Il Campionato di Calcio di serie A 2008-’09 ha visto classificarsi prima l’Inter (84) davanti alla Juventus, che ha superato in virtù degli scontri diretti il Milan a pari punti (74). Da segnalare nella compilazione dei calendari l’assenza di teste di serie. In campionato l’Inter ha preceduto al momento della sosta natalizia la Juventus di sei punti e il Milan di nove, ma le inseguitrici non hanno approfittato del calo di risultati dei campioni d’inverno alla ripresa del campionato, che li ha visti prevalere con due giornate di anticipo. La squadra bianconera è stata semifinalista in Coppa Italia ed è giunta agli ottavi di finale di Champions League, eliminata con una sconfitta (1 a 0 a Londra) e un pareggio (2 a 2 a Torino) dal Chelsea. Il 21 ottobre 2008 la Juventus ha superato in casa 2 a 1 il Real Madrid, bissando il successo al ritorno in una gara che sarà ricordata come l’ultima impresa della Juventus della Triade. Real Madrid 0 - Juventus 2 Reti: 17’ pt e 21’ st Del Piero. Real Madrid: Casillas; Sergio Ramos, Cannavaro, Heinze (36’ st Saviola), Marcelo; Sneijder (19’ st Higuain), Diarra, Guti; Raul, Van Nistelrooy (36’ st Van der Vaart), Drenthe. A disposizione: Dudek, Michel Salgado, Javi Garcia. All. Schuster. Juventus: Manninger; Mellberg, Legrottaglie, Chiellini, Molinaro; Marchionni, Sissoko, Tiago, Nedved; Del Piero (47’ st De Ceglie), Amauri (37’ st Iaquinta). A disposizione: Chimenti, Ariaudo, Rossi, Camoranesi, Giovinco. All. Ranieri. Arbitro: Vink (Olanda). Ammonizioni: 28’ pt Sissoko, 30’ pt Drenthe, 34’ pt Legrottaglie, 5’ st Van Nistelrooy, 32’ st Mellberg. Le reti di Alessandro Del Piero resteranno impresse nella memoria come l’ultimo capolavoro del Capitano Juventino, che ha posto la firma su una carriera notevole con una delle sue celebri punizioni, autentico a solo di un’orchestra che ha eseguito il 5 novembre 2008 la sua ultima sinfonia. La standing ovation tributata dal pubblico del Bernabeu, che ha fatto ipnoticamente alzare in piedi anche me per battere le mani con gli occhi velati dalle lacrime, è l’ultima immagine di un pezzo di storia della Juventus che ci ha regalato tutte le emozioni possibili e immaginabili per una squadra di calcio. Il canto del cigno che in una serata ancora magica ha acceso di luce di stelle due squadre non all’apice della gloria, ma sicuramente degne dell’aristocrazia del calcio. Che avrebbero intrapreso entrambe in un futuro ormai prossimo strade divergenti e irte degli ostacoli della delusione. In misura diversa logorate da una gestione impazzita. Fuori controllo, funestata da schegge di un delirio di onnipotenza a base di sperpero di milionate di euro e arrogante incompetenza. La sera del 5 novembre 2008 ci ha regalato l’ultimo sogno bianconero. Grazie, Capitano. Avrei voluto vederti appendere gli scarpini al chiodo al tuo ritorno negli spogliatoi. Sarebbe stata la gioia che fa male più della malinconia, ma un ultimo atto vissuto da eroe. Invece non hai voluto slegare l’abbraccio che ti lega alla Signora. E nonostante i tuoi record, che ti hanno permesso di entrare nell’olimpo dei calciatori più rappresentativi della Juventus di tutti i tempi, le pagine scritte da quella sera in poi hanno raccontato di una lenta e inesorabile agonia. Durante il girone di ritorno si è finito di giocare l’ultimo tempo, siamo entrati in zona Cesarini. E consumando i minuti di recupero si è chiuso definitivamente un ciclo, forse addirittura un’epoca. Sono stati mesi decisivi nei quali è avvenuto l’epilogo di una lenta e inesorabile eutanasia. La Juventus della Triade, ma in senso più ampio la Juventus di Gianni e Umberto Agnelli ha vissuto la sua fine. Il prodigioso anno del ritorno in serie A, povero di titoli, ma ricco di entusiasmo e protagonismo non si è ripetuto. Nonostante il risultato finale abbia visto addirittura la Juventus seconda in campionato migliorare il terzo posto dell’anno precedente, l’atmosfera che si è respirata non è stata la stessa. La stagione si è chiusa con l’esonero anticipato di Ranieri, chiesto a gran voce dai tifosi. Sul quale è gravata