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Attualità di N. REDAZIONE del 28/12/2020 08:13:36
Il caso NAPOLI. Il Dio CONI

 

Di Crazeology

È difficile capire la natura della recente sentenza del Collegio di Garanzia del CONI riguardo a Juve-Napoli. Però può essere utile provare a fare due ragionamenti, nel modo più neutrale possibile.
I rapporti tra la FIGC e il CONI non sono sempre stati idilliaci nel corso del tempo, ma questa volta forse si è passato il segno.

Partiamo da un presupposto: se si vuole combattere nel modo più efficiente possibile il virus, sulla carta non bisognerebbe più giocare al calcio. Tutti a casa a mangiare e dormire, agli auto-arresti domiciliari. Il gioco in sé comporta sempre una percentuale di rischio, questo è evidente. Ora, se è pur vero che negli ultimi tempi i giocatori di calcio non sono colpiti granché dal contagio, questo non vuol dire che in qualunque momento non possa generarsi un focolaio in un qualunque spogliatoio.
Bene. Ma quando mesi fa si è deciso di ricominciare ugualmente a giocare, con il supporto di un protocollo ad hoc che potesse ridurre al minimo i rischi (in effetti sembra funzionare abbastanza bene, tutto sommato), lo si è fatto per evitare che lo sport italiano andasse a gambe all'aria dal punto di vista economico. Attenzione: sport intero non solo calcio. Il calcio infatti tiene economicamente in piedi tutto lo sport italiano.
I fatti sono noti: gli introiti da biglietti con gli stadi vuoti si è azzerato, il marketing è crollato, e solo i diritti televisivi fanno da stampella a tutto il sistema.
Il protocollo non è stato imposto di forza a nessuno. I Presidenti dei club lo hanno firmato, con l'accordo di Federazione e Ministero della Sanità.

Certo, nel momento in cui si verifica una situazione come quella del Genoa e via dicendo di qualche mese fa, è comprensibile che un potenziale avversario che ci ha giocato contro, o che ci deve giocare contro a breve, possa andare nel panico, e possa commettere qualche imprudenza nel prendere decisioni di pancia/istinto. Sempre ammesso che sia davvero il Covid la ragione per cui non si vuole giocare, s'intende. Comunque sia, il punto della vicenda infatti non è mai stato che il rischio sanitario non ci fosse. Il punto è sempre stato fin dall'inizio semplicemente che, esclusi i positivi, bisogna sempre cercare di giocare, sennò il campionato rischia di non arrivare alla fine. E se non arriva alla fine, o si riducono per esempio le partite passando direttamente ai playoff o simili, i soldini dei diritti televisivi diminuiscono sempre di più, e si rischia la situazione prefallimentare per tantissimi club, e per molto dello sport italiano in generale. I Presidenti si sono assunti quindi l'onere del rischio di giocare, garantendo però logistica e organizzazione delle misure volte ad ottenere il massimo della sicurezza sanitaria del gioco stesso, rispettando un protocollo di norme, peraltro costruito con molta molta molta fatica.

Quindi come può leggersi questa decisione del CONI così strampalata? Da dove arriva e perché? Sarà il solito papocchio sottobanco all'Italiana. Non può che essere così.
La sentenza quindi ha soverchiato completamente tutte le certezze che si erano ottenute, probabilmente più per un esercizio del potere cielodurista e macho del CONI rispetto al calcio, che per la vicenda in sé. Con un'ottusità che, va sottolineato con forza, sinceramente fa tremare le gambe, ha deciso di ricordare a tutti chi è Dio e chi in teoria comanda davvero. Una riaffermazione arrogante del proprio io dell'ente. Il quale peraltro ha scientemente approfittato del fatto che difficilmente ci saranno delle reazioni di senso opposto dal mondo del calcio, e che il rischio di interruzione del campionato per situazioni similari che potrebbero venire a crearsi, ad oggi sembra abbastanza basso visto che il protocollo in questione sembra funzionare abbastanza bene. Lo scontro tra enti sembra avere un suo senso "fisiologico", anche perché in effetti, bisogna ammetterlo, il calcio spesso si sente un'isola separata dal mondo reale, dove tutto funziona con delle sceneggiature da film dell'orrore, dove le regole e le leggi valgono solo se piace, e dove ogni personaggio ha un suo ruolo preciso. Possiamo però dire che questa volta, più di ogni altra, il CONI ha fatto la pipì fuori dal vaso.

