La parola rispetto deriva dal verbo latino respicere, formato dalla particella “re” che indica il significato “nuovamente” o alternativamente “indietro”, che accenna ripetizione o indugio, e dal verbo “spicere”, ovvero guardare. Il suo significato consisterebbe dunque nel “riguardare” ossia “riconsiderare”. Ne consegue che rispettare il pensiero altrui significa prima di tutto ascoltarlo. In seguito far fruttare questa operazione nel riformulare il proprio punto di vista, che a questo punto sarà la risultante di quanto si riteneva prima di sentire l’opinione altrui, e dell’aver “guardato indietro” il proprio modo di vedere a seguito dell’intervento dell’altro. Bisognerebbe invitare a recuperare l’etimologia di questa parola a molti tra coloro che un po’ sprezzantemente catechizzano a priori il nostro pensiero, in quanto, come ai tempi fummo definiti, rancorosi. Alcune di queste persone infatti, a seguito del nostro scetticismo nei confronti di farsopoli, non hanno mancato di accusarci di non “rispettare” le sentenze. Ed oggi, ringalluzziti dalla sentenza di primo grado penalizzante nei confronti di Giraudo, non si lasciano sfuggire l’occasione per riattaccare con tale cantilena. L’invito è a dotarsi di dizionario e magari richiamare quelle due nozioni di latino. Chiunque si permetta di ragionare ed avanzare dubbi sull’esito non solo di questa ma di qualsiasi sentenza, non manca di rispetto. Sta “guardando indietro” per riformulare le proprie idee. Deprecabile sarebbe certamente la prevenzione per cui il solo allontanamento dal proprio pensiero sia fonte di dileggio. E naturalmente tale giudizio comportamentale deve valere in tutte le direzione, e non solo per quella che rappresenta il punto di vista opposto al proprio. Ma non è questo il nostro caso: si attendono le motivazioni della sentenza per formulare un più ampio ragionamento. Nell’attesa, tuttavia, la sola lettura del dispositivo è sufficiente per innescare le prime riflessioni. Una buona fetta della categoria di persone sopra indicate, poi, si spinge persino a dare una connotazione ancora più specifica al nostro “mancare di rispetto”, al motto ormai ben poco originale: - voi non rispettate la giustizia! – L’interpretazione in questo senso del pensiero del popolo juventino che non ha rinunciato a credere all’iniquità di quanto accaduto con Farsopoli, è quanto di più errato sia possibile. Non rispettare una sentenza significa scavalcare il sistema giuridico, essere giudici e rispondere solo a sé stessi; contestare e mettere a ferro e fuoco luoghi e persone fisiche inerenti specchio della magistratura. Credere invece nei ricorsi presentati dalla nostra Associazione, appoggiare idealmente il ricorso in appello cui non mancherà ora il dottor Giraudo attraverso i suoi avvocati, rappresenta invece la massima manifestazione del contrario. Il rispetto verso le istituzioni è tale da ricercare la verità continuando per lo stesso iter giuridico. Ovvero “guardare indietro” quanto già prodotto e statuito fino ad oggi, chiedendo agli organi giudicanti di compiere la stessa operazione. Il non plus ultra, la massima espressione del rispetto, nel rispetto.
Nella connotazione più nobile del contenuto semantico che viene attribuito al termine rispetto vi è poi la “considerazione”, intesa come “deferenza”, come “stima”. Ebbene, pur consapevoli della non numerabilità di nefandezze compiute dall’uomo nel corso dei secoli, non ci viene meno la considerazione verso la potenzialità delle natura umana, capace nella sua storia di annoverare eroi di instancabili lotte per la giustizia, per il bene, per l’amore verso il prossimo. Anche verso l’uomo non ci manca il rispetto. La capacità di lottare, di andare avanti fino in fondo alla ricerca della verità, di non mollare per ciò in cui si crede, è un talento che sappiamo il genere umano possedere. Si tratta “solo” di farlo fruttare, anziché soffocarlo tra la gramigna. E siamo pertanto certi che tutti i nostri associati, e in generale tutti coloro che non hanno mai ceduto alla tentazione di unirsi al coro dei giustizialisti per convenienza o faciloneria, non molleranno neppure di un millimetro anche di fronte all’evento appena registrato. In fondo, anche in questo, si tratta nuovamente di rispetto verso la magistratura e verso gli accusati. Fino a quando l’iter giuridico non si completa, non è corretto attribuire colpevolezza od innocenza. E stante il preannuncio di ricorso in appello di Giraudo per mezzo dei suoi legali, anche in questo caso l’iter giudiziario è ancora in corso. Di nessun rispetto nei confronti della realtà, forse della Giustizia, senz’altro del buon senso e del buon gusto, è stata invece la messa in onda del docu-fiction inerente i fatti di Farsopoli, dal titolo “Operazione Off-Side”, ad opera dall’emittente La7 nel corso della serata di martedì 15 dicembre, stante il processo di Napoli in peno svolgimento. Se ne devono essere accorti anche in Rai, vista l’Ansa del 16 dicembre delle ore 13 circa: «Il cda della Rai ha votato una delibera sulla sospensione delle 'docu-fiction' su tematiche connesse a procedimenti giudiziari in corso. La delibera è stata votata all'unanimità. Il consiglio di amministrazione ha dato contestualmente incarico al direttore generale di elaborare una regolamentazione sistematica della materia». Chissà come la penseranno a La7. Correremo il rischio di una sospensione della docu-fiction? Data l’elevata quantità (e qualità) delle inesattezze riportate, tali persino da indurre gli ospiti del dibattito post-fiction a sollevare appunti sul programma appena trasmesso, non è da escludersi. Quale che sarà la scelta che opereranno, l’unica certezza è che essa non sarà dettata dal rispetto verso i cittadini in stato di giudizio, dato il deplorevole lancio pubblicitario del prodotto, avvenuto avvalendosi di spot incentrati sul pianto di Luciano Moggi nel corso degli interrogatori. Diceva Ralph Waldo Emerson: “Si è rispettabili solo quando si porta rispetto”. Ecco, appunto.
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