l’ombra di incomprensioni e disaccordi con lo spogliatoio, che è sembrato essersi diviso. Un sottobosco di notizie mai trapelate prima. Quando a dirigere la Juventus c’era una proprietà autorevole e una dirigenza forte. Le due ultime partite hanno visto Ciro Ferrara sedere in panchina, ma ci si aspettava che l’estate portasse un nuovo allenatore. Invece ad arrivare sono stati Diego e Melo, che insieme ad Amauri avrebbero dovuto cambiare il volto della squadra, regalandole un profilo nuovo e un gioco spumeggiante. Un tocco brasiliano. Ciro, auspicato da molti traghettatore, per allontanare definitivamente Claudio Ranieri, responsabile per conto mio di due mancati tricolore nella bacheca bianconera, ha imbracciato il timone ed è diventato il nocchiero. Sebbene alla sua prima esperienza da allenatore. Come si spiega un tale comportamento da parte dei dirigenti juventini? In marzo i giornali avevano parlato di un incontro tra Jean Claude Blanc e Marcello Lippi, i quali avrebbero consumato la famosa focaccia di Recco, risultata indigesta per i colori bianconeri. L’accordo avrebbe dovuto mirare a condurre l’ex allenatore della Juventus e allenatore della nazionale azzurra a Torino in veste di Direttore Sportivo, ma nella stagione immediatamente successiva ai mondiali d’Africa. Lasciando di fatto una serie di cariche vacanti o ad interim. E’ avvenuto così che per dare tono alla difesa e con la pretesa di rinforzare le fasce siano arrivati Grosso, che non ha risolto alcun problema neppure dopo la cessione in prestito di Molinaro allo Stoccarda nella sessione invernale di calciomercato e Caceres, su interessamento del manager Fonseca, vecchia conoscenza della Juventus, direttamente dal Barcellona dove era poco utilizzato, il quale ha fornito buone prove prima di sprofondare nell’ingorgata infermeria bianconera. Ma soprattutto ha fatto scalpore il ritorno di Cannavaro, invero non salutato da tutta la tifoseria con gli onori che dovrebbero tributarsi a un campione del mondo e Pallone d’Oro. Vuoi per il tradimento del 2006. Vuoi per la non tenera età. Ma soprattutto perché l’ultima delle sceneggiate alle quali la Juventus avrebbe dovuto prestarsi avrebbe dovuto essere un progetto, per dirla con Blanc, che tenesse conto degli interessi della nazionale, a causa dell’atteggiamento tenuto dalla FGCI nell’affaire calciopoli. Il Campionato di Calcio di serie A 2009-‘10 si è concluso con il quarto scudetto consecutivo ai nerazzurri, il quinto contando anche quello assegnato a tavolino. L’Inter ha sprecato un vantaggio consistente, facendosi rimontare da una Roma tenace nella serie di risultati utili conseguiti, alla guida di Claudio Ranieri, che qui ha trovato per una stagione l’ambiente giusto e una squadra in parte forgiata dal lavoro di Spalletti. Tuttavia io non sono di quelli che rimpiangono l’allenatore del Testaccio. La filosofia del non vincere per non perdere adottata sulla panchina della Juventus non gli è valsa la mia stima. Tanto meno il suo atteggiamento pago dell’avere soddisfatto le richieste dei massimi vertici della Juventus, che consistevano nel raggiungimento della qualificazione in Champions. Vestire la maglia bianconera, sedere sulla panchina bianconera significa dare di più, senza che ti venga chiesto. Realizzare il massimo, forse addirittura l’impossibile, accordare gli strumenti di un’orchestra per un’esecuzione che non sia solo perfetta, ma ispirata e foriera di emozioni. Con lui si è rotta l’armonia, è venuta a mancare la melodia, si è compromesso il ritmo del battito cardiaco di una squadra che aveva solo bisogno di credere in se stessa fino in fondo. Con Ranieri i senatori hanno anticipato il declino e i giovani non hanno spiccato il volo. Il fiato si è spento in una poco edificante rottura tra giocatori e tra giocatori e allenatore e tra allenatore e dirigenti. In una diatriba per un pugno di euro. Poco elegante e non in sintonia con lo stile presunto del mister e della società bianconera. La Juventus ha collezionato quindici sconfitte, ma diciannove considerando anche le altre competizioni, eguagliando