Parte III - La questione della radiazione di Moggi, Giraudo e Mazzini I. Il capolavoro di Prioreschi Nel maggio 2010, mentre i tifosi bianconeri si prendono gli schiaffi della diffusione delle intercettazioni che rivelano loro in che misura le telefonate di Facchetti, ma anche quelle di Meani e di Galliani, come si era già scoperto nel 2006, siano più gravi di quelle degli ex dirigenti bianconeri, la FIGC non trova di meglio che mettere in pratica un nuovo attacco a Luciano Moggi, riproponendo la questione della sua radiazione definitiva dal calcio, benché non più tesserato, insieme a quella di Antonio Giraudo e dell’ex vicepresidente della FIGC Innocenzo Mazzini. La condanna a cinque anni di inibizione era stata correlata nel 2006 da una proposta di radiazione sulla quale è sorta la controversia se dovesse giudicarsi implicita. Se ne è discusso nell’arco di un intero anno, fino a mutare l’intero iter giuridico per dispensare Abete dalle sue responsabilità. E dalle probabili richieste di risarcimento danni in caso di responso negativo. Il 20 gennaio 2011 la FIGC fa pervenire all’Alta Corte di Giustizia del Coni una richiesta di parere giuridico in merito alla radiazione di 42 tesserati, tra i quali Luciano Moggi, Antonio Giraudo e Innocenzo Mazzini . Il 27 Gennaio 2011 riceve la risposta dell’Alta Corte del Coni: … il provvedimento di preclusione deve ritenersi implicito… L’Alta Corte di Giustizia Sportiva dichiara pertanto inammissibile la richiesta di parere… considerato che la mera presa d’atto da parte degli organi federali impone, quanto meno nella sua fase esecutiva, una valutazione di conformità al dettato dell’art. 4.1 (rispetto del contraddittorio) dei principi di giustizia sportiva emanati dal CONI...”. La parola torna alla FIGC, che il 3 marzo introduce un iter procedurale che prevede tre gradi di giudizio, due riservati alla Federazione stessa e il terzo all’Alta Corte del Coni. Il legale di Innocenzo Mazzini, protagonista con Baldini della famosa intercettazione del ribaltone, presenta un’istanza che il CONI rigetta il 23 maggio 2011, sulla legittimità dell’iter escogitato dalla FIGC, in quanto diverso rispetto all’epoca dei fatti e della condanna e poiché l’eventuale ricorso di un esito negativo sarebbe da presentarsi allo stesso organo giudicante che nel 2006 si espresse per la colpevolezza. Luciano Moggi presenta attraverso l’avvocato Prioreschi istanza di ricusazione nei confronti del giudice Sergio Artico e di alcuni suoi collaboratori, che avevano presieduto e fatto parte della Commissione Disciplinare Nazionale che lo aveva condannato nel procedimento della giustizia sportiva relativo alle sim svizzere. Nel comunicato ufficiale della FICG n. 13 CDN del 06.08.2008 Artico aveva tra l’altro sottoscritto una dichiarazione secondo la quale non erano stati accertati fatti censurabili nei rapporti tra Nucini e Facchetti. L’istanza viene respinta e la proposta di radiazione è discussa il 6 giugno. L’udienza si svolge all’hotel Parco dei Principi di Roma, teatro del processo sportivo del 2006 e Palazzi lascia intendere subito quali siano le sue intenzioni riguardo al rispetto del contraddittorio, affermando: “I fatti nuovi e successivi non possono essere valutati”. Aprendo la requisitoria con una discutibile argomentazione secondo la quale Moggi avrebbe avuto la possibilità di chiedere la grazia, ma non avendone approfittato, sarebbe colpevole. Di qualcosa della quale da 6 anni fa di tutto per difendersi dalle accuse. L’ambiguità di Palazzi si manifesta quando si capisce che si rifarà alle sentenze della giustizia sportiva del 2006, essendo quelle l’appiglio per la dimostrabilità delle responsabilità dell’accusato. Tuttavia, siccome gli tornano utili, si appella