Il calcio è un grande spettacolo e oltre che essere veicolato, si presta a veicolare idee e personaggi a volte in cerca di visibilità. Tra chi racconta il calcio e dovrebbe esserne quindi solo veicolo e non veicolato vi sono i giornalisti al seguito; quelli del servizio pubblico dovrebbero essere i più ligi al dovere di informare in modo più equilibrato e imparziale possibile.
Sulla imparzialità di alcuni dei giornalisti a libro paga di RAI Sport abbiamo più volte disquisito e le perplessità in un senso o nell’altro non si sopiranno mai, crediamo. Di certo non giova l’uso dei social network dai quali molti tra i componenti della redazione sportiva della TV di Stato danno il (meglio del) peggio di sé, rivelando sovente il proprio modo di intendere la mission informativa. Qualsiasi argomento è buono per cercare le “interazioni” di lettori e followers.
A volte un uso sobillante dei profili social è tanto più censurabile quanto più viene meno una sorta di moderazione delle discussioni (interazioni) che si scatenano. Non interessa se gli scambi dialettici sfociano in insulti e se prende piede il tifo più ignorante e becero: tutto serve per tenere i riflettori sul proprio account.
A margine del mondiale abbiamo assistito a scambi di stoccate tra alcuni che a Saxa Rubra sarebbero colleghi e che non perdevano occasioni per screditarsi a vicenda. In questi giorni si è riproposto un duello sulla dignità del lutto. L’occasione è stata la morte di Mario Sconcerti, alcuni dei molti tweet di circostanza non saranno piaciuti ad Alessandro Antinelli che anche senza tirarla direttamente in ballo hanno scatenato la reazione pubblica di Paola Ferrari. Per sintetizzare riportiamo in calce a questo pezzo il duello consumatosi su Twitter tra i due.
Un episodio non nuovo, sempre Antinelli in passato non si sottrasse dal rispondere per le rime ad Enrico Varriale che esprimeva cordoglio per la scomparsa di Ignazio Scardina, contro il quale però aveva testimoniato in tribunale a Napoli (dalla vicenda calciopoli Scardina ne uscì professionalmente distrutto e personalmente segnato anche nella salute). Anche di quello scambio di cortesie riportiamo la schermata.
Quella che ci hanno offerto le penne di mamma RAI è l’immagine di un’informazione alla deriva totale, dove vecchi silurati -qualcuno anche in attesa di giudizio per vicende personali-, con toni e parole inappropriate, anche nel momento doloroso della perdita di un collega, non hanno esitato a sfruttare il momento per rinfacciarsi vecchi rancori e riproporsi in un ruolo che non possono più rappresentare (che non avrebbero mai potuto rappresentare). E la RAI cosa fa? Lascia che lo spettacolo, per quanto triste sia vada avanti. Perché nonostante tutto quei litigi generano a partecipazione, purtroppo anche attraverso gli insulti. E come in un circolo vizioso che si autoalimenta il carrozzone va avanti: «W la RAI, tu dimmi da che parte stai!».
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