di A. Pavanello
Parte II: la nascita delle Coppe Europee > (
qui la parte I)
Dopo il periodo bellico che travolse l’Europa, se le competizioni nazionali ripartirono rapidamente, bisognò pazientare per ritrovare dei tornei internazionali.
La Juventus, nuovamente in mano ad un Agnelli, Giovanni, dopo aver vinto il campionato nel 1949/50, nella stagione successiva fu invitata a partecipare a un torneo internazionale, abbozzo di quella che sarà la Coppa dei Campioni: si tratta della “Copa Rio”, che si svolse in Brasile, a Rio de Janeiro. I partecipanti, oltre ai bianconeri, furono, il Vasco da Gama, lo Sporting Lisbona, l’FK Austria, il Nacional CF, l’SE Palmeiras, l’Olympique Club Gymnaste de Nice e l’FK Crvena Zveda (Stella Rossa di Belgrado). La competizione riunì tutti i partecipanti Campioni nei rispettivi Paesi e suddivisi in vari gruppi.
La Juventus si ritrovò nel “gruppo Sao Paolo” con Palmeiras, Nizza e Stella Rossa di Belgrado; gli uomini di Carver vinsero tutti gli incontri e finirono il girone al primo posto. In semifinale i bianconeri ritrovarono l’Austra Vienna, vecchio avversario dell’epoca della Coppa Europa Centrale, ma questa volta le cose andarono diversamente. Gli austriaci, dapprima in vantaggio, furono raggiunti grazie a Muccinelli; la doppietta di Praest avrebbe potuto qualificare la Juventus, ma alla fine fu 3-3 dopo il rigore vittorioso di Stojaspal. Si dovette così disputare la bella, vinta confortevolmente da Viola e compagni (3-1).
In finale i bianconeri affrontarono il Palmeiras a San Paolo. I locali s’imposero di misura all’andata e il match di ritorno non fu sufficiente a ribaltare le cose: in vantaggio con Praest fino alla fine del primo tempo, i bianconeri furono prima raggiunti a inizio della ripresa (particolarmente sfortunato Viola che aveva parato un tentativo insidioso, ma un altro giocatore segnò col portiere a terra); Boniperti ridiede speranza ai suoi compagni, ma al 32’ il pareggio del Palmeiras fissò il risultato sul 2-2 e gli attacchi della Juventus non riusciranno a modificare il risultato.
L’anno successivo, il club, nuovamente Campione partecipò a un’altra competizione internazionale, la Coppa Latina che riuniva i Campioni di Spagna, Francia, Portogallo e appunto Italia. Il torneo si svolgeva contemporaneamente nei quattro paesi coinvolti e consisteva solamente in una semifinale e una finale.
La Juventus si presentò a Parigi per contendere al Barcellona l’accesso alla finale, ma l’incontro non lasciò scampo a Viola, Boniperti e compagni. La partita fu in salita da subito: sotto di un gol dopo appena tre minuti, i bianconeri subivano il raddoppio al ventesimo. Il gol di Boniperti prima dell’intervallo fece sperare in una reazione migliore nel secondo tempo…reazione che non ci fu, poiché i catalani segnarono il terzo gol su calcio di rigore (anche se i giocatori della Juve contestarono il fallo) al quinto di gioco e il quarto gol arrivò cinque minuti dopo. I bianconeri, che fallirono pure un rigore, accorciarono le distanze con Boniperti. Ancora una volta una finale mancata.
Boniperti e compagni si consolarono con la finale per il 3° posto, battendo lo Sporting Lisbona per 3-2, grazie ai gol di Boniperti, Hansen e Vivolo…
Bisogna attendere il 1958 per vedere la Juventus partecipare a una competizione nazionale ufficiale dell’UEFA; nel 1955 era, in effetti, stata creata la Coppa dei Campioni cui partecipavano tutti i club Europei vincitori dei rispettivi campionati. Tale torneo era più esteso rispetto alla Coppa Europa Centrale o alla Coppa Latina.