anche alla sentenza Giraudo del primo grado del processo breve e addirittura alle richieste dei pm al processo di Napoli, che non arriverà alla sentenza di primo grado prima di novembre. Dicendosi convinto non vi sia alcuna normativa in cui ci sia un termine per negare l'estinzione del potere di sanzionare la preclusione. L’avvocato Tedeschini gli ricorda che l’art. 6 della Corte europea dei diritti dell’uomo prevede una tempistica per processi e irrogazione di sanzioni, mentre a detta dell’avvocato Rodella le sue argomentazioni sono da filosofia del diritto. Ma è l’avvocato Prioreschi che durante la difesa di Moggi compie il capolavoro. E’ un momento che si inserisce nella storia di calciopoli come fondamentale, perché è la prima volta in cui di fronte a un organo della FIGC è possibile per l’accusato mettere in pratica quel diritto alla difesa calpestato nel 2006. La possibilità di un contraddittorio avrebbe secondo molti aperto l’uscio ai nuovi fatti e alle nuove prove emerse nel corso del processo di Napoli, ma Prioreschi è talmente arguto da osservare subito che in realtà non si tratta di prove nuove, bensì di prove già sussistenti nel 2006, che nessuno ha voluto vedere. La sua è una summa di tutte le ragioni per le quali il processo del 2006 necessita di una revisione e la posizione della Juventus va ridimensionata alla luce di una diversa interpretazione, senz’altro più vicina alla realtà. Perciò vale la pena di prendere come spunto la difesa dell’ottimo Prioreschi e di riflettere una volta per tutte su molte convinzioni diffuse su calciopoli che alla fine altro non sono che luoghi comuni privi di nesso logico con i fatti dimostrati. Secondo Prioreschi è insolito che un soggetto debba difendersi non da una contestazione di un fatto, ma dalla contestazione che risulterebbe da sentenze rese. Ma anche che l’accusa richiami la sentenza di condanna di Giraudo del 2008, non ancora passata in giudicato dovendosi ancora svolgere due gradi di giudizio, e si appelli alle richieste di condanna di Napoli, in un momento nel quale non si sono ancora pronunciate le difese. La stragrande maggioranza non sono nuove prove, poiché sono prove che erano negli atti del processo e dell’indagine, a parte le trascrizioni dei verbali di dibattimento, e che sono state oggettivamente occultate dai carabinieri. Le sentenze del 2006 si erano basate su due informative dei carabinieri, datate aprile e novembre 2005. A pagina 407 dell’informativa di aprile compare un’intercettazione nella quale Bergamo e la Fazi riferiscono di recenti telefonate di Moratti e di un invito a cena di Facchetti. A pagina 128 dell’informativa di novembre Bergamo informa la Fazi riguardo a telefonate di Moratti il cui argomento sono designazioni arbitrali. Si evince che i rapporti dei dirigenti bianconeri con i designatori arbitrali non erano esclusivi e pertanto il caposaldo dell’accusa del 2006 si rende vano. La Juventus non usufruiva di quei vantaggi che dall’esclusività di tali rapporti avrebbero potuto derivarle, consentendole in tal modo di esercitare svantaggi su altre società. Lo stesso Bergamo aveva informato l’Ufficio Indagini della FIGC nel 2006 di aver avuto consuetudine a parlare di griglie e arbitri con tanti dirigenti, compresi Facchetti, Meani e Sacchi. Prioreschi afferma che i provvedimenti disciplinari non si possono fare sulla base degli atti delle indagini preliminari (esclusi casi particolari come l’incidente probatorio), che sono atti di parte e possono essere utilizzati solo al fine del rinvio a giudizio. La prova si forma in dibattimento, dove è consentito agli imputati di esercitare il proprio diritto alla difesa. Prima di smontare l’elenco delle accuse contestate nel 2006 è necessario controbattere