La politica dovrebbe stare fuori dallo sport, ma, al di là delle dichiarazioni di facciata, la commistione c'è sempre. E lo sport sotto sotto accetta volentieri le invasioni di campo, anche quando minaccia clamorose esclusioni del Tricolore dalle Olimpiadi. Tutto viene consentito, si tratta solo di trovare un «mutuo beneficio», per usare un'espressione utilizzata ieri dal nostro Presidente del Consiglio.

«Mi adopererò affinché la finale degli Europei non venga disputata in Paesi con alti contagi», questa è l'entrata in tackle di Mario Draghi su Euro2020. Forse a far gola c'è l'ipotesi di avere Roma come sede della final four. A stretto giro la replica della Confederazione del calcio europeo: «La UEFA, la federazione inglese e le autorità inglesi stanno lavorando a stretto contatto con successo per organizzare le semifinali e la finale di EURO 2020 a Wembley e non ci sono piani per cambiare la sede delle partite». Evidentemente anche la politica d'Oltremanica gioca per mantenere il possesso del pallone. Quella stessa politica inglese verso cui l'UEFA di Ceferin è in debito per aver assestato la prima decisiva spallata al progetto Super League.

Un teatrino che non ci stupisce: stiamo leggendo prese di posizioni da parte di chi si è adoperato per consegnare entro il 3 giugno l'Olimpico all'UEFA e dalla quale nessuno ha preteso un protocollo covid per lo svolgimento in sicurezza di una manifestazione che viaggia per l'Europa più di quanto stiano facendo le varianti del virus. Ecco perché appaiono poco credibili le parole di Gravina: «Il fatto che a Budapest ci sia un ‘liberi tutti’ con sessantamila spettatori e senza mascherine è un tema che sta attirando molta attenzione ma anche molta preoccupazione».Lo sono ancor meno quando precisa che «La Uefa non strizza l’occhio a Budapest ma ad altre realtà. Io sottolineo il grande senso di responsabilità che il nostro Paese ha posto per la tutela della salute dei tifosi».

Il "popolo" sempre al centro delle loro preoccupazioni...

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