In questi ultimi giorni sta montando il dibattito intorno alla decisione di sei azzurri di non inginocchiarsi prima del calcio d'inizio di Italia-Galles. L'argomento è spigoloso, anzi, diremmo dialetticamente pericoloso. Per questo avevamo sempre evitato di trattarlo, non per insensibilità, ma perché tocca le sensibilità e le intime convinzioni di ciascuno di noi, come di ciascuno dei protagonisti dello sport.
Già prima dei sei azzurri oggi sulla graticola, la polemica e le condanne avevano raggiunto i protagonisti di altri sport, ricordiamo ad esempio Charles Leclerc, con il pilota della Ferrari che ovviamente fu costretto a spiegare il proprio gesto.
Siamo in un momento in cui le etichette vengono appiccicate con ampia risonanza ed è facile essere additati come quelli dalla parte sbagliata della società, a maggior ragione se si ha la visibilità di un professionista dello sport. Questo dovrebbe far riflettere circa la genuinità di gesti che potrebbero rappresentare solo un'operazione di cosmesi mediatica. Inginocchiarsi potrebbe essere non la naturale conseguenza di una convinzione personale, ma il risultato di un calcolo in ottica di immagine.
Al di là delle personali convinzioni in merito alle battaglie per la lotta alle disparità e alle disuguaglianze di qualunque genere, a come e su quali campi portarle avanti, considerando che
questi di cui si dibatte sono temi oggettivamente divisivi, non sarebbe il caso di evitare di coinvolgere l'evento sportivo (non lo sport in sé) in argomenti superiori? Non si svaluterebbe l'evento sportivo a bassa tribuna politica facendolo al contempo diventare arena di stucchevoli e dequalificanti dispute?
L'agonista, prima ancora che sportivo è un uomo, come tutti gli uomini ha suoi valori personali, è giusto accreditarlo di possedere questo o quel valore/disvalore solo perché fa pubblica esibizione di un gesto?
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