a Palazzi in merito all’attendibilità del teste Nucini e delle indagini dei carabinieri. Nucini non ha mai affermato di avere ricevuto una scheda telefonica da Moggi, ma da Fabiani. Si sarebbe trattato di una scheda telefonica Tim imballata, che invece è risultata essere attiva da oltre otto mesi dal momento in cui ne sarebbe entrato in possesso. Riguardo ai suoi rapporti con Facchetti, nel 2008 la Commissione Disciplinare che operò nel processo della giustizia sportiva relativo al filone delle sim svizzere dichiarò: “Sui rapporti fra Nucini e Facchetti non sono stati accertati fatti al riguardo censurabili e dunque le eccezioni formulate dalla difesa di Moggi appaiono del tutto irrilevanti”. Sappiamo dalle dichiarazioni rese da Nucini sotto giuramento a Napoli che si trattò di frequentazioni tra un dirigente e un arbitro in attività. Il giudice del processo sportivo del 2008 era Sergio Artico, destinato con alcuni suoi collaboratori di allora a presiedere anche questo procedimento di radiazione. La richiesta di Moggi di ricusazione nei loro confronti è stata rigettata. La FIGC continua ad ancorarsi al passato nelle dichiarazioni e negli uomini che la rappresentano, cieca di fronte a quanto si sapeva allora e si è approfondito in seguito. Sorda al richiamo dell’Alta Corte del Coni di rendersi disponibile a una posizione attualizzata. Che è nell’ordine delle cose della logica forse ancora prima che del diritto. I carabinieri hanno svolto indagini mirate e selezionate, tralasciando di indagare tutti i soggetti coinvolti nell’affaire calciopoli. Lo ha ammesso lo stesso Auricchio in tribunale. A riprova di questo atteggiamento, il guardalinee Coppola, sollecitato dalle richieste di Borrelli, si presentò ai carabinieri per riferire di aver ricevuto pressioni dopo la partita Inter Venezia per modificare il referto arbitrale. In risposta si sentì dire che non interessava l’Inter, poiché non c’erano telefonate che la riguardassero. Ancora una volta possiamo affermare che “piaccia o non piaccia” c’erano. E qualcuno deve spiegarci perché non sono state prese in considerazione. II. Le cene. Le griglie. Le intercettazioni. I regali. Le sim svizzere. L’uso distorto dei mezzi di informazione. Il caso Paparesta. I sorteggi truccati. Le ammonizioni mirate. Le partite truccate. Secondo la sentenza CAF del 2006, sposata dalla Corte Federale, le responsabilità di Moggi riguardo alla giustizia sportiva erano una serie di contestazioni dell’art. 1 del CGS (comportamenti antisportivi) che insieme hanno comportato una violazione dell’art. 6 del CGS (illecito, che siccome di fatto non c’era, fu denominato strutturato). L’illecito sportivo è considerato un reato a consumazione anticipata, a prescindere che si ottenga o no un vantaggio effettivo in classifica. Questi i 3 capi d’imputazione del 2006, che secondo la CAF avevano provocato disparità di trattamento fra la Juventus e le altre squadre a vantaggio della squadra bianconera: 1) L’illecito strutturato secondo l’accusa si ottenne attraverso i seguenti cinque punti: I) l’esclusivo rapporto con i designatori, a base di cene e incontri riservati. Falso. Anche Facchetti, Meani e Sacchi, come si evince per i primi due dalle intercettazioni e per Sacchi dalle dichiarazioni di un ex dirigente del Parma ascoltato come teste dell’accusa a Napoli, avevano tenuto lo stesso comportamento. In particolare da un’intercettazione tra Bergamo e Moratti si scopre che il primo doveva fargli una confidenza e andò a cena da lui a Forte dei Marmi. II) aver interferito nella griglia e nella nomina di arbitri e assistenti per ottenere vantaggi per la Juventus e svantaggi per altre squadre. L’elenco delle intercettazioni che hanno come protagonisti molti dirigenti