Calcio giocato di F. DEL RE del 05/05/2021 09:08:38
10 stagioni di scudetti in Italia
Sembra quasi che il destino si sia divertito a chiudere un cerchio lungo dieci anni. Infatti lo scudetto dieci anni fa fu assegnato alla rinata Juventus guidata da Antonio Conte, principale artefice di una resurrezione che dopo la devastazione di Farsopoli e delle gestioni "sorridenti" blòncobolliane sembrava impossibile.
Domenica è stato assegnato di nuovo ad una squadra guidata da Conte, l'Inter, che strappa dalla maglia della Juventus quello scudetto ivi rimasto per ben nove anni di fila: tre volte col suddetto Conte, cinque con Allegri e una con Sarri. Ma non solo Antonio Conte è filo comune e conduttore in questi dieci anni: anche Beppe Marotta lo è al suo pari. Pure lui fece parte dello scudetto più bello della storia bianconera e pure lui fa parte dell'attuale trionfo nerazzurro.
Però le due situazioni, quella juventina del 2012 e quella interista odierna, sono diverse. Lo sviluppo delle storie e delle carriere dei due artefici dice che il primo scudetto fu come una nuova speranza, non solo per la Juve, ma per il calcio italiano, perché finalmente si videro cose nuove: uno stadio moderno, un calcio stupendo, veloce e spettacolare, una programmazione che pareva solida, che pareva aver posto basi su cui innestare anno dopo anno poca, ma mirata qualità. I nove anni successivi ci hanno raccontato altro. Ci hanno raccontato di una Juve che piano piano si è involuta nel gioco, negli schemi, nelle idee, che ha preferito il solito, sicuro menù casalingo, fatto di tradizioni note e di cose conosciute.
Ci ha provato Allegri a vincere in Europa, ma sempre partendo da quella base di conoscenza e di tradizione, mai niente di diverso. Un calcio confinato, antico, pane e salame. Un calcio programmato per l'oggi, ma mai per il domani, un calcio in cui tutte o quasi le ultime dieci squadre vincitrici hanno lo stesso DNA, lo stesso imprinting, fanno dell'esperienza, ovvero della vecchiaia dei propri interpreti in campo, il loro elemento distintivo, insieme alla solidità, ovvero alla mancanza di qualità nelle zone più avanzate, del rigore tattico, ovvero dell'assenza di fantasia dei suoi uomini migliori, della certezza che fino al confine si stia bene e meglio poco che niente, visto che per arrivare ad avere tutto conta avere tutto ciò che ad oggi quelle squadre non le contraddistingue: giovinezza, talento, fantasia. Ecco perché fa tristezza vedere che dopo dieci anni nel calcio italiano nulla è cambiato: da Conte che vinse nel 2012, che poteva essere una nuova speranza per un calcio moderno, a Conte che vince nel 2021 col solito calcio di dieci anni fa, anzi: più involuto, più attorcigliato sulle sue debolezze, fissatosi sulle sue basi certe, come certo è che con questa mentalità in dieci anni nessuna italiana ha vinto un trofeo internazionale, che le squadre capoliste o vincitrici dello scudetto rimediano quasi sempre figure terrificanti oltre le Alpi, che la miglior squadra italiana stagionale nelle coppe, la Roma, si sia beccata l'ennesimo punteggio tennistico ad Old Trafford, persino contro uno degli United più scarsi degli ultimi vent'anni.
E quindi il cerchio si chiude. Dieci anni per tornare ad avere Marotta e Conte che vincono uno scudetto antico, in modo antico, nel mentre sprofondano nella mediocrità dei loro risultati europei insieme al movimento del quale si sono appena issati come leaders. Si chiude un cerchio, ma si chiude anche la speranza di vedere finalmente un calcio per cui la squadra che vince lo scudetto in Italia non arrivi quarta ai gironi di CL o non esca agli ottavi dalla manifestazione.