Moggi non stava simpatico a Boniperti, nonostante che, fin dal 1960, Luciano rivestisse il ruolo d’osservatore per la società bianconera. Nella visione snobistica dell’ex numero otto bianconero, abituato a pensare che i calciatori dovessero venire alla Juventus per il prestigio che ne derivava per loro stessi, Moggi era un mercenario al servizio di tanti padroni. Era colpevole di aver portato scudetti e trofei al Napoli di Ferlaino e Maradona, e di aver contribuito, con l’avvento di Berlusconi al Milan, a ostruire la strada che da anni portava la Juventus a conquistare successi a ripetizione, costringendola a fallimentari rivoluzioni targate Montezemolo-Maifredi ed a poco vincenti restaurazioni sull’asse Boniperti-Trapattoni.
Luciano Moggi, nato 10 luglio 1937 a Monticiano, in provincia di Siena, stanco della propria professione nelle Ferrovie dello Stato, dagli anni ’60 inizia a darsi da fare come scopritore di talenti calcistici. E’ in quel periodo che segnala alla Juventus Paolino Rossi, Claudio Gentile e Gaetano Scirea. Quando Allodi lascia la Juventus, inizia anche ad occuparsi di trattative di calciomercato, fino alla rottura col Presidente Boniperti. Allora va alla Roma d’Anzalone, dove porta Roberto Pruzzo soffiandolo proprio alla Juventus, poi è con poco successo alla Lazio e al Torino di Rossi e Nizzola, infine arriva al Napoli di Ferlaino e Maradona, dove porta Careca e secondo Scudetto, Coppa UEFA e Supercoppa Italiana. Torna poi al Torino di Borsano, alla Roma di Sensi e, dal 1994 è alla Juventus, dove presto si consacra come uno tra i migliori Direttori Sportivi di tutti i tempi. In dodici anni, le vittorie bianconere targate Moggi sono sette Scudetti, una Coppa Italia, quattro Supercoppe di Lega, una Champions League, una Supercoppa UEFA, una Coppa Intercontinentale, una Coppa Intertoto. Anche se non sono titoli, a confermare la supremazia bianconera in Italia e in Europa, la Juve arriva tre volte seconda in campionato, due volte in finale di Coppa Italia, tre volte in finale di Champions League e una volta in finale di Coppa UEFA.
Troppo forte quella Juventus, troppo bravo quel Diesse. Così, per trame economiche, motivi politici e invidia calcistica prende corpo quella gigantesca e indegna montatura che condanna Moggi come capo di un’associazione malavitosa che altera i risultati delle partite (senza alcun’evidenza di corruzione arbitrale), con un processo basato su trascrizioni d’intercettazioni “opportunamente scelte”, senza diritto di difesa, sostituendo magistrati giudicanti, inventando reati ad hoc ed eliminando un grado di giudizio. Era tanto potente, quella “Cupola”, tanto da farsi sfuggire ben due scudetti consecutivi, questi sì per spregio dei regolamenti. S’inizia con quello vinto dalla Lazio il 14 maggio 2000, mentre la Juventus, a Perugia, dopo una sospensione di settantaquattro minuti per un’alluvione, fu costretta a giocare su un “campo” nel quale, in nessun punto, il pallone scodellato riusciva a rimbalzare. Altra porcheria di Sistema l’anno seguente. A Torino, la Juventus sopra di due reti a zero sulla Roma, per i centri di Zidane e Del Piero, si vede pareggiare grazie anche alla rete di Nakata. Il giapponese, extracomunitario soprannumerario, non avrebbe potuto giocare se le regole non fossero state modificate in itinere, danneggiando due volte le compagini, come la Juve, rispettose del regolamento sui calciatori extracomunitari. Così, quei due punti “dirottati” invertono le posizioni finali di classifica tra giallorossi e bianconeri, con la Roma che si aggiudica lo Scudetto. Veramente potente, quell’associazione per delinquere che si fa soffiare da sotto il naso due Scudetti vinti: solo gli idioti potevano credere all’esistenza di quella “Cupola”, anche se qualcuno, in malafede, ci crede ancora.
A parte i successi di squadra di dodici anni, la conferma che la Juve di Moggi vinceva solo per il gran lavoro del suo DS, la conferma delle superiori qualità calcistico-imprenditoriali dell’Uomo di Monticiano è il tabellino della Finale dei Mondiali del 2006, l’anno in cui la mafia dirigenziale del calcio italiano, con un processo staliniano mandò in Serie B la Juventus. All’Olympiastadion di Berlino, infatti, il 9 luglio 2006 hanno giocato, tra “Azzurri” e “Bleus”, ben otto giocatori juventini (Buffon, Camoranesi, Cannavaro, Del Piero, Thuram, Trezeguet, Vieira e Zambrotta), tre ex giocatori bianconeri (Zidane, Henry e Perrotta), mentre l’allenatore dell’Italia era Marcello Lippi: tutti, giocatori e tecnico, portati alla Juventus da Luciano Moggi.
In Italia è radiato dalla FIGC, ma Lucianone nostro, che in toscano potremmo definire una “pellaccia”, secondo me ha ancora qualche sorpresa in serbo per noi. Intanto, oltre alla collaborazione con giornali, siti e televisioni, per non perdere l’abitudine, è tornato a fare calcio: la squadra è il Partizan Tirana ove, per tre anni "svolgerà un ruolo di consulenza e cooperazione in tutti i settori del club, dalla parte sportiva fino al marketing".
A Lui, con affetto, riconoscenza e profonda stima, porgo i più sinceri auguri per i suoi ottant’anni.
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