Avevo scritto questo pezzo per l'intervento odierno a Reggio Emilia, il contesto e l'emotività che ha coinvolto tutti gli oratori mi hanno consigliato di non leggerlo e di andare a braccio. Mi riprometto di scrivere qualcosa nei prossimi giorni per raccontarvi l'evento, pubblichiamo il pezzo per esternare anche da queste pagine quello che in parte abbiamo condiviso in un luogo che richiama al rispetto.
Oggi cade l'anniversario della notte dell'Heysel, Giù le mani dalla Juve ha partecipato alla commemorazione che ogni anno organizza il Comitato per non dimenticare Heysel di Reggio Emilia, questo il nostro intervento.
Cari amici sportivi, innanzitutto a nome di tutta l’Associazione Giù le mani dalla Juve un ringraziamento a Iuliana, a Rossano e a tutte le persone che prendendosi cura di questo Monumento tengono saldo il ricordo dei fatti dell’Heysel.
Come avrete notato, mi sono rivolto agli sportivi e non solo agli juventini, lo faccio perché il ricordo della tragedia dell’Heysel, associato al rispetto, deve essere patrimonio di tutte le donne e di tutti gli uomini che vivono il calcio come passione sportiva nei vari momenti della propria vita. I sentimenti di stima naturale per Iuliana si sono da subito amplificati quando ha iniziato a raccontarmi di come amici di altre fedi calcistiche danno una mano al mantenimento del Monumento davanti al quale ci ritroviamo. Un esempio concreto che i significati di rispetto e amicizia che rappresenta non siano solo per tifosi juventini.
Voglio condividere con voi una riflessione di qualche tempo fa: la tragica notte dell’Heysel è il mio ricordo juventino più risalente nel tempo. Vero, più antico è il ricordo della vittoria del mondiale di Spagna, ma quella serata del 1985 è il primo momento dell’ideale album a tinte bianconere.
Avevo dieci anni, rammento che la partita fu posticipata per gli incidenti, ricordo che per una parte di quella serata i miei genitori mi impedirono di guardare la televisione, mi permisero poi di guardare la partita, ma subito dopo mi mandarono a letto. Avevo dieci anni e non tutto mi era chiaro in quel momento. Solo la mattina successiva, prima di andare a scuola, seppi dei tifosi che erano morti.
Un ragazzino di dieci anni non poteva comprendere quello che era accaduto. Quel ragazzino di dieci anni non immaginava neanche di odiare altri tifosi per una sciocca questione di tifo. Oggi il ragazzino di allora non può che sostenere in modo convinto la missione che hanno assunto gli amici del Comitato per non dimenticare Heysel di Reggio Emilia: coltivare il rispetto tra le persone che frequentano lo sport mantenendo il ricordo dei trentanove tifosi volati in cielo la sera del 29 maggio 1985.
Più trentanove. Rispetto!
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