Vincitrice del Campionato 1957/58, la Juventus presieduta dal fratello di Giovanni, Umberto Agnelli, partecipò per la prima volta della sua storia alla competizione. L’avversario del turno preliminare fu lo Wiener SK.
La partita di andata sul campo di Torino fu relativamente agevole per i bianconeri, grazie ad uno scatenato Sivori, autore di una tripletta (gli ospiti segnarono comunque il gol del momentaneo pareggio) e questo induceva a un certo ottimismo per il match di ritorno.
Invece fu un disastro…la formazione allenata da Depretrini si chiuse in difesa fin dagli inizi. I padroni di casa, sospinti dal pubblico, andarono in vantaggio alla mezz’ora, per poi raddoppiare nove minuti dopo; al 38’, il terzo gol. Il gioco si fece pure violento e si rischiò la zuffa. L’unico tentativo di attacco bianconero avvenne al 13’, quando Charles calciò poco sopra la barra trasversale; cinque minuti dopo gli austriaci segnavano il quarto gol e da allora la formazione torinese lasciò fare tutto agli avversari; il quinto gol fu una ripetizione del quarto, ci si mise pure Colombo, che stese platealmente la mezz’ala in area di rigore. Il supplizio ebbe fine al 40’ col settimo gol. La partita finì ancora con un accenno di zuffa e la polizia austriaca che dovette scortare i giocatori bianconeri fuori dal terreno.
Due anni dopo, con un nuovo Scudetto in saccoccia, la formazione allenata da Carlo Parola (che fino a pochi anni prima aveva vestito la maglia bianconera), ritentò l’avventura in Coppa Campioni, purtroppo con lo stesso esito negativo: eliminazione al primo turno, stavolta a causa del CSKA Sofia. La partita di andata aveva visto i bianconeri imporsi 2-0, grazie a Lojodice e Sivori, ma i problemi avvennero ancora una volta al ritorno: la squadra subì troppo le iniziative dei padroni di casa. In vantaggio fin dal primo tempo, i romeni raddoppiarono dopo dodici minuti dall’inizio della ripresa e dilagarono nel corso del match. Unico gol bianconero, quello di Nicolé poco prima della fine della partita…
L’anno successivo, nuovamente qualificata, una Juventus da fine ciclo (Boniperti si era ritirato, Sivori e Charles mostravano gli acciacchi) riuscì a passare il turno preliminare, non senza soffrire. Di fronte ai greci del Panathinaikos, i bianconeri pareggiarono il match di andata e s’imposero nell’incontro di ritorno, non senza difficoltà: doppiamente in vantaggio nel primo tempo, la squadra si adagiò poi permettendo agli ospiti di ridurre le distanze e di insidiare la difesa bianconera fino all’ultimo.
Al primo turno, i bianconeri affrontarono il Partizan e dopo essersi imposti a Belgrado per 2-1, vinsero ancor più facilmente (5-0) a Torino nella gara di ritorno.
La Juventus accedette così ai quarti di finale, dove la aspettava un avversario temibile: il Real Madrid.
Nella prima gara, a Torino, furono gli spagnoli a vincere grazie a Di Stefano, ma la Juventus pareggiò i conti vincendo sul campo di Madrid, con un gol di Sivori.
Si dovette ricorrere alla bella per decretare la semifinalista: sul neutro di Parigi, la Juventus riuscì a giocare all’altezza degli spagnoli per un tempo, pareggiando l’iniziale vantaggio madrileno. Tuttavia a metà del secondo tempo Dal Sol (che in seguito sarebbe diventato bianconero) riportò in vantaggio i bianchi; il gol inferse un duro colpo ai bianconeri e il Real segnò il definitivo 3-1 verso la fine della gara.