è davvero lungo. Tra di loro Facchetti, Moratti, Meani, Lanese, Cellino, Foschi (al telefono con De Santis. Ricordiamo che non era vietato dai regolamenti avere rapporti con i designatori, ma lo era con gli arbitri), Collina, Mazzei. Dov’è la disparità di trattamento? Come poteva avvantaggiarsi solo la Juventus se telefonavano tutti e i designatori erano orientati ad ascoltare tutti, pur operando poi, come è facile osservare dai riscontri e dalle loro dichiarazioni, a modo loro? Inoltre. La famigerata intercettazione nella quale Moggi fa la griglia con Bergamo è l’unica nella quale l’ex dg della Juventus si avventura in tale pratica e parla di arbitri. Indovinare le griglie era facile, lo faceva sempre Pescaroli sul Corriere dello Sport. Moggi indovina solo i tre quinti dei designati, quelli fissi. Gli altri due li sceglierà Bergamo sua sponte, come pure i guardalinee. Lo stesso non si può dire della griglia di Facchetti. O delle raccomandazioni di Meani a Rosetti (arbitro) ad ammonire i diffidati del match del Milan con il Siena. III) aver fatto regali ai designatori. Quanto a regalini Moggi e Giraudo erano dei principianti. I nerazzurri arrivavano ai golfini di cachemire. IV/a) aver intrattenuto con i designatori comunicazioni telefoniche riservate. Che telefonassero solo Moggi e Giraudo è una leggenda metropolitana superata. Che parlassero con arbitri lo cerchereste invano. Ascoltare per credere. Facchetti lamentava lo score di 4 vittorie, 4 pareggi e 4 sconfitte con l’arbitro Bertini. Grigliava con Bergamo e mettevano Collina. Bergamo chiedeva a Galliani un po’ di calore. Meani domandava a Galliani se avesse già sentito Collina. Carraro si raccomandava con Bergamo di non favorire la Juve. Ecc. ecc. Allora vennero le sim svizzere. Legali, intercettabili, non intercettate e delle quali non si conoscono i contenuti. Branca, dirigente dell’Inter, le comprava anche lui da De Cillis. A chi telefonava? Non si è indagato e non lo sapremo mai. A proposito, la grigliata di Moggi è su sim svizzera. Senza dimenticare che la Juve è stata mandata in B e scippata di due titoli e Moggi e Giraudo condannati in tutto per 21 intercettazioni su 180.000 circa a disposizione: 7 con giornalisti; 5 sul caso Paparesta; 1 intercettazione di Moggi con la moglie nella quale si allude a un panettone da portare a una cena coi designatori; 2 intercettazioni con i fratelli Della Valle; 1 tra Moggi e la segretaria sul sorteggio di Juve-Lazio; 1 tra Mazzini e Giraudo. IV/b) aver fatto uso distorto dei mezzi d’informazione. Tanto per cominciare in alcune intercettazioni sia Bergamo che il compianto Tosatti lamentano che La Stampa, tradizionalmente considerato il giornale della Famiglia, non sia tenero con la Juventus. Quando scoppia calciopoli, si scatena un processo mediatico teleguidato dalla Gazzetta dello Sport, alla quale si accoda e conforma la quasi totalità dell’informazione cartacea e televisiva. Il Milan, per quanto Auricchio dimostri di non coglierne il nesso nelle sue dichiarazioni rese come teste a Napoli, poteva contare su Mediaset. E lo fece alla grande prima dello scontro diretto per lo scudetto dell’8 maggio 2005, provvedendo a scoprire e mostrare una prova televisiva che “incastrò” Ibrahimovic e gli fece beccare tre giornate di squalifica grazie alle quali dovette saltare l’incontro. L’Inter aveva a disposizione La Sette di Tronchetti Provera, già Telemontecarlo, gestione Cecchi Gori. Ma le accuse si sono direzionate sulla Juventus e il Processo di Aldo Biscardi. Complice la patente di Baldas, che funzionava con gli arbitri come l’attuale patente di guida. A punti. E per finta. E Moggi, che aveva tutti i poteri, avrebbe avuto anche quello di influenzare questi bonus arbitrali. Nel