Il regime fascista voleva, a Torino, un impianto polifunzionale in sostituzione del vecchio Stadium, costruito nel 1911 e poco adatto a ospitare manifestazioni ginnico-ideologiche come i Littoriali dello sport. Il Comune suddivise la realizzazione del complesso tra quattro ditte, che in meno di un anno realizzano lo stadio (progetto: architetto Fagnoni, ingegneri Ortensi e Bianchini), il campo per l’atletica leggera e la torre Maratona (progetto: architetto Del Giudice, ingegneri Colonnetti e Vannacci), la piscina coperta (progetto: architetto Bonicelli e ingegner Villanova). Lo stadio, in cemento armato, è un ellissoide con il perimetro massimo di seicentoquaranta metri e ventisette aperture per consentire l’accesso agli spalti, la principale di queste che si apre tra due pilastri in granito e dà accesso a un salone che porta alla tribuna d’onore, coperta, come tutti i distinti, da una pensilina aggettante di dieci metri e settantacinque centimetri. Il campo di gioco, di settanta metri per centocinque, è circondato da una pista a sei corsie e dalle varie altre pedane per l’atletica leggera. Come logica voleva, fu chiamato “Stadio Benito Mussolini”.
I “Littoriali dello Sport, della Cultura e dell'Arte e del Lavoro”, erano manifestazioni competitive che si sono svolte in Italia tra il 1932 e il 1940, organizzate dal regime fascista e rivolte agli studenti universitari iscritti al GUF (Gruppo Universitario Fascista), che si cimentavano in gare inerenti ai quattro argomenti nominati. Questo per sapere chi fu, il 14 maggio 1933, per la parte sportiva di questa manifestazione, a inaugurare il nostro vecchio stadio.
Ci volle più di un mese per vedere l’impianto utilizzato a fini calcistici: il Torino giocava al “Filadelfia” e la Juventus non voleva trasferirsi nel nuovo impianto, un po’ per lo scarso appeal che i dirigenti avevano verso il regime, ma soprattutto temendo un impatto negativo sul gioco della squadra, continuando a disputare le gare interne di campionato al “Campo Juventus”, lo stadio di proprietà noto anche come “Stadio di Corso Marsiglia”. Nel nuovo impianto si svolgevano gli allenamenti, ma infine, per la stimolo dei tifosi, la Juventus iniziò a utilizzare il nuovo stadio in gare ufficiali.
La prima partita ufficiale della Juventus sul nuovo campo avvenne per una gara internazionale. Anche qui, è d’obbligo qualche precisazione. Ben prima della nascita dell’UEFA (1954), le squadre di calcio più importanti sentivano la necessità di potersi confrontare anche al di fuori dei confini nazionali. Escludendo gli inglesi, “aventiniani” per la loro supposta superiorità, francesi e tedeschi, non molto evoluti calcisticamente, e con la Spagna politicamente instabile, le squadre ceche, austriache, ungheresi e italiane costituivano il top del calcio continentale: vincere un torneo in cui queste squadre partecipavano, voleva dire davvero di essere i migliori d’Europa. Il torneo si chiamava “Coppa della Mittel-Europa”, o “Mitropa Cup”, ma sui giornali italiani era sempre citata come “Coppa dell’Europa Centrale”.
L’inaugurazione “calcistica” dell’impianto fu oltremodo ben augurante e avvenne il 29 giugno 1933, per la gara di ritorno dei quarti di finale dell’antesignana della Coppa dei Campioni, contro gli ungheresi dell’Ujpest. I magiari, che all’andata avevano già perso per quattro a due, subirono un’altra batosta dalla squadra che Carlo Carcano aveva mandato in campo, in formazione quasi titolare: Combi, Rosetta e Caligaris; Varglien I, Monti e Bertolini; Sernagiotto, Varglien II, Borel II, Ferrari e Orsi. Gli ungheresi ebbero la possibilità di portarsi in vantaggio, ma a fine primo tempo erano già sotto tre a uno per le reti di Orsi e la doppietta di Varglien II. Al quarto d’ora del secondo tempo, nuova rete ospite, cui Orsi rispondeva da par suo, con una tripletta negli ultimi otto minuti di gioco.
L’impianto, che dopo la Guerra Mondiale aveva cambiato il proprio nome a “Vittorio Pozzo”, fu sempre chiamato da tutti “il Comunale” ed è stato la culla dove sono nati ben sedici scudetti (a onor di cronaca, diciassette: uno anche del Torino), oltre a tutte le Coppe europee griffate Trapattoni. Per vederci un derby con i cuginastri granata, si dovette attendere la stagione 1963/64, quando i granata abbandonarono il “Filadelfia”. Era uno spettacolo: rannicchiati a sedere su minigradini, ma di solito in piedi, possibilmente appoggiati ai “tuboni” anticaduta, lo stadio poteva contenere sessantacinue-sessantasettemila tifosi. La nostra era la “Curva Filadelfia”, dal nome della strada sottostante, la curva torinista era quella più vicina alla torre di Maratona, da cui il nome della curva.
L’ultima gara bianconera al Comunale è del due maggio 1990, finale d’andata di Coppa UEFA, nella quale il tre a uno siglato da Galia, Casiraghi e De Agostini mise una bella ipoteca sulla conquista della Coppa ai danni della Fiorentina. Dalla stagione seguente il trasferimento allo “Stadio delle Alpi”, costruito (male) per i Mondiali di “Italia ‘90”, ma allo “Stadio Mussolini-Pozzo-Comunale” abbiamo rigiocato dal 16/9/2006 al 22/5/2011, quando ormai si chiamava “Olimpico”, dopo la ristrutturazione per le Olimpiadi invernali del 2006, nell’attesa che dalle macerie del Delle Alpi risorgesse uno stadio da calcio, quello Juventus Stadium fortemente voluto da Antonio Giraudo.
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