Nella stagione 1963/64, la Juventus partecipò alla Coppa delle Fiere. Tale competizione nacque nel 1955 su iniziativa del vicepresidente della FIFA, del segretario della Football Association e dal presidente della FIGC. Lo scopo principale era di generare introiti al rilancio economico delle città che avevano subito ingenti danni durante la seconda guerra mondiale; la particolarità della Coppa Fiere è che vi partecipavano solo squadre di città ove si tenevano delle fiere internazionali (secondo il progetto del Piano Marshall). La formula dapprima fu triennale, ma dal 1960 divenne annuale: la Coppa Fiere prevedeva l’eliminazione diretta.
Nei sedicesimi di finale la Juventus affrontò l’OFK Belgrado e fu necessaria una bella per decidere la qualificazione. I bianconeri avevano vinto la partita di andata 2-1, perdendo quella di ritorno con lo stesso identico punteggio. Fu grazie ad un gol di Menichelli all’82simo minuto che la squadra poté qualificarsi per il turno successivo e affrontare l’Atletico Madrid. Vincitrice nel match di andata, la Juventus s’impose anche a Madrid, piegando le sorti della gara già nei primi minuti del primo tempo.
In semifinale il Saragozza si rivelò ben più ostico: nella partita di andata, una squadra bianconera rinunciataria subì tre gol, prima di accorciare le distanze a venti minuti dal termine, grazie a Del Sol e Dell’Omodarme. Il risultato lasciò qualche speranza, ma nella gara di ritorno non ci fu spazio per nessun miracolo, con gli spagnoli chiusi in difesa e gli avversari che attaccarono sterilmente. Nel secondo tempo poi gli animi si surriscaldarono e l’incontro “divenne una mischia” secondo Vittorio Pozzo. Alla fine fu 0-0 e ancora una volta la Juventus fu eliminata.
L’anno successivo (1964/65) la formazione del neoallenatore Heriberto Herrera e del suo “movimiento”, partecipò nuovamente alla competizione.
Dopo aver eliminato ai trentaduesimi l’Union Saint-Gilloise (entrambi i match videro vittoriosi i bianconeri, anche se di misura), i bianconeri eliminarono lo Stade Français (dopo aver pareggiato 0-0 l’andata; decisivo fu il gol di da Costa al 49’).
Agli ottavi di finale, la Juventus affrontò il Lokomotiv Plovdiv e fu necessaria non solo una bella (i due incontri erano terminati in parità), ma addirittura i tempi supplementari per decretare il vincitore: i bianconeri, in vantaggio con Sivori, erano stati poi raggiunti e sarà ancora l’argentino a segnare il gol decisivo.A causa del numero di squadre iscritte inizialmente al torneo (48), ai quarti ne rimasero solo sei, per cui fu necessario il sorteggio: gli uomini di Heriberto Herrera furono così sorteggiati e passarono automaticamente alle semifinali, per affrontare l’Atletico Madrid, peraltro già battuto l’annata precedente. Il doppio confronto non lasciò spazio a sorprese, con i bianconeri che dominarono gli spagnoli per 3-1 in entrambe le gare.
