaniloquente Helenio, dell’allenamento sano del “Ginnasiarca” sui “caffettini” alle amfetamine di “HH1”, infine portati alla luce nel libro di Ferruccio Mazzola.
Quei bianconeri che vincono il tredicesimo Scudetto bianconero, condannando la Lazio alla Serie B, sono: Anzolin, Adolfo Gori, Leoncini; Bercellino I, Castano, Salvadore; Favalli, Del Sol, Zigoni, Cinesinho, Menichelli. Di là dalla definizione dell’Avvocato (“Una vittoria socialdemocratica”), è una vittoria anche della volontà e della costanza, del mutuo aiuto tra tutti gli uomini in campo, della squadra sui solisti. Sentite cosa dichiara, nel 2008, Gianfranco Zigoni, quello che al tempo era considerato un “capellone, contestatore, scansafatiche, donnaiolo e anche un po’ teppista”, ma che contemporaneamente era l’idolo di tutti i giovanissimi tifosi bianconeri:
«Lo scudetto del '67, quello conquistato all'ultima giornata è merito di Heriberto Herrera. Noi giocatori avevamo già mollato, lui no. L'Inter tecnicamente era superiore, la Juve una squadra operaia. Però abbiamo vinto e ce lo siamo anche meritato».La nostra pagina facebook
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