febbraio 1999 comunque anche l’Associazione arbitri si rende suscettibile e denuncia per diffamazione Aldo Biscardi, Maurizio Mosca, Franco Melli e Xavier Jacobelli. La tesi difensiva del fulvo giornalista è che il Processo del Lunedì amplifica a beneficio del pubblico televisivo gli argomenti dibattuti in trasmissione con chiacchiere da bar. Il pm Giuseppe Amato, sostituto procuratore al tribunale di Roma, deve aver visto qualche puntata del tormentone pseudoprocessualpallonaro, perché ovviamente la prende per buona e archivia. Capitolo Rai. Caso Scardina, caporedattore di RaiSport con delega al calcio, secondo l’accusa adepto della cupola con il compito di confezionare servizi per esaltare le belle qualità della Juventus e di favorire quella schiappa di inviato di Ciro Venerato ai danni della bravissima giornalista Francesca Sanipoli, sulla quale pendeva pure, come è emerso anche a Napoli, la sgradevole fama di portare un po’ sfiga. Secondo la deposizione di Giubilo però la Sanipoli era un’inviata e Venerato un collaboratore esterno con mansioni di redigere servizi di colore. Una sentenza del tribunale di Roma depositata agli atti del processo dal legale di Scardina ha chiarito che non c’è stata alcuna azione di mobbing da parte della Rai nei confronti della giornalista, che invece aveva volontariamente rinunciato per motivi personali in diverse circostanze ad alcuni incarichi, tra i quali seguire da inviato una Coppa Intercontinentale. Scardina proponeva gli inviati, ma poi dovevano essere approvati dai vicedirettori e dal direttore Maffei. Dove pare i tentacoli della cupola non arrivassero. V) aver minacciato in alcune telefonate di fare irrogare sanzioni agli arbitri. Dopo la famigerata Reggina Juventus nella quale Moggi e Giraudo avrebbero sequestrato l’arbitro Paparesta negli spogliatoi, Paparesta si ritrova a dirigere Torino Venezia in serie B. Solo una giornata in serie B. Dopo il turno fermo per la partita della nazionale, il 28 novembre è in prima fascia nella griglia per il sorteggio, “a rischio” Inter Juventus. Dattilo e Racalbuto invece, accusati di aver favorito la Juve, vengono fermati il primo per due mesi dopo Udinese Brescia e il secondo per ben nove turni dopo Roma Juventus del 2005. In un’intercettazione Bergamo e la signora Fazi ridacchiano sulla possibilità di poter finalmente farla pagare a Pieri in prossimità di un Reggina Palermo che non vede coinvolta la Juve. Peccato che l’arbitro amico della cupola stesse già scontando con l’estromissione per tutta la stagione dalla prima griglia proprio un errore di due settimane prima in un Bologna Juventus, nel quale aveva assegnato ai bianconeri una punizione che non c’era, dalla quale però Nedved aveva tirato fuori un gran goal. Una cupola, come al solito, scarsamente capace di infierire e salvaguardare i propri interessi. Sempre che fosse nei suoi piani. Sempre che esistesse. 2) Caso Paparesta. Apoteosi della vicenda calciopoli, meglio resa con il termine farsopoli. Al termine della partita Reggina Juventus 2-1 del 6 novembre 2004 Moggi e Giraudo scendono furibondi nello spogliatoio, dove avrebbero lasciato rinchiuso l’arbitro dopo aver dato in escandescenze. Moggi fa un paio di telefonate nel corso delle quali conferma e poi via via attenua nel racconto l’accaduto, che si riduce a uno sfogo per l’arbitraggio nettamente sfavorevole per i bianconeri: due reti annullate, una all’ultimo minuto e un rigore non concesso. L’accusa è ritenuta grave dalla CAF per due motivazioni: perché semplicemente i dirigenti juventini si erano recati nello spogliatoio per esternare le lamentele e perché avevano usato un tono ingiurioso. Si scoprirà durante il processo di Napoli una circolare della FIGC del 2004 sfuggita alla