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Eventi di S. BIANCHI del 16/02/2018 16:08:12
Roberto Galia

 

Oggi, 16 febbraio, Roberto Galia compie gli anni, ne fa cinquantacinque, essendo nato nel 1963: auguri! E non badate se per Wikipedia avrebbe un mese in meno: i testi sacri e… Juworld.net sono con me. I più giovani si porranno la famosa domanda alla Don Abbondio: “Galia! Chi era costui?”. La risposta non si troverà all’inizio del capitolo otto de “I promessi sposi” manzoniani, ma negli annuari del calcio, che alla voce finale di Coppa Italia 1990, riportano come l’unica rete che ha deciso la doppia sfida col Milan, sia stata segnata, in trasferta, proprio dal nostro Galia.

Roberto Galia: a Buochs, dov’eravamo in pellegrinaggio estivo per evitare la sindrome di astinenza da Signora, tutte le sere c’erano capannelli di tifosi attorno ai nostri eroi che uscivano dall’albergo. Tutti, meno Baggio, che forse aveva fastidio di quei pochi, chiassosi, tifosi entusiasti. Una sera eravamo a un tavolo con Stefano Tacconi, fumando e bevendo birra, quando vedemmo passare, solo soletto, il “povero” Galia. Nessuno se lo filava, naturalmente lo invitammo a stare con noi. Riuscì anche a dire qualche parola, nelle poche pause che si prendeva “Capitan Fracassa”. Era timido e riservato, proprio il contrario di quel che mostrava in campo.

Sì, perché Galia, il classico che giocatore che fa felice qualsiasi allenatore perché gioca ovunque sia schierato, io lo ricordo come il classico centrocampista rubapalloni che sostiene il centrocampo quasi da solo e non tralascia l’inserimento avanzato. Il fatto che fosse un giocatore principalmente di quantità non implica che fosse uno scarpone: era anche capace di finezze e di farsi trovare pronto all’appuntamento col gol, specie nelle mischie finali, quando magari era al lumicino la nostra speranza del golletto indispensabile per il pareggio o la vittoria.

Nato a Trapani ma cresciuto a Como, dalle giovanili lariane passa in prima squadra, dove gioca tre anni per poi passare alla Sampdoria, dove rimane per altri tre anni. Fin qui ha sempre giocato da terzino, ma col passaggio al Verona, in due anni Bagnoli lo forma come centrocampista al davanti della difesa. Poi sono sei anni di Juventus, che ringrazia il tecnico milanese per questo fior di jolly, ma che aspetta la Triade e Marcello Lippi per riprendere a primeggiare in Italia. Nel frattempo, la squadra non è che se ne stia proprio con le mani in mano, e a parte la tragicomica annata Maifredi, con Zoff si assicura la Coppa Italia di cui si è detto e, nello stesso anno, ai danni dei viola, la seconda Coppa UEFA bianconera. E chi è, che al terzo minuto apre le marcature? Proprio il nostro Galia, che col ritorno del Trap, nel 1993 si toglie la voglia di alzare al cielo il terzo trofeo, la terza Coppa UEFA bianconera, anche se questa volta Roberto non è tra i marcatori, che sono Möller e i due Baggio. Un altro anno di Juventus (lui che nei sei totali, s’è anche tolto la voglia di giocare tre volte nella Nazionale di Sacchi), poi, trentunenne passa all’Ascoli, poi a Como, dove chiude col calcio giocato per intraprendere la carriera di allenatore: ora allena le giovanili del Como, la squadra che l’ha lanciato.

In bianconero ha disputato duecentoventicinque gare ufficiali, segnando undici reti, ed è stato espulso in una sola occasione. Per Trapattoni «È un giocatore ideale, perché con lui si va sul sicuro. Lavora con grande applicazione e altissimo senso professionale, non si fa mai trovare impreparato, è un titolare a tutti gli effetti anche quando non gioca. Ho sempre detto che per conquistare gli scudetti serve gente così. Un allenatore ha bisogno di certezze, deve poter ottenere un rendimento medio garantito: il principale segreto del successo è la costanza. Certo, poi devono scattare altri meccanismi, servono i colpi risolutivi, ma senza la base ogni discorso è inutile. Pensando alla squadra come a una casa, direi che Galia è un pezzo delle fondamenta». Infatti, lui, ebbe a dire di sé: «Mi conosco, so di non essere un fuoriclasse ma un giocatore prezioso forse sì. Ho cambiato diverse maglie, sono sempre andato d’accordo con i miei allenatori e sempre ho avuto la precisa sensazione di essere utile. Non è poco».

Esistono giocatori che ogni allenatore vorrebbe. Ecco, Galia ne è il prototipo: sa soffrire, capisce la partita, è tatticamente sagace, difende e attacca e lo fa per tutti i novanta minuti. Non è il medianaccio che, all’inizio, i tifosi bianconeri paventavano, mormorando non appena Roberto riceveva la palla: tra le altre cose, nel tempo ha dimostrato di avere due piedi più che dignitosi. Non entrerà nella grande storia del calcio, non scriveranno libri su di lui, ma è anche merito suo, se la nostra Juventus ha sollevato due trofei internazionali, in quel periodo in cui Berlusconi scardinava a suon di miliardi il sistema-calcio in Italia.

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