Per chi ama il calcio e le sue tradizioni, per chi ha la passione per la storia del gioco, una finale del Campionato Europeo Italia-Inghilterra a Wembley è sicuramente un evento di grande fascino. E' vero: gli inglesi, in sostanza, sono tutt'altro che una grande nazione calcistica; lo sono sicuramente a livello di club, ma a livello di rappresentative Nazionali vantano una sola finale mondiale disputata, e vinta seppur condita con polemiche infinite, nella loro ultracentenaria storia. Nient'altro. Neppure una finale persa. Ma è pur vero che gli inglesi, almeno fino all'inizio degli anni '50 del secolo scorso, si ritenevano talmente superiori da non partecipare neppure ai tornei internazionali. Superiori in quanto creatori del gioco, in quanto padroni assoluti dell'esperienza, delle tecniche, delle tattiche, delle filosofie del gioco. L'impatto col resto del mondo calcistico li avrebbe riportati brutalmente sulla terra, tanto brutalmente da dover aspettare altri 55 anni prima di disputare un'altra finale prestigiosa dopo quella mondiale del 1966.
Anche stavolta a Wembley, anche stavolta a casa loro, nella speranza che il fortino e talismano del '66 rimanga tale anche nel 2021 e che sia amuleto efficace per spezzare l'egemonia italiana, visto che gli Azzurri non hanno mai perso contro gli inglesi in una fase finale di un grande torneo, sia esso il mondiale o l'europeo. Certo: Wembley non è più l'impianto in stile Vittoriano nel quale la selezione dei Tre Leoni vinse il suo unico mondiale, il suo unico trofeo internazionale, oggi è una straordinaria, mastodontica architettura contemporanea, della magia del vecchio impianto è rimasto solo il sito e il nome, nient'altro, ma tanto basta per rievocare partite storiche, eventi che hanno contribuito a formare il mito di questo sport. Fra queste vi furono le uniche due vittorie degli Azzurri: nel 1973 per 1-0 con gol di Fabio Capello e nel 1997 con identico punteggio fissato da una rete di Gianfranco Zola.
Si respirerà storia quando alle ore 21:00 di stasera l'arbitro olandese Kuipers darà il fischio d'inizio della sedicesima finale del Campionato Europeo per nazioni. L'edizione in assoluto più strana e tormentata. Strana perché itinerante (anche se non per tutti...), tormentata perché posticipata di un anno a causa della pandemia da Covid-19 che ha influito pesantemente anche durante lo svolgimento del torneo, basti pensare agli stadi con accessi limitati o ai giocatori che non hanno potuto partecipare alla manifestazione perché risultati positivi al Covid proprio in prossimità dell'evento. Ma ormai ci siamo. Il match, la storia sono a un passo.
Per l'Italia vincere significherebbe dare più sostanza ad un palmares europeo scarso per una nazione che ha vinto ben quattro mondiali, ma che ha in bacheca un solo trofeo continentale, vinto nel lontanissimo 1968 a Roma. Per l'Inghilterra sarebbe l'interruzione di un digiuno lunghissimo, seppur anche in questo caso da interrompersi a casa propria, fra le mura amiche del mito londinese.
Le due squadre arrivano alla finale in condizioni diverse. L'Italia ha sostenuto un girone eliminatorio a passo di carica, come mai, forse, le era capitato in tutte le edizioni di manifestazioni internazionali. Ma una volta giunta a disputare i match a eliminazione diretta ha passato il turno una volta ai supplementari contro la tutt'altro che irresistibile Austria, ha vinto e convinto contro il Belgio, seppur battendolo di misura, e in fine ha dovuto attendere l'esito dei rigori per eliminare la Spagna, una selezione di talenti che però non ha certo lo spessore di quella che fu la nazionale più forte del mondo fra il 2008 e il 2012 e una delle più grandi di sempre.
L'Inghilterra, invece, ha stentato nel girone, che pure ha chiuso in testa e senza subire gol, poi ha dato una decisa accelerata negli ottavi e nei quarti quando ha eliminato la Germania per 2-0 e l'Ucraina per 4-0. In semifinale ha sentito probabilmente tutto il peso della storia che doveva essere cambiata, per primo il suo CT Gareth Southgate che probabilmente avrà patito il ricordo di un'altra semifinale europea, quella del 1996, persa contro i tedeschi a causa di un suo errore decisivo dal dischetto durante la lotteria finale dei rigori. Per questo ha piegato la sorprendente Danimarca soltanto ai supplementari e grazie ad un rigore più che generoso.
Da un punto di vista tattico le due squadre differiscono per come si dispongono da centrocampo in su. Se le due difese si schierano entrambe con quattro elementi in linea, la mediana azzurra è invece disposta a tre, a sostegno di un tridente offensivo nel quale gli esterni fungono da quinti di centrocampo in fase di non possesso, mentre la mediana inglese è disposta a due a sostegno di una linea di tre elementi, due ali e un trequartista, a loro volta a sostegno dell'unica punta, elementi che in fase di non possesso scalano sulla linea mediana a renderla a cinque, esattamente come quella italiana. Se tatticamente le due squadre sono abbastanza simili, la quota tecnica pare decisamente differente. Detto che fra i due portieri il nostro Donnarumma pare di livello decisamente superiore a Pickford, dopo gli infortuni dei terzini titolari, la linea difensiva azzurra pare nettamente inferiore a quella inglese, così come l'attacco dei tre Leoni pare in assoluto il più forte del torneo, avendo, di fatto, due soluzioni di pari valore per ognuno dei quattro ruoli d'attacco. Si pensi che il talento Sancho, appena ingaggiato dallo United per 85 milioni di euro, è di fatto panchinaro fisso e neppure quasi mai utilizzato.
Dove l'Italia ha qualità e quantità persino superiori è a centrocampo, dato tutt'altro che marginale, perché è proprio la conquista della mediana che darà un vantaggio probabilmente decisivo a chi riuscirà in tale impresa. Ci attende, dunque, un match che si preannuncia appassionante e spettacolare in campo, un match che è affascinante e ricco di storia in quanto tale. Buon divertimento e se non potete o non volete tifare Italia per tutti i motivi comprensibili, per ogni juventino, che conosciamo, almeno tifate per il calcio, per il football.
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