Chiunque abbia bisogno di visibilità, che sia un politico che nessuno calcola, un ex concorrente di un qualsiasi reality, un attore caduto in disgrazia, un giornalista che nessuno chiama, un calciatore ai margini o un senatore della Repubblica di cui nessuno conosce l’esistenza, deve solo insultare la Juventus e si compie la magia.
È successo così anche qualche sera fa, durante il TG delle 20, quando Enrico Borghi, presidente del Toro Club Parlamento, senatore della Repubblica, ha dichiarato: “La Juve ruba da 50 anni”!.
Un servizio “originale”, da un’emittente che ha fatto della sua politica antijuventina, il punto di forza per quei tifosi che, negli anni, con molta invidia, hanno dovuto assistere ai festeggiamenti juventini.
Fattaccio che si chiude sempre nello stesso modo: dopo l’infelice uscita, un post sui social a giustificare (e a raccogliere le ultime briciole di visibilità) che, in questo caso, si riempie di “ironia” per discolparsi della “battuta” (infelice) con addirittura un richiamo a Churchill (La nostra pagina
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Ovviamente, in modo coraggioso, l’esimio senatore, ha pensato bene di limitare i commenti, così da non permettere un contraddittorio o forse per la paura di ricevere non belle risposte.
Purtroppo, chi approfitta della visibilità della Juventus, trova terreno fertile perché la proprietà bianconera, a partire da Elkann, non ha mai avuto nessun interesse a proteggere l’immagine del club. Lo permettono e chi vuole ne può approfittare.
La società bianconera è SPA quotata in borsa, ci sono azionisti ed altre parti interessate a cui si dovrebbe dare spiegazioni Non è solo calcio! È finanza etica e politica, perché nessuno interviene?
Da tifosi possiamo sentirci offesi, denunciarlo (come facciamo in questo caso con questo articolo), arrabbiandoci per avere rispetto; ma se chi può e ne è titolato se ne disinteressa, tutto il resto serve a poco.
Non ci meravigliamo però se poi arriva la condanna di calciopoli per sentimento popolare, o i processi e le sentenze della scorsa stagione. Il tutto è la semplice conseguenza di quello che viene permesso.
Spesso definiamo l’Italia il “paese delle Banane”, ma uscite “ironiche” come quelle del senatore Borghi, in fondo, ci fanno capire anche il perché di questa definizione.
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