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Articolo di G. FIORITO del 25/05/2012 09:31:18
Tutta colpa di calciopoli. 14° L’altra Calciopoli

 

Parte I - Genesi e sviluppi

2) – Origini controverse e procure non concordi

Come ha ricordato il pm Narducci aprendo la sua requisitoria conclusiva del 4 maggio 2011 al processo di Napoli, calciopoli parte in seguito ad alcune indagini della procura di Torino e di quella di Napoli.
Il filone torinese si avvia per effetto di alcune intercettazioni fatte eseguire nell’ambito del processo per doping, ma viene archiviato senza trovare riscontri che conducano all’accertamento di reati, anche se il materiale viene fatto pervenire alla FIGC.
A Napoli si individua una questione di calcio scommesse, nell’ambito della quale viene ascoltato Salvatore Ambrosino, un ex calciatore del Grosseto, che nel maggio 2004 collabora con Beatrice e Narducci per decifrare i nomi in gergo utilizzati in alcune intercettazioni telefoniche. Tra le squadre coinvolte, club di serie A (Chievo, Modena, Reggina, Sampdoria e Siena) e di B (Venezia, Napoli, Como).
Individuati dagli inquirenti l”uomo nero” e “il ciociaro”, rispettivamente gli arbitri Luca Palanca e Marco Gabriele. Ambrosino afferma che la partita Messina Venezia 2 – 1, disputata il 18 aprile 2004 sul campo neutro di Bari sarà vinta dai siciliani, grazie al legame tra “l’uomo nero” e gli ospiti.
Entra in scena il presidente del Messina, Francesco Dal Cin, libero professionista con quaranta anni di carriera alle spalle, come ama definirsi, ex dirigente di Udinese, Inter, Reggiana e Venezia, che esterna le sue sensazioni alla stampa e di conseguenza il 5 giugno 2004 viene chiamato dagli inquirenti a rilasciare delle dichiarazioni che li convincono a ottenere l’autorizzazione a intercettare Luciano Moggi e altri esponenti del mondo del calcio.
Dal Cin racconta al pm Filippo Beatrice di aver ricevuto prima della partita le telefonate di Cellino, Zamparini, Spinelli e Ruggeri, che gli comunicavano che il Venezia avrebbe perso. I quattro avevano interesse al risultato della partita perché esponenti di altre squadre in competizione con il Messina per conquistare la serie A.
Mariano Fabiani, in rapporti di amicizia personale con l’ex dirigente della Juventus, sarebbe stato da questi raccomandato al presidente del Messina e ne sarebbe diventato il DS. Da qui l’idea di un’organizzazione che aveva a cuore le sorti del Messina.
Dal Cin dichiara infatti che esisteva una “combriccola romana” di arbitri che era solita agevolare la squadra siciliana. La GEA era la curatrice degli interessi di diversi giocatori del Messina. Beatrice e Narducci arrivano così a Moggi, il nome di spicco, il mostro.
Le prove? Nelle dichiarazioni di Dal Cin non ce ne sono. Non ce ne saranno nemmeno durante l’esame condotto dall’avvocato Prioreschi della difesa di Luciano Moggi durante il processo di Napoli. Nel corso del quale l’ex presidente del Venezia ha continuato a parlare di sensazioni e di convinzioni diffuse che troppo spesso hanno generato processi non solo mediatici condotti con modalità e tempi che hanno destato perplessità. Lo stesso Prioreschi ha parlato durante l’arringa difensiva di Moggi, il 27 settembre 2011, di un processo basato sull’imbroglio e ha lanciato pesanti accuse agli inquirenti, dichiarando che è stato contravvenuto l’art. 194 del codice, secondo il quale sono gli indizi di reato e non le sensazioni a dover essere messe a verbale.
Durante l’audizione resa da Borrelli alla Commissione Giustizia del Senato il 14 settembre 2006, si assiste a qualcosa di sconcertante nell’apprendere le basi sulle quali fu imbastito il processo della giustizia sportiva. La Procura di Torino aveva condotto delle indagini e archiviato gli atti relativi non riconoscendo reati, soprattutto quello di associazione a delinquere, tuttavia qualcuno si preoccupa di trasmetterli alla FIGC, essendo noto che lo stesso materiale può avere valenza diversa per la giustizia sportiva rispetto a quella ordinaria.
La Procura di Roma, attraverso Palamara, si riserva di trasmettere gli atti relativi alla sua indagine, che confluirà nel processo GEA, in quanto non conclusa. La procura di Napoli invece si preoccupa di far pervenire a Borrelli, su richiesta verbale e non formalizzata, nel momento in cui non avendo ancora assunto ufficialmente le funzioni di Capo Ufficio Indagini della FIGC non potrebbe emetterla, copia delle informative dei carabinieri di un’indagine che verrà conclusa quasi un anno dopo.
La FIGC è un’associazione privata, alla quale un pm fa conoscere i risultati di un’indagine coperta da segreto istruttorio per la quale non sono stati ancora emessi avvisi di garanzia. Uno zelo discutibile, aggravato dalla considerazione che la Procura di Napoli non avrebbe messo a disposizione di Borrelli tutte le intercettazioni, operando una selezione degli atti utilizzabili. Alcuni dei quali, come si vedrà nel corso del processo della giustizia ordinaria, non saranno nemmeno reperibili, come le intercettazioni telefoniche riguardanti Facchetti e Pairetto, delle quali si ha traccia nei brogliacci pur essendo stati trovati vuoti i cd che avrebbero dovuto contenere i file.
L’impressione è che siano state manomesse alcune prove, ma in tanti anni nessuno ha trovato quelle degli illeciti a carico di Luciano Moggi, Antonio Giraudo e Roberto Bettega. Al punto che il pm Narducci ha pronunciato al processo di Napoli una requisitoria conclusiva che gli addetti ai lavori hanno definito da processo breve, cioè basata sui risultati dell’indagine e non sugli sviluppi, le testimonianze rese e le prove emerse durante la fase dibattimentale.
 
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