Al 14 settembre, ore 23.00, aleggia una parola: fallimento.
Il rischio che la stagione appena cominciata sia già finita c'è tutto, perché se è vero che in campionato, visto il reale livello delle avversarie, la distanza dalla vetta è ancora minima e il tempo per recuperare non manca e che in Champions League, confidando in un filotto del PSG prima dell'ultima giornata, ci sarebbe ancora la possibilità di qualificarci come seconda del girone,
non vi è nessuno, neppure i più ottimisti, che ormai non si renda conto che la china presa non può che portarci al tracollo.Non è più una questione di distinguere tra risultatisti e giochisti, tra allegriani e antiallegriani, tra chi lo aveva previsto e chi, invece, si aspettava un (miracoloso) ritorno ai risultati di anni fa:
il secondo corso del tecnico livornese non ha dato nulla di quello che qualcuno sperava.Bisogna prenderne atto, come pare ne stiano prendendo atto i giocatori che nelle interviste post partita ormai sembrano increduli e sfiduciati, senza alcun reale spirito di rivalsa.
Ma il problema non è solo quello e va ad aggiungersi alla
totale assenza della società, tra chi è completamente sparito dai radar, dopo essersi inimicato tutto il calcio europeo in maniera goffa (al di là di come la si pensi sulla Superlega), tra chi ormai si nota più come meme vivente che come dirigente e chi, prima di una partita decisiva, dice, col sorriso sulle labbra, che teniamo il tecnico perché non ci sono soldi per pagare il sostituto.
Una battuta, certo, ma anche una verità, visto che quanto ha detto Arrivabene è quello che ripetono tutti, esperti o meno, quando si parla dell'ipotesi di esonero e che i conti (e il rosso di bilancio da record) sono sotto gli occhi di tutti.
Una società assente, che manda allo sbaraglio allenatore e giocatori nelle interviste e che ormai
si fa prendere a pesci in faccia da Aia e Figc sulla questione “scippo del VAR” , accettando passivamente dichiarazioni allucinanti che suonano come una presa in giro, pure compiaciuta.
Andrebbe azzerato tutto dall'alto da subito, ma forse non si può o, forse, non c'è questa volontà, per motivi che sfuggono alla semplice logica calcistica.
E allora, in attesa di una rivoluzione che non potrà tardare ancora molto,
è necessaria una assunzione di responsabilità chiara da parte di tutti, mettendo sul tavolo i propri ruoli e accettando di rispondere da subito di quello che sta accadendo, senza trincerarsi nelle solite frasi di circostanza sulla stagione ancora lunga e sul recupero degli infortunati storici (che slitta sempre un po' più in là).
Come è stato fatto notare, la questione economica è rilevante, ma non può rendere miopi sulla situazione attuale.
Il tifo, tra questione “curva”, costi folli e spettacolo indecente, continua nel prevedibile allontanamento dalla squadra, con una riduzione degli abbonamenti non compensata dalla vendita dei biglietti per le singole partite (anche ieri si sono visti spazi vuoti in tribuna, con conseguente riduzione degli incassi).
Le sconfitte in Champions costano anche solo come mancato incasso dei premi vittoria (con una perdita molto maggiore dell'incasso di una inutile e dannosa tournée americana, tra l'altro) e una eliminazione ai gironi comporterebbe un nuovo colpo mortale al bilancio che potrebbe non essere molto diverso se non peggiore di quello shock della scorsa stagione (con qualificazione in Champions e ottavi), costringendo ad addii anche più dolorosi di quello di Deligt.
Tralasciamo ogni discorso sul concreto rischio di mancata qualificazione alla prossima edizione, tenuto conto che Milan, Inter, Napoli Roma e Atalanta sembrano ad oggi averne di più, non potendo sempre confidare sul crollo di due avversarie o più, come avvenuto nelle ultime due stagioni.
Il tempo stringe e attendere l'esito degli eventi non può che portare al baratro che si comincia già ad intravvedere. Iscriviti al nostro Gruppo Facebook!
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