Per la prima volta nella sua storia, la Juventus accedeva così a una finale di coppa europea: avversario il Ferencvaros dal prestigioso passato. La finale unica si svolse a Torino, ma questo non fu di alcuna utilità alla squadra: in una partita dominata più dalle difese che dagli attacchi, privata di Sivori (già era in atto la “guerra intestina” tra il focoso attaccante e l’allenatore), mai i bianconeri sembrarono poter anche solo dominare la partita. Furono soprattutto la stanchezza e l’esperienza dei magiari a fare la differenza e alla mezz’ora del secondo tempo il Ferencvaros segnò l’unico gol (ma decisivo) dell’incontro.Nel 1965/66, la prima partecipazione della Juventus alla Coppa delle Coppe, competizione nata nel 1960 e riservata ai vincitori delle Coppe nazionali; tuttavia non si può dire che questa prima esperienza si rivelò soddisfacente per la squadra: al primo turno i bianconeri si trovarono di fronte il temibile Liverpool e se riuscirono a vincere a Torino (gol di Leoncini verso la fine della gara), nel ritorno subirono costantemente la supremazia dei padroni di casa e furono incapace di fare un’azione. Il risultato fu un 2-0 già acquisito alla metà del primo tempo. Nel 1966/67 la Juventus partecipò nuovamente all’edizione della Coppa delle Fiere. Dopo aver eliminato facilmente l’Aris Salonicco (2-0 all’andata e 5-0 al ritorno), i bianconeri ebbero gioco facile pure col Vitor Setubal (3-1 a Torino e 2-0 a Lisbona). De Paoli, Zigoni e compagni affrontarono agli ottavi il Dundee: la vittoria per 3-0 fu sufficientemente rassicurante in vista del ritorno e la vittoria degli olandesi, con un gol segnato verso la fine della partita non cambiò le cose. Ai quarti di finale, i bianconeri trovarono sulla loro strada la Dinamo Zagabria. A Torino, la Juventus non poté far di meglio che pareggiare (2-2), dopo essere stata in svantaggio. Il ritorno a Zagabria fu deludente: mai Zigoni e compagni furono in grado di impensierire i padroni di casa, subendo il gol dello svantaggio nei primi minuti del primo tempo e altri due verso la metà del secondo e a gara in pratica conclusa. Pozzo, che seguì la partita, scrisse “la Juventus deve avere una specie di allergia per la Coppa delle Fiere. Pare che ne rifugga quasi”.La stagione 1967/68 vide il ritorno della Juventus in Coppa dei Campioni. La formazione di Heriberto era riuscita l’anno precedente a vincere lo Scudetto sul filo di lana a discapito dell’Inter. Dopo aver eliminato l’Olympiakos (fu decisiva la gara di ritorno a Torino che vide i bianconeri imporsi 2-0) ed il Rapid Bucarest (ancora una volta decisivo il ritorno), più difficile fu affrontare l’Eintracht Braunschweig. Nella gara di andata i bianconeri persero di misura 3-2), al ritorno l’unica rete di Bercellino permise alla squadra di passare il turno e di accedere alle semifinali col Benfica.Tuttavia i lusitani, guidati dalla “Perla Nera” Eusebio, riuscirono a vincere in casa (anche se il risultato maturò solo nel secondo tempo) e anche a Torino (grazie ad Eusebio), nonostante l’insistenza della Juventus.L’anno successivo, la formazione di Herrera partecipò nuovamente alla Coppa delle Fiere, ma il risultato fu ancora una volta deludente: dopo aver facilmente eliminato il Losanna, i bianconeri furono eliminati ai sedicesimi dall’Eintracht Francoforte. La partita di andata terminò 0-0 e alla fine dei tempi regolamentari del ritorno, il punteggio era lo stesso: furono i supplementari a premiare i modesti tedeschi (tredicesimi del loro campionato), ma la formazione del tecnico del “movimiento” non riuscì mai veramente a impensierire gli avversari.Lo scenario si ripeté la stagione successiva, sempre in Coppa delle Fiere e a nulla valsero il cambiamento di allenatore e alcuni rinforzi: se il Lokomotiv Plovdiv si rivelò facile avversario e fu eliminato (3-1 all’andata e 2-1 al ritorno), il cammino in coppa dei bianconeri finì ai sedicesimi a causa dell’Herta Berlino. Nella partita di andata i bianconeri segnarono per primi, ma poi subirono la reazione tedesca, anche a causa di titolari assenti e per colmo di sfortuna, dell’infortunio di Anastasi, autore del gol dell’iniziale vantaggio; alla fine fu 3-1 per i padroni di casa. Il ritorno vide una Juventus certo rabbiosa ma inconcludente e così l’incontro finì 0-0.La bacheca dei trofei internazionali restava ancora disperatamente vuota…
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