Inchiesta/Intervista di N. REDAZIONE del 16/05/2010 11:56:10
L’aggravante della faziosità e del partito preso.
Seconda parte
Concorderà che le notizie sono "informazioni nuove". Che cosa prova quando sente suoi colleghi che ancora si ostinano a cercare il consenso e a spacciare per informazione argomenti che anche al bar dello sport sono considerati di seconda o terza mano?
Ci sono “notizie” vecchie e risapute che, di tanto in tanto, riemergono come nuove, presentate magari come scandalo inedito. In qualche caso c’è l’attenuante dell’ignoranza, in molti altri l’aggravante della faziosità e del partito preso.
Per quello che quotidianamente i media riportano sull’argomento Calciopoli, Lei crede che oggi l’interesse sia quello di cercare la verità?
La “verità” è materia sfuggente, che non deve essere chiesta a giornalisti e commentatori che, se onesti, possono, al più, esporre quel che sanno e quel che pensano. Esiste, però, la “verità processuale”, che attendiamo dalla giustizia. Solo che ce la fanno attendere così a lungo che, nel frattempo, se non siamo defunti, ci siamo dimenticati la domanda.
La Stampa è di proprietà Fiat, Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport sono facenti parte del gruppo Rcs-MediaGroup, nel cui azionariato è presente con una quota pari al 10,4% la Giovanni Agnelli & C. S.A.p.A., e nel cui CDA sono presenti, tra gli altri, John P. Elkann e Franzo Grande Stevens. Non è singolare che i primi attacchi alla Juventus siano giunti proprio da questi organi di stampa?
E’ stata formulata l’ipotesi che si sia trattato di un regolamento di conti interno a quel gruppo. Non ne ho idea, non lo so. La mancanza di editori puri, purtroppo, è uno dei sintomi della stortura italiana.
Quando l'Avvocato Gabetti fu investito dallo scandalo equity swap, John Elkann dichiarò "inopportuno" prendere provvedimenti, dichiarando fiducia ed attendendo gli esiti dell'inchiesta. Quando la vicenda Margherita relativa all'eredità Agnelli finì sotto l'attenzione mediatica, John Elkann dichiarò "inopportuno" parlarne sui giornali e infangare la memoria del nonno. Quando però i giornali, dossierando illegalmente e pubblicando le intercettazioni telefoniche su Moggi violando il segreto istruttorio, fecero scoppiare lo scandalo calciopoli, John Elkann dichiarò "opportuno" che si valutasse nelle giuste sedi, ma nel frattempo scaricò l'ex dirigenza juventina senza attendere gli esiti dell'inchiesta. Ritiene che questo le dia l'"opportunità" di fare qualche riflessione in merito?
Ciascuno reputa opportuno o inopportuno quello che gli pare. E’ la distanza temporale fra l’accusa e la sentenza che genera mostri. In un caso come nell’altro.
Riguardo a Calciopoli molti (anche all'interno della nostra Associazione) hanno suggerito chiavi di lettura differenti riguardo alla sua genesi: l'Inter, Telecom, i partiti di sinistra, i partiti di destra, i giornali, il sentimento popolare. I più attenti, però, hanno spostato l'attenzione sulla faida interna alla famiglia Agnelli. Il 17 luglio 2006, a seguito della sentenza della Corte d'Appello Federale, l'Avv. Zaccone (legale della Juventus) dichiarò: "I tifosi possono dire e pensare ciò che vogliono, io rispondo ai miei clienti, che sono pienamente soddisfatti del mio lavoro". C'è da pensare male se si crede che la proprietà fu parte attiva dell'"assassinio" della Juventus?
Ho già detto di avere sentito questo genere di tesi, ma non ho alcun elemento per formulare ipotesi non orecchiate.
Un paio d'anni fa dichiarò che l'inchiesta Telecom, per legge, sarebbe dovuta essere già chiusa, e che per riparlarne avrebbe aspettato la fine del procedimento. Sono passati sette anni e il procedimento è ancora aperto, con i tempi ragionevolmente brevi che sono andati a farsi benedire; la giustizia italiana uscirà masi da questa situazione stagnante?
Non senza riforme profonde, che siano fatte senza stare a sentire gli egoismi corporativi e le cecità giustizialiste. Anche quell’inchiesta dimostra che l’inaccettabile inciviltà della giustizia italiana è una gran pacchia per i colpevoli.