i record negativi del campionato 1961-’62. Numeri che danno la cifra esatta di una stagione da dimenticare. La stagione degli innumerevoli record negativi. Nel corso della quale a Ciro Ferrara è subentrato tardivamente Alberto Zaccheroni. E si è visto rientrare nei ranghi dirigenziali Roberto Bettega, uscito indenne da calciopoli. A Roberto va tutto il mio affetto e tutta la mia ammirazione per il campione che è stato e per l’amore dimostrato nei confronti della Juventus. Un amore che ha vinto l’umiliazione di essere stato cacciato, autentico e puro: l’amore di una vita spesa per i colori bianconeri. Bobby-gol non si è tirato indietro e ha raggiunto la Signora, che tanto anelava qualcuno che l’amasse davvero. Il volto pulito e dolente di Roberto meriterebbe di sorridere ancora, invece è stato nuovamente escluso dai piani futuri della Juventus. Durante la stagione 2009-’10 sono stati commessi molti errori. Non è possibile acquistare Diego senza supportarne il gioco. Puntare su un trequartista e sognare il gioco dei Blaugrana solo perché fa tendenza. Il Barcellona è il frutto di un lavoro che dura da anni. Il suo gioco si regge su un esercizio continuo e una mentalità di squadra impossibili da improvvisare. Guardiola ha rappresentato una sfida vinta che non si può semplicemente copiaincollare. La Juventus 2009-‘10 è apparsa un’opera incompiuta. Che cosa dovrebbe essere la Juve non sono certa che lo sappia né lo abbia imparato in questi anni qualcuno che avendola ereditata controvoglia si è ritrovato tifoso per caso. E nemmeno un signore francese abituato a organizzare tornei di tennis e corse nei deserti. Questa gente non ha avuto a cuore il futuro della Juventus. E nemmeno il suo passato. Non ha fatto nulla di sensato per aprire un ciclo vincente. Non si è preoccupata di recuperare un pezzo di storia che si è lasciata portare via senza difendere. Durante il cda del 19 maggio 2010 è diventato ufficialmente Presidente della Juventus Andrea Agnelli. Il quarto Agnelli, dopo il nonno Edoardo, il padre Umberto e lo zio Gianni, a rivestire questa carica. Andrea ha deciso di imprimere una svolta ai progetti precedenti e ha scelto Giuseppe Marotta come Direttore Generale, Fabio Paratici come Coordinatore dell’area tecnica e Luigi Delneri come allenatore. Jean Claude Blanc è rimasto come Amministratore Delegato. Fuori dallo staff tecnico-dirigenziale Alessio Secco, Roberto Bettega e il capo degli osservatori Renzo Castagnini. La stagione 2010-’11 si è aperta con una rivoluzione quasi totale, che ha ampiamente modificato la rosa dei giocatori. E’ stato dato l’addio al precedente progetto imperniato su Diego, ceduto al Wolfsburg. E’ arrivato Storari, per supportare il ruolo del portiere che i problemi alla schiena e le voci di una probabile partenza di Buffon rendevano a rischio sicurezza. Lo stesso Buffon è rimasto insieme con il Capitano Alessandro Del Piero l’estremo baluardo dell’eredità della Juventus della Triade, con le partenze di Zebina, Trezeguet e Camoranesi. In rosa anche Martinez, Rinaudo e Traoré. In attacco è arrivato Quagliarella. Considerato un ripiego dopo le trattative sfumate per Di Natale e Borriello, ha invece mostrato di essere un’ottima soluzione fino al momento dell’infortunio, quando sembrava che la Juventus si avviasse a trovare un assetto di squadra e di gioco, grazie alle buone di prove di Aquilani e agli innesti di Pepe, ma soprattutto di Milos Krasic, il giocatore che in virtù della notevole somiglianza fisica e delle volate rapide e agili sul campo a dribblare gli avversari, sembra destinato a raccogliere nel cuore dei tifosi l’eredità di Pavel Nedved. Il reparto difensivo si è avvalso degli arrivi di Bonucci e Motta, spesso non in grado di garantire continuità. Una Juve costruita per esprimere gioco puntando sulle fasce, ma che ha dovuto fare i conti con i soliti infortuni. A farne le spese De Ceglie, Chiellini, ma soprattutto Quagliarella, che ha costretto Marotta a diversificare i piani per il mercato di gennaio ricorrendo al veterano Toni, che non ha demeritato e soprattutto