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Farsopoli di F. ZAGARI del 13/04/2010 07:27:10
Un calcio alla giustizia

 

Fra poche ore all'interno dell'aula 216 del Tribunale napoletano conosceremo, ed ufficialmente, il contenuto delle telefonate intercorse tra Paolo Bergamo, allora designatore dell'Aia, e altri, tra cui il presidente dell'Inter Massimo Moratti.
In questi giorni, a torto o a ragione (dipende dai punti di vista), si sono susseguite indiscrezioni, discussioni forumistiche e i soliti titoli "gazzettari" di quasi un lustro fa, con una sostanziale differenza: allora si gridava allo scandalo, mentre oggi, e vergognosamente, si sussurra che era lecito.
Allora, per telefonate solo utili a riempire le "nuvolette" dei fumetti, fu condannata la Juventus, e non per i contenuti delle stesse, ma per il rapporto amichevole tra Moggi e i designatori.
Facciamo subito un punto. Che Moggi avesse rapporti di abitualità con i designatori è stato assodato, che questo lo si possa vedere come poco etico possiamo discuterne, ma che il codice di giustizia sportiva lo vietasse è una barzelletta. Solo dopo l'aborto giuridico consumato nelle stanze dello Stadio Olimpico fu introdotto il veto di tale condotta nella scrittura del nuovo testo (Art.1 comma 4).
Detto questo, la Juventus fu condannata per illecito sportivo, come se dei rapporti conviviali fossero automaticamente tramutabili in rigori di favore, arbitri di comodo e via dicendo. Perché di partite truccate, mazzette o quant'altro ne stiamo ancora aspettando le prove.
Oggi, e dopo le indiscrezioni uscite, leggo che, anche fosse vero che Moratti telefonava a Bergamo, non c'è infrazione del regolamento. Affermo: lo condivido in pieno.
Leggere: «Mi hanno strizzato l’occhio (i guardalinee) ... », oppure: «Vediamo di fare dieci risultati partite utili di fila, eh!» , e ancora: «Le devo fare una confidenza», sono sicuramente peggiori delle telefonate intercettate a Luciano Moggi, ma fino a quando resteranno tali senza un'inchiesta che ne accerti responsabilità ed eventuali illeciti non posso non considerarle chiacchere da bar, come chiacchere da bar ho sempre considerato "l'arbitro chiuso nello spogliatoio".
Non conosco il numero delle telefonate che verranno rese note in giornata, né il loro effettivo contenuto, quello che penso è che siano dati ininfluenti (a meno di clamorosi sviluppi), perché bisogna focalizzare l'attenzione su un punto ben preciso: telefonavano tutti, indistintamente.
Di conseguenza mi tornano alla mente tante cose. Come ad esempio questa dichiarazione: "Anche se in molti non concorderanno con me, lo scudetto dell' anno scorso è perfino superiore, è stato uno dei titoli più belli, conquistato contro il malaffare che ha dominato il calcio per dieci anni. Questo è il secondo scudetto che vinciamo senza rubare, quello del 2005-06 lo abbiamo ricevuto perché rubavano gli altri" (Massimo Moratti); oppure questa: "A Giacinto Facchetti con tutto l' affetto possibile. Mi è molto mancato per la sua capacità nei rapporti con la squadra e con la stampa. C' è molto di lui in questo scudetto, perché è un esempio, anche se non c' è più, di pulizia" (Massimo Moratti); e ancora: "Il 5 maggio? Beh, il 5 maggio se non ci fosse stata quella banda di truffatori avremmo vinto con qualche punto di vantaggio" (Massimo Moratti).
Ora. Secondo quanto emerso in questi giorni riporto testuale una frase del presidente neroazzurro: "Non c'è neanche da sottolineare questo ribaltamento ridicolo, che offende e che non ci lascia per niente indifferenti perché è veramente una cosa brutta e vergognosa". Domando: cos'è vergognoso? Che la Juventus fu retrocessa, privata di due scudetti e condannata dopo aver cancellato un grado di giudizio? Oppure è vergognoso, a distanza di quattro anni e dopo aver dichiarato in tempi non sospetti "Io non ho mai parlato con i designatori", che l'Inter non sia stata punita?
Delle due l’una: o queste telefonate le facevano tutti, Moratti compreso, e non costituiscono illecito sportivo (come sostengo, codici alla mano, da sempre), e quindi vanno riconsegnati i due scudetti alla Juve, la dignità e le scuse di tutto il mondo pallonaro e non; oppure costituiscono reato, pari, pari a quello comminato alla Juventus, e di conseguenza vanno annullati gli ultimi cinque campionati, revocati i quattro scudetti degli indossatori, e fatti saltare dalle loro comode poltrone tutti coloro che, salendo sul carro dell'Italia (bianconera) campione del Mondo, si sdegnavano e chiedevano che i colpevoli fossero puniti.
Ma nonostante questo fonti degli inquirenti che hanno condotto l'inchiesta napoletana sugli illeciti nel mondo del calcio, in questi giorni hanno così commentato: "Le vittime non possono essere trasformate in autori del reato". Gli inquirenti, cioè coloro che svolgono le indagini, che si ergono a giudici, sentenziando colpe, colpevoli e vittime. Poi è normale che anche ad Oliviero Beha venga da dire: "Sono quattro anni che ci prendono in giro".
E come dimenticare la falsa dichiarazione del Pubblico Ministero Giuseppe Narducci: "Piaccia o non piaccia agli imputati non ci sono mai telefonate tra Bergamo, o Pairetto, con il signor Moratti, o con il signor Sensi, o con il signor Campedelli. Ci sono solo quelle persone, perché solo quelle colloquiavano con i poteri del calcio. I cellulari erano intercettati 24 ore su 24: le evidenze dei fatti dicono che non è vero che ogni dirigente telefonava a Bergamo, a Pairetto, a Mazzini, o a Lanese: le persone che hanno stabilito un rapporto con questi si chiamano Moggi, Giraudo, Foti, Lotito, Andrea Della Valle e Diego Della Valle". Forse anche a Lui era "sfuggito" qualcosa.
E la Juventus "elkaniana" dov'é? Quella sorridente proprietà che in quella maledetta estate mancò di dovere nei confronti degli azionisti, dei tifosi e del proprio passato, salariando lautamente il Dott.Zaccone per chiedere, come pena congrua, la serie B, e che ora, vergognosamente, comunica attraverso il sito ufficiale che allora fece di tutto per difendere una storia nata nel 1897.
Quello che sta emergendo dal processo penale non è altro che lo specchio del Paese, dove la giustizia fonda le inchieste sulle cronache dei giornali, e la famosa, anzi fumosa, tesi sulla cupola moggiana che avrebbe condizionato i campionati di calcio viene giorno dopo giorno ridicolizzata dagli stessi testi dell'accusa.
Sir Arthur Wellesley, 1° duca di Wellington, disse: "Spero, con l'aiuto di Dio di aver combattuto la mia ultima battaglia. È una brutta cosa stare sempre a combattere. Nel folto del combattimento sono troppo occupato per avere una sensazione qualsiasi; ma una sensazione di sciagura sopravviene immediatamente dopo. È quasi cosa impossibile pensare alla gloria. L'intelletto e il sentimento sono entrambi esausti. Mi sento uno sciagurato anche nel momento della vittoria, e sempre sostengo che, dopo una battaglia perduta, la più grande iattura umana è una battaglia vinta" .
Nella mia personalissima battaglia, finalmente vinta, sono riuscito a dare un calcio al mondo del pallone, ma la più grande iattura è stato darne uno anche alla giustizia.


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