CAF, che disciplinava le modalità dell’accesso nello spogliatoio, secondo la quale ai dirigenti alla fine della partita era consentito accedervi. Poiché l’episodio era avvenuto a Reggio Calabria, gli atti sono stati trasmessi nella città calabra, dove si è provveduto all’archiviazione perché il fatto non sussiste già nel 2007. Paparesta si è dimostrato scontento in molte circostanze del fatto che questa storia continua ad essere spacciata per vera. Nel corso di un’intervista rilasciata ad Antonello Piroso il 30 gennaio 2009 a La Sette nella trasmissione “Niente di personale,” ha dichiarato di non voler essere ricordato come l’arbitro rinchiuso nello spogliatoio. Altra leggenda metropolitana sfatata. 3) Moggi conosceva la terna prima del sorteggio. Accusa derubricata come infrazione art. 1 per Juventus Lazio del 5/12/2004. Alle h 11:53 Moggi dice alla segretaria che vuole riferirgli il nome dell’arbitro, essendone già a conoscenza. Su questo dato si è costruita un’accusa di illecito. L’ANSA emette il comunicato stampa sul sorteggio arbitrale alle h 11:21. La stessa FIGC lo mette in rete in tempo reale. Alle 11.53 chiunque era a conoscenza del fatto che Dondarini avrebbe arbitrato Juventus Lazio. Giornalisti compresi e appassionati di calcio. Figurarsi il DG della società bianconera. Per Fiorentina Bologna la CAF ha prosciolto Moggi dalle accuse riguardo alle cosiddette ammonizioni mirate, ritenendo corrette le ammonizioni di De Santis. La Juventus avrebbe infatti dovuto incontrare il Bologna al prossimo turno di campionato. E indovinate a chi Moggi si era premurato di far infliggere una seconda ammonizione al fine di non averlo tra i piedi nel match contro la Juventus? Nientemeno che a Petruzzi, Nastase e Gamberini. Senza contare che pur figurando nell’accusa, Gamberini non era nemmeno diffidato. Ma i carabinieri dormivano. E quando erano svegli semplificavano il lavoro copiaincollando dai tabellini della Gazzetta dello Sport, come ha candidamente ammesso ancora una volta Auricchio durante il processo di Napoli. Senza degnarsi di fare una verifica. Che nemmeno Palazzi ha mai richiesto di eseguire. E siccome, sempre per citare l’ex maggiore, “qualcosa sarà sfuggita”, nessuno si è accorto che Moggi, al telefono con il giornalista Damascelli, dimostra di non conoscere nemmeno, oltre a non esserne affatto complice, il “delitto perfetto” di De Santis, non sapendo affatto che ha tirato fuori il cartellino giallo ai danni dei tre fuoriclasse. Juventus Udinese 2-1 del 13/2/2005 è contestata come infrazione all’art. 1. Da una serie di intercettazioni si evince che Moggi e Giraudo sono scontenti per aver perso due partite di seguito e si sentono “accerchiati”. Correrebbero perciò ai ripari. Come attesterebbe la madre di tutte le intercettazioni: la grigliata di Moggi al telefono con Bergamo del 9/2/2005. Successiva di un paio di mesi persino alla grigliata di Facchetti. E sbagliata, al contrario di quella del dirigente interista. E’ l’unica telefonata nella quale Moggi si sbilancia a parlare di arbitri e griglie, che indovina per 3/5, scegliendo Bergamo gli assistenti di sua volontà. Sorge il dubbio che se la CAF avesse avuto a disposizione tutto il materiale investigativo esistente e ignorato dalle informative dei carabinieri, oggi staremmo raccontando un’altra storia. Nella quale, non potendosi contestare alla Juventus una corsia preferenziale nell’ottenimento di vantaggi attraverso illeciti più o meno strutturati, non ci sarebbe stata serie B e lo scippo di due scudetti. E qualcuno non avrebbe potuto disinvoltamente farla franca e intascarsi persino uno scudetto non sudato sul campo. Fa capolino l’idea che anche Palazzi e Sergio Artico possano rendersi conto degli errori commessi