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Articolo di L. BASSO del 18/02/2010 07:30:15
LE MANI NERE - Capitolo 2. Sunday Bloody Sunday

 

L'uomo venuto dal nulla non era né giovane né vecchio. Era senz'altro un uomo molto distinto, ed il suo loden fuori moda denotava uno stile ormai abbandonato dalla maggioranza delle persone. Sul bavero portava una spilla, forse un cameo, con il disegno dello stemma di un antico team di Quickball sporcato dalle impronte di due mani nere.
Il Presidente si chiese che significato avesse quel distintivo; ricordava bene cosa fosse lo stemma sottostante, e gli sembrava che le due mani nere fossero le impronte lasciate intenzionalmente da un vandalo, oppure casualmente da un ladro, da un malfattore...
"Amico mio... Tu forse puoi dire di non conoscermi, ma sai bene come io conosca te... Tu sei il Presidente, quello stimato, quello onorato... Uno di quelli -come diceva quel libro?- ah già, "che amano i primi posti nei banchetti e nelle sinagoghe"... Ma mi sembra che i tuoi premi non siano così puliti, come mai?"
Il Presidente guadagnò la scrivania e premette più volte il pulsante per richiamare la security.
"Non so chi lei sia, se volesse rapinarmi, sappia che è fottuto... Tra poco gli agenti saranno qui e..."
Si interruppe, notando con disgusto che il sangue che gocciolava dai trofei aveva già formato una notevole pozza che gli bagnava le scarpe.
L'uomo scosse la testa... "...tsk,tsk... gli agenti? Ma mio buon amico, non sai che siamo soli io e te qua dentro? Appunto per questo mi ero preso la libertà di invitare qualcuno..."
Il Presidente si voltò, seguendo lo sguardo dell'uomo, e vide che dalle coppe il sangue non gocciolava più, ma dava l'impressione di coagularsi in forme dapprima indistinte, poi sempre più nitide.
Tremendamente più nitide.
"Vedi, caro amico... Tu ed io sappiamo cosa hai dovuto fare perché la tua squadra diventasse "invincibile"... Semplicemente toglierti dai piedi la concorrenza. E così, per spianare la via alla tua squadra, hai smantellato le squadre concorrenti con ingannucci e truffe, hai distrutto la vecchia “Associazione dei Club” facendola passare per un ricettacolo di corrotti e l’hai sostituita con una Federazione fantoccio, guidata da uomini di tua fiducia... Hai persino messo alcuni tuoi uomini a capo di altri Team col compito di creare un Campionato farsa e mantenerne il dominio... Peccato che tutte queste manovre alla fin fine hanno creato un clima insopportabile nel mondo del Quickball... Tutti lamentavano di essere vittime di raggiri, scaldavano le menti ingenue di tanti tifosi che si sentivano autorizzati a farsi giustizia da sé..."
I grumi di sangue avevano raggiunto una forma antropomorfa, e camminavano ciondolando verso il Presidente, accerchiando da ogni direzione l’uomo elegante e l’altro, ormai sopraffatto dall'orrore.
"E così" continuò l'uomo "abbiamo Alex, ucciso dalla Guardia Federale intervenuta per sedare una rissa... Matt, travolto da un'auto di tifosi avversari... Phil, Guardia Federale massacrato a sprangate... Adam, impiegato che non aveva abbastanza devozione per tacere su certi lavori sporchi... Mark, picchiato a sangue per difendere il figlio che indossava la sciarpa sbagliata..."
"Basta, basta, andate via, via tutti! Io non c'entro nulla, non c'entro nulla... Non sono stato io, non sono stato io! Papà, papà, dove sei... Aiutami!"
I nervi del Presidente avevano ceduto di schianto; in ginocchio sul pavimento lordo di sangue piangeva come un bambino coprendosi il viso con le mani.
La mano dell'uomo venuto dal nulla lo aiutò a rialzarsi, mentre tremante singhiozzava tirando su dal naso.
Gli "zombie" formati dal sangue sembravano essersi dissolti, ma tutto l'ufficio sembrava il teatro di un'assurda tonnara sulla terraferma, il luogo di una spietata mattanza senza più i corpi delle vittime... Ogni cosa gocciolava stille rosse e dappertutto un odore dolciastro che prendeva alla gola.
"Su, coraggio, riprenditi, amico mio... Beviamo qualcosa..."
Da una tasca interna del loden l'uomo trasse fuori una bottiglia di Champagne pregiato, sotto gli occhi sempre più assenti e disorientati di colui che solo dieci minuti prima era un potente uomo d'affari che fantasticava sui seni di una giornalista dell'Olo-Tv.
In quella scena così irreale solo la bottiglia che l'uomo reggeva in mano gli sembrava un ultimo contatto con la realtà. Una bottiglia di quelle che costano mezzo stipendio di un operaio comune, una bottiglia come quelle che lui era solito stappare una sera sì ed una sera no per festeggiare qualche successo nello sport o negli affari, o anche solo per ravvivare un festino privato.
Stasera, invece, la stappava quell'uomo sconosciuto davanti a lui, in questa versione da grand-guignol del suo ufficio, e lui non osava staccare gli occhi da quell'etichetta in francese che costituiva l'ultimo contatto con la realtà.
L'uomo sollevò solennemente la bottiglia e lasciò cadere il liquido in una coppa di cristallo che reggeva con l'altra mano.
Purtroppo, invece che del consueto liquido giallo paglierino dal perlage fine, la coppa si riempì di rosso e caldo sangue, e l'orrore si aggiunse all'orrore quando il viso affabile dell'uomo si trasformò in un ghigno beffardo mentre gli porgeva il macabro drink: "Coraggio, amico... Bevi... Bevi..."
Un urlo.
Il buio.
Quando riprese conoscenza, era sdraiato sul pavimento del suo ufficio.
Madido di sudore, il cuore che batteva forte nel petto... Si toccò la tempia, si guardò le mani; su di esse non c’era traccia di sangue.
Si rialzò in piedi e si guardò intorno: l'ufficio era perfettamente pulito, ordinato, asettico come ogni giorno.

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