Marco Tronchetti Provera, ai soci minori che puntavano il dito contro i giornali critici contro il gruppo, ha di recente dichiarato: "Non esistono e non sono mai esistite intercettazioni, ma sui giornali ci sono logiche e interessi". Lei su cosa punta il dito?
Lo disse anche Guido Rossi: sfido chiunque a dire che ci sono state intercettazioni, se lo farà lo denunceremo. Io lo scrissi: il mio computer è stato intercettato, i miei documenti portati via per il tramite del cavo telefonico. Non ho avuto notizie di denunce a mio carico. Ed è l’unico caso in cui non me ne rallegro.
Al termine della sua lunga testimonianza nell'ambito del procedimento sui dossier illeciti, Marco Tronchetti Provera ha parlato, tra l'altro, dell'incursione della struttura interna di Telecom a Rcs per dire che, se fosse stato avvisato per tempo di tutti i sospetti che circolavano avrebbe potuto agire molto tempo prima. Nello stesso tempo, però, afferma che Giuliano Tavaroli, capo della security, prima in Pirelli poi in Telecom, gli aveva parlato del misterioso Oak Fund, che gestiva quattrini riconducibili a D’Alema. Lui, Tronchetti Provera, dice di avere dato una risposta ineccepibile: si rivolga alla procura della Repubblica. In entrambi i casi non trova il solito pressapochismo?
No, guardi, il dottor Marco Tronchetti Provera non è mai stato neanche indagato, sicché sarebbe singolare fargli un processo a mezzo stampa, visto che neanche la procura ha formulato ipotesi d’accusa. Si deve distinguere il giudizio sull’operato manageriale da quello penale, che in questo caso neanche esiste. E si deve attendere, perché una volta chiuse (ingloriosamente e tardivamente) le carte processuali nessuno vieta che si lavori ad un racconto meno approssimativo di tutta la storia. Anche quella non scritta.
Una multinazionale italiana è stata scalata e spolpata; il frutto della scorribanda è andato all’estero, per la semplice ragione che gli scalatori erano esteri; lo scandalo evidente è stato occultato, ma, in compenso, ne sono stati inventati di ridicoli; Tronchetti Provera comprò Telecom all’estero, e la fece tornare italiana, non riuscendo, però, a tenerla in equilibrio, quindi ulteriormente provvedendo a impoverirla; la società, creata con i soldi degli italiani, è oggi ridotta in macerie; per giunta, i suoi soldi sono serviti anche a pagare un gruppo di voraci spioni; con la ciliegina sulla torta: il processo relativo finirà in burletta. I cittadini italiani, però, si fomentano per una telefonata, per una millanteria o per qualche malafemmina, nel mentre la ricchezza fugge sotto al naso degli scemi (tanti) e dei conniventi (selezionati). Questo Paese tornerà mai ad avere il senso dell'educazione civica?
Con la giustizia in queste condizioni, non sarà facile.
Calciopoli, a prescindere dall'esito finale, rimarrà un pagina nera della storia italiana; sia per come si sono svolte le indagini sia per come è stato presentato all'opinione pubblica. Di frodi sportive, ad oggi, non ne abbiamo potuto constatare l'esistenza, mentre è risultato evidente un fare, da parte di tutti, poco conforme con i principi dello sport; in soldoni: si è condannato il peccato e non il reato. Lei che ne pensa?
Per l’inchiesta specifica occorre attendere la fine, la sentenza inappellabile. A quel punto sarà possibile trarre un bilancio giudiziario. Dal punto di vista della vita collettiva è già fallimentare, perché gli effetti dell’accusa, fondata o infondata che sia, hanno largamente preceduto la sentenza. E non è il solo caso, naturalmente.
Il 17 febbraio del 1992 cambiò radicalmente la storia del nostro Paese, e con essa anche l'opinione pubblica, trascinata a giudicare dal potere dei media. Come lo vede il futuro?
Viviamo ancora l’agonia di quei tempi, con una vita pubblica che sfido chiunque a considerare più sana e morale. Molti accusati di allora si sono dimostrati innocenti, ma dopo avere subito il linciaggio. La giustizia, del resto, è ulteriormente peggiorata. E’ un quadro fosco, lo so, ma so anche che rimediare e rimettere il treno sui giusti binari non sarebbe difficile, se solo lo si volesse.