Nel mare di commenti legati all’inchiesta “Prisma” della Procura di Torino ci ha sorpreso il
garantismo verso la Juventus da parte di alcuni esponenti del calcio italiano. Lo stupore deriva dal fatto che mai avevamo visto esponenti delle istituzioni sportive assumere posizioni che potevano essere considerate a sostegno della Juventus. Riportiamo alcune di queste significative dichiarazioni per poi alcune nostre considerazioni.
Gravina, presidente della FIGC:
«Non mi piace l’idea di sanzionare alcune realtà, nel caso specifico la Juventus, prima che ci sia un processo. Ci sono delle indagini, ci sono delle acquisizioni di atti, la nostra procura è allertata, ma non conosciamo l’esito e lasciamo andare avanti la magistratura ordinaria: c’è comunque un collegamento tra i due rami di giustizia, aspettiamo cosa emerge dal processo e poi facciamo una riflessione sul sistema, ma ora non colpevolizziamo e sanzioniamo i soggetti prima delle indagini». Prima ancora, evitando di cadere un provocazioni di tifosi napoletani: «E’ vox vostra, non vox populi. Se vogliamo andare sul linciaggio di piazza non è un problema, ma stiamo calmi perché temo che quel tema possa riguardare anche altri soggetti». Sorprendentemente il presidente federale ha risposto anche a Tebas: «Sono arrivate alcune riflessioni e attacchi gratuiti da parte di chi dovrebbe guardare in casa propria e credo siano piuttosto fuori luogo. Siamo a stretto contatto con la Uefa, l’organismo internazionale, aspettiamo il processo e poi tiriamo fuori le conclusioni». Malagò, presidente del CONI:
«Juventus? Bisogna aspettare per dare valutazioni. Non mi accodo a quelli che danno giudizi sommari, né da una parte né dall'altra, è anche giusto evitare campanilismi. Poi vedremo quello che succederà. Io sono un pubblico ufficiale, sarei una persona molto poco seria se dessi un giudizio». Abodi, Ministro dello Sport:
«La situazione della Juventus è soltanto la punta estrema e, per certi versi, anche clamorosa, di un fenomeno su cui non possiamo voltarci dall'altra parte». Premettendo che Gravina e Malagò hanno fatto quello che dirigenti che occupano posizioni apicali nello sport nazionale dovrebbero fare sempre: proteggere il calcio italiano dagli attacchi esterni, come quello inutile e gratuito di Tebas, ed essere garantisti in un momento in cui di certo c’è solo l’atto di chiusura delle indagini e un processo ancora da imbastire; ricordiamo che nel 2006 la Juve fu condannata dalla giustizia sportiva con modi (illecito strutturale), metodi (il sentimento popolare) e tempi (riduzione dei gradi di giudizio e processo lampo) che definire da terzo mondo, sarebbe fin troppo un privilegio.
L’annullamento della Juve tramite calciopoli ha creato un danno enorme a tutto il calcio italiano. Un danno di immagine e un danno economico: da campionato più bello del mondo a quello che raccoglie stelle sulla via del tramonto e ogni anno perde sempre più appeal. I diritti tv si svalutano, le disponibilità economiche diminuiscono e le società, sempre più indebitate, rischiano di fallire. Quindi ci troviamo, nel post calciopoli, in una situazione di crisi post covid, con società sull'orlo del fallimento.
In questo contesto, la Juventus, con quella che è stata una scelta - ribadita pubblicamente anche dall’ex AD Marotta-,
ha reinvestito i proventi destinati al mercato in Italia tenendo in piedi il carrozzone e i bilanci di molte società. Basta vedere gli affari fatti con De Laurentiis, Commisso, Percassi e vedere l’impatto sui loro bilanci, chiedendoci contemporaneamente se dall’estero avrebbero investito le stesse cifre per gli stessi giocatori.
Quindi le prese di posizione che abbiamo riportato non sono una carezza alla Juventus, ma un gesto di tutela per tutto il carrozzone. Forse l'ambiente da calciopoli ha imparato qualcosa, insegnamenti che la dimissionaria dirigenza bianconera ha disperso forse a causa di troppa leggerezza e presunzione.
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