e delle stoltezze messe a segno e intendano in qualche modo ripararle. Si affaccia l’ipotesi che forse non sarebbe il caso di radiare Moggi e Giraudo e nemmeno sarebbe stato opportuno infliggere loro 5 lunghi anni di inibizione. Mentre dirigenti nerazzurri e rossoneri, dei quali già si conoscevano nel 2006 le imprese investigative fai da te di Facchetti, Nucini e Moratti e le telefonate bollenti del “preservativo” Meani, hanno potuto continuare senza problemi ad esercitare le loro funzioni liberi dall’ostacolo dei più bravi della classe. Quelli che spendevano meno e vincevano di più. III. Gli illeciti interisti prescritti da Palazzi. L’incompetenza della FIGC. Il caso Preziosi. Tuttavia i legali di Giraudo hanno scelto un’altra linea di difesa: se l’avvocato Galasso ha lanciato a Palazzi l'accusa di scarsa moralità della giustizia, l’avvocato Krogh ha illustrato la buona condotta dell’ex AD della Juventus nei cinque anni trascorsi lontano dall’Italia senza manifestare interesse per il mondo del calcio. Confidando in una sorta di incomprensibile clemenza, per così dire, della corte. Insistendo in un percorso di scarsa rivalsa delle proprie ragioni, così come era sembrato scegliendo a suo tempo il procedimento del processo breve. Non è servito rileggere calciopoli. Non è servito rifiutarsi di farlo. Entrambe le linee strategiche delle difese sono state disattese. Il 15 giugno 2011 un comunicato della FIGC avvisa che Moggi, Giraudo e Mazzini sono stati radiati. Perché secondo le motivazioni della FIGC: “è tuttora sussistente il giudizio di disvalore nei confronti delle condotte acclarate nelle ‘sentenze rese’”. “Il fatto che altri soggetti obbligati all’osservanza della normativa federale possano aver tenuto, in ipotesi tutt’ora da accertare, condotte analoghe a quelle acclarate nei confronti del Moggi dalle ‘sentenze rese’, non fa venir meno la gravità di quanto contestato al deferito, né incide sulla valutazione demandata alla Commissione ai fini dell’irrogazione della sanzione della preclusione in questo procedimento. Perché il fatto che altri abbiano avuto dei comportamenti non conformi alle regole non vuol dire che Moggi e Giraudo non li abbiano avuti”. “Sul punto va rilevato, condividendo le osservazioni formulate dalla Procura federale, che sino a oggi non risulta essere intervenuta alcuna decisione a modifica della decisione della Corte federale, né in sede di giustizia penale e amministrativa, né all’interno dell’Ordinamento sportivo, non essendo stata proposta alcuna impugnazione per revocazione o revisione delle delibere assunte dagli Organi della giustizia federale. La decisione della Commissione, dunque, non può che riferirsi alla valutazione della gravità dei fatti acclarati nelle ‘sentenze rese’”. Un pugno allo stomaco. Più forte, se possibile, di quello del 2006. Perché strappa via la speranza che si possa riuscire a credere nella giustizia della FIGC. Che malgrado nelle motivazioni affermi il contrario, sentenziando tenendo ferme le decisioni del 2006, si è arrogata il diritto di condannare due volte le stesse persone con e per la stessa sentenza. Giorno 8 luglio la Corte di Giustizia Federale respinge il ricorso presentato da Moggi, Giraudo e Mazzini. E’ così che il procuratore Palazzi ribadisce la sua richiesta di radiazione: “Non ci sono norme che prevedono una prescrizione della proposta di radiazione. Respingiamo questa richiesta. La prescrizione è infondata, e l'oggetto del giudizio di oggi resta la gravità di quei fatti già accertati. Anche attualizzandoli ad oggi, le loro posizioni (Moggi, Giraudo e Mazzini) non si sono modificate, e non sono mai state rimosse da alcuna sentenza. Tutti gli elementi nuovi, legati alle questioni delle altre società, non