Il sistema calcio-Italia ci sembra perdere continuamente credibilità, sempre più indirizzato e, di conseguenza, sempre meno seguito.
La causa principale di ciò sta nel VAR, strumento presentato come antidoto a sospetti e retropensieri molto floridi intorno alla Serie A. Invece un uso affatto rigoroso, sempre interpretativo e discrezionale anche riguardo agli episodi da scegliere per la valutazione, ne hanno fatto un acceleratore di malumori e polemiche.
Come può uno strumento tecnologico di ausilio come il VAR, vedere un fuorigioco di tacco (Kean) e non la presenza di un giocatore (Candreva) che tiene tutti in gioco per metri e annullare un gol decisivo? Con quale criterio si vede un pestone a Lecce e non una palese simulazione a Torino o Milano (i casi di Faraoni e Thuram)?
Su tutto questo, quali certezze può dare Rocchi che commenta gli audio del VAR sul gol di Raspadori del precedente turno di campionato affermando: «Bene il VAR, non è andato fuori protocollo. Ha avuto la forza di non annullare pur sapendo che c'era un errore». Credo non ci sia bisogno di commenti.
Quel criterio interpretativo dell'incertezza lo conferma anche l’audio del gol annullato a Kean, con il Verona, per il fuorigioco di tacchetto: «Se vado indietro di uno è buono, se prendo quello del sistema è fuorigioco». Si sono sprecati nello specificare che il frame preso è quello del sistema. Ma vista la dialettica usata dai varisti, chi ci assicura che in altre occasioni sia stato preso il frame giusto?
Errori, se così vogliamo chiamarli, che in alcuni casi hanno portato a falsare un match, ed in altri sono stati usati per polemizzare.
Ecco, la polemica, l'unica cosa che sembra sostenere il pallone italiano.
Ha senso seguire questo calcio?
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