Primo motivo. Si è creato un precedente rischioso, dove qualunque club da qui a maggio potenzialmente, anche solo per ripicca, può mettere a rischio l'intero torneo. Anche perché una ASL che sia una ASL seria, è probabile che in una situazione con forti rischi dica ad una banda di 40 persone (giocatori e staff) che deve viaggiare o anche solo incontrare in modo ravvicinato un'altra banda di 40 persone, di fermare tutto e chiudersi in casa. E avrebbe anche ragione, quanto meno in linea teorica. Ovviamente poi va da caso a caso. Una ASL, che ha già il suo bel da fare quotidiano, non è tenuta a conoscere il protocollo utilizzato dalle squadre dei noti arricchiti pedestri in mutandoni che corrono dietro ad un pallone. Per puntiglio dunque, si è messa a rischio la tenuta economica del sistema.

Secondo motivo. Con questa sentenza, si è sancito che tutti i club che hanno ugualmente giocato, anche senza giocatori molto importanti (CR7, Ibra, ecc), o con molti giocatori in meno (Genoa, Bologna, ecc), sono dei poveri fessacchiotti. In questa prospettiva bene ha risposto Pirlo a domanda diretta dei giornalisti sul tema, chi ama il calcio non dovrebbe infatti volere titoli a tavolino, punti a tavolino, e via dicendo. È sempre bello giocare. Ma in questo caso non si era giocato per ragioni ben precise, e quindi chi nonostante tutto, protocollo alla mano, lo ha fatto mettendo a rischio e pericolo sé stesso, gli altri, e i propri risultati, ora ha tutto il sacrosanto diritto di sentirsi preso in giro.

Terzo motivo. La sentenza di questi giorni sputtana definitivamente nell'ordine:
- Il CONI stesso, che evidentemente realizza un clamoroso autogol di peggioramento della sua immagine. Tanti osservatori e tanti tifosi (milioni, e non solo Juventini), o pensano che ci sia stata una pastetta fatta dei soliti favori e pastocchi all'Italiana, o nel migliore dei casi che ci sia stata una evidente e imbarazzante incompetenza. Come già detto, chi scrive ha un'opinione terza rispetto a queste due. Ossia dispetto ad un altro ente. Opinione coadiuvata anche dal fatto che sulla carta il CONI non aveva la titolarità di decidere nei termini legali in cui ha deciso.
- Lo sport italiano in generale. Se si prova a pensare alla Uefa in particolare, che ha sempre visto di cattivo occhio i nostri pasticcioni, la figura è pessima da tutti i punti di vista. Siamo sempre i soliti, certe cose accadono sempre e solo da noi. Poi non lamentiamoci se in Europa e nel mondo ci considerano sempre tutti un paese di serie B, poco serio e poco affidabile.
- La giustizia sportiva in generale. Prima si decidono delle cose, poi si ribalta tutto. Nessuna credibilità Le sentenze sportive non sono mai attendibili rispetto ai fatti, e i giudici che hanno deciso quelle precedenti vengono totalmente umiliati. Chiunque a quel punto può vederci una incompetenza professionale, o nei primi o negli ultimi, perché non si capisce come a parità di fatti una decisione sia così opposta rispetto all'altra. In questo preciso caso poi erano anche molto ben definiti, a 360°. Sarebbe più serio decidere tirando ai dadi a questo punto.
Visto poi che l'Italia è il paese dei sospetti e dei complotti, e delle mille parrocchie, qualcuno potrebbe persino avanzare dei dubbi riguardo ad eventuali brogli in un giudizio piuttosto che in un altro.

Concludiamo dicendo che giocare Juve-Napoli, come detto da Pirlo, non è un guaio se si ama lo sport. Si giocherà e vincerà chi è più forte e fortunato quella sera. Ma ancora una volta le istituzioni sportive hanno dimostrato di non essere all'altezza (le ragioni le decide in autonomia ogni lettore) per lo svolgimento delle funzioni a cui sono preposte. E questa pochezza complessiva, sia di competenze e sia di valori etici e morali, insieme ai soliti campanili delle mille parrocchiette di appartenenza dei tifosi, dei giornali e delle tv, sono il motivo per cui il calcio italiano è rimasto al palo rispetto a tutti gli altri campionati continentali che negli ultimi 20 anni sono cresciuti come appetibilità, come fatturato, e come risultati internazionali.

Per il bene del calcio italiano e dello sport italiano, ci sarebbe quasi da augurarsi che questa sentenza assurda provochi dei pasticci tali nelle prossime settimane, tanto da mandare a catafascio tutto il baraccone. Non c'è più niente da salvare. Meglio radere al suolo, buttare via le macerie e provare a ricostruire. Volesse il cielo....

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