di A. Pavanello - Virginio Rosetta fu uno dei membri di quel celeberrimo trio difensivo che tanto contribuì ai successi della Juve del Quinquennio, il Combi-Rosetta-Caligaris.
Nato a Vercelli, città della Pro Vercelli, che fu protagonista nel campionato italiano dei primi del ‘900, Rosetta si appassionò di calcio fin da giovane. Le prime partite nelle squadre di studenti fecero emergere il suo talento, anche se agli inizi giocò come attaccante. Nel 1917 la prima partita “seria”: giocò a Torino nel XX Autoparco, come ala destra, in un’amichevole contro la Juventus.
Qualche anno dopo (1919-20) “Viri” fece il suo ingresso alla Pro Vercelli, e all’inizio ricoprì un po’ tutti i ruoli in squadra, ma già alla fine della prima stagione, andò a occupare il ruolo che lo rese celebre, ossia quella di terzino. Nonostante la giovane età, Rosetta fu convocato per i Giochi Olimpici di Anversa. Le qualità del giocatore, (dirà di lui più tardi Giovanni Ferrari suo futuro compagno che “nel gioco di testa non era un campione, ma il suo senso della posizione gli permetteva di fare a meno di quest’arma”) fecero sì che la Juventus s’interessasse a lui.
Tuttavia non era la prima volta che il club bianconero si interessava al difensore: nel 1918 Zambelli lo aveva notato e gli aveva fatto firmare un cartellino federale. Ma il cartoncino finì poi in un cassetto… Nel frattempo Rosetta vinceva due Campionati con le casacche bianche.
Nel 1923 le cose erano cambiate: alla Juventus era giunto Edoardo Agnelli. Il nuovo presidente aveva le idee chiare e vuole rinforzare la squadra; il dirigente juventino Roberto Peccei si recò a Vercelli per proporre a Rosetta di trasferirsi a Torino come impiegato presso la ditta Ajmone e Marsan: avrebbe fatto il ragioniere e avrebbe ugualmente percepito un ingaggio come giocatore della Juventus.
La Pro Vercelli viveva un momento delicato, perché Rosetta e altri giocatori erano in rotta di collisione con la direzione del club. Il motivo? Avevano chiesto regolari guadagni e il presidente Bozino aveva risposto con una lettera sdegnosa: per le gloriose bianche casacche dovevano onorati di giocare gratis. Rosetta e altri decisero di andarsene e così “Viri” iniziò a giocare le prime partite con la maglia bianconera: il presidente Bozino, che peraltro lo era pure della Federazione, aveva approvato il trasferimento…per il momento. Al club bianconero Rosetta iniziò a giocare nel ruolo di centravanti e poi di mezzala.
La Juventus, grazie ai vari rinforzi, era balzata in testa nel girone A della Lega Nord e il Genoa, avversario dei bianconeri per lo scudetto e battuto in uno scontro diretto, iniziò suscitare le polemiche (con altri club battuti) proprio sul tesseramento di Rosetta. Fu addirittura convocata un’assemblea straordinaria per affrontare la questione e il presidente della Pro Vercelli parteggiò per il Genoa. Si arrivò ad atteggiamenti estremi, tanto la tensione era ai massimi: il vicepresidente della Juventus, Craveri, sfidò addirittura a duello quello del Milan, Baruffini!
Nonostante le proteste bianconere, il tesseramento di Rosetta fu annullato e la Juventus fu penalizzata di sei punti. Quel campionato lo vinse poi il Genoa… La Pro Vercelli e la Juventus finirono poi per accordarsi e Rosetta passò al club torinese definitivamente nella stagione 1924/25, nel ruolo di terzino, non disdegnando qualche apparizione come centravanti.
Il primo trofeo arrivò la stagione successiva, quando la Juventus allenata da Jeno Karoly, dominò il suo girone e giunse alla semifinale col Bologna: Karoly morì prima della partita decisiva che i bianconeri vinsero. La finale fu assai meno difficile e i bianconeri s’imposero facilmente; Rosetta fu tra i migliori giocatori in quella fase finale. Nel 1928, Rosetta partecipò di nuovo alle Olimpiadi e fu considerato come il miglior terzino.
L’arrivo del casalese Umberto Caligaris fece sì che si costituisse quella forte retroguardia difensiva della Juve che, tra il 1930 e il 1935 s’impose ripetutamente: fu la Juventus del Quinquennio. Come scrisse Alberto Fasano su “Hurrà Juventus” molti anni dopo, a proposito dell’associazione Rosetta-Caligaris: “Elemento calcolatore, freddo, positivo il vercellese; entusiasta, tutto fuoco, irrompente il casalese. Il primo studiava l’avversario, il secondo lo investiva”. Rosetta fu egualmente Campione del Mondo nel 1934, in una Nazionale, dove la presenza bianconera era evidente (Combi, Caligaris, Monti, Orsi…).
Nel 1936 Viri appese le scarpette al chiodo, ma non per questo lasciò la Juventus: ne divenne l’allenatore fino al 1939: gli anni del glorioso Quinquennio erano lontani, ma i risultati furono comunque onorevoli; ci fu pure la vittoria della Coppa Italia, nel 1938. Un grave incidente automobilistico lo costrinse a lasciare del tutto l’attività agonistica e così dovette riconvertirsi a osservatore, sempre per conto del club con cui aveva tanto vinto.
Virginio Rosetta morì a Torino nel 1975.
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