a Matri, che ha subito dimostrato di essere a torto poco amato dalla tifoseria cagliaritana, inserendosi in squadra con un rapporto ottimo e costante con il gol. E’ arrivato anche Barzagli a rinforzare la difesa e sono stati ceduti in prestito Lanzafame, Amauri e Legrottaglie. Melo è apparso recuperato, anche sotto il profilo caratteriale. Stagione piuttosto altalenante invece per Marchisio, forse a causa dei continui mutamenti di posizione dettati dalla contingenza. Presente Del Piero, disposto a firmare in bianco il contratto pur di rimanere per sempre accanto alla Signora. Deludente Buffon, spento quanto a lucidità e carisma e discontinuo e insicuro nel ruolo che lo ha consacrato in passato numero uno al mondo. Una Juventus ancora tutta da scoprire, costruita con oculatezza gestionale da parte di Marotta, che si è dedicato a disfarsi dei contratti onerosi di qualche stella e ha optato spesso per la formula del prestito con diritto di riscatto, è stata fermata dalla Befana. Partito il campionato con una sconfitta di misura a Bari ed evidenziati i problemi della difesa, la squadra ha inanellato tredici risultati utili consecutivi, ma il 6 gennaio 2011, nel corso di Parma Juventus, Quagliarella si è infortunato gravemente al minuto tre. Rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio destro, con una tempistica per il rientro di 4-6 mesi: stagione finita. E’ iniziato il replay del film già visto l’anno scorso, con i bianconeri che si sono smarriti e hanno cominciato a perdere le partite con le cosiddette piccole, innervositi spesso dalle solite controverse decisioni arbitrali. Ricordiamo quella che sul finire del primo tempo di Roma Juventus 1 - 1, girone di andata, ha provocato a tempo scaduto la ripetizione di un calcio di punizione che si è trasformato in un rigore. L’unica, magra soddisfazione della stagione è rimasta ancora una volta la vittoria nel girone di ritorno sull’Inter (13/02/2011, 1 - 0 con rete di Matri al 74’) e sulla Roma (03/04/2011, 2 - 0 con reti di Krasic al 60’ e Matri al 30’). Abbastanza mortificanti le eliminazioni dall’EL nello stadio ghiacciato di Poznan e dalla Coppa Italia ai quarti di finale dalla Roma. La vittoria con la Lazio ha riaperto le speranze di qualificazione in CL. Critiche sono piovute sulla gestione manageriale, sulla campagna acquisti troppo radicale e sulla scelta dell’allenatore. L’assenza di risultati non consentirebbe una lettura positiva della stagione, ma salvare il salvabile sembra essere indispensabile, se non si vuole anno dopo anno ritrovarsi sempre sui nastri di partenza senza una base collaudata sulla quale investire e lavorare. Confesso di non amare molto Delneri, arrivato con Marotta dopo la comune esperienza nella Sampdoria. Mi piacerebbe un allenatore non esordiente, ma dotato dell’esperienza necessaria per iniziare un lavoro ambizioso con la squadra. Hiddink o Mazzarri per esempio, che rievoca i trascorsi lippiani. In tanti vorrebbero vedere risolto anche il contratto di Marotta, entrato nel cda. A mio avviso un anno non è un tempo sufficiente per giudicare il suo lavoro, alla luce dei cambiamenti drastici operati e della politica economica intrapresa. Se non si considera tutto da rifare e si riconoscono il valore e le potenzialità di alcuni elementi presenti in rosa, tre nuovi elementi di spessore potrebbero fare la differenza nel campionato italiano ridimensionato post calciopoli. Ma è necessario assolutamente ricostruire intorno e dentro la Juventus un clima di autorevolezza, serietà e unità di intenti. Impegnando tutte le risorse per ricucire la storia bianconera là dove è stata spezzata nell’estate del 2006. Tenendo presente che un capitolo denominato calciopoli attende di essere riconsiderato e riscritto. Nel nome di un prestigio che ci spetta e abbiamo il dovere di rivendicare. Appuntarsi sul petto la terza stella non è impossibile. Anche se gli scudetti vinti sarebbero trentuno, poiché andrebbero aggiunti i due Campionati Federali vinti nel 1908 e nel 1909, sono ventinove.
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