possono essere presi in considerazione”. Sorge il sospetto che sia stata una decisione forzata quella di non aspettare l’imminente sentenza di primo grado di Napoli, che pure sarà negativa e quella di secondo grado relativa al processo breve di Giraudo. Se la FIGC le avesse aspettate, non avrebbe potuto radiare Moggi e Giraudo, perché i cinque anni di inibizione sarebbero nel frattempo scaduti, portandosi con sé la proposta di radiazione. Ma non basta per qualificare l’atteggiamento della Federazione e il braccio di ferro intrapreso per non dover fare un passo indietro sulle sentenze rese. E superate. Lo stesso Palazzi venerdì 1 luglio 2011 annuncia con un comunicato ufficiale l’archiviazione del procedimento contro la società Internazionale perché sono emerse fattispecie di rilievo disciplinare (illeciti) ma prescritte, consegnando il 5 luglio una relazione in merito ai membri del Consiglio federale che giorno 18 dichiarano l’incompetenza della FIGC a decidere sulla revoca dello scudetto 2005-2006 all’inter. Come ha sottolineato l’avvocato D’Onofrio, difensore di Moggi per i processi sportivi nella trasmissione “Stile Juventus”: “le indagini sono state a suo tempo condotte in modo poco corretto, probabilmente passibile a sua volta di indagine” e per “l’insussistenza del fenomeno associativo… cadono i capi d’accusa… Calciopoli tornerà in ambito sportivo; in realtà in ambito penale mai ci sarebbe dovuta andare, non ci sarebbe mai dovuta essere l’imputazione per associazione a delinquere. La Federazione rimane refrattaria, in modo paradossale, nonostante si sia resa conto che il panorama è cambiato, che l’Inter è accusata di illecito sportivo”. Intervenendo anche a “Sportitalia” ha spiegato che nel 2006 non si è voluto attendere i risultati della giustizia ordinaria, come era accaduto per i processi della giustizia sportiva relativi ai falsi in bilancio e al caso dei passaporti falsi che ha visto coinvolti Recoba, Oriali e l’Inter. Aggiungendo: “(la Federazione) chiese addirittura un parere all’allora presidente della Corte Costituzionale, il presidente emerito Cajaniello, un giurista eccezionale, il quale disse alla Federazione che sicuramente l’ordinamento sportivo è autonomo, ma attenzione perché se poi l’ordinamento penale, che ovviamente è superiore, dimostra che i fatti accertati in sede sportiva non si erano mai verificati, chi ha subito una sanzione può chiedere il risarcimento del danno… l’atteggiamento della Federazione mi sembra paradossale: le prove provenienti da Napoli, infatti, la Federazione le ha prese in considerazione, perché altrimenti la relazione di Palazzi che di fatto condannava l’Inter in base all’articolo 6, cioè dandogli l’illecito sportivo, non si basa sulle prove del 2006, ma su quelle del 2011″. Sarà l’Alta Corte del Coni ad esprimersi in maniera definitiva sulla radiazione di Moggi, Giraudo e Mazzini. Nel frattempo i legali di Moggi si sono posti delle domande dettate dall’aspettativa della parità di trattamento, sul procedimento che ha risparmiato al presidente del Genoa Preziosi la radiazione, sia automatica che implicita o con provvedimento in contraddittorio. Le accuse gravi contro Preziosi di aver condizionato l’esito della partita Genoa Venezia 3 a 2, che giocata l’11 giugno 2005 aveva permesso ai rossoblu di riconquistare la massima divisione dopo un decennio, erano state rese inconfutabili dopo che i carabinieri avevano perquisito l’auto di un dirigente del Venezia. Giuseppe Pagliara era stato fermato vicino a Cogliate Milanese, dove si trova la sede della Giochi Preziosi S.p.A. e aveva spiegato la presenza dei 250.000 euro che portava con sé come l’anticipo per l’acquisto del giocatore Maldonado. Un’intercettazione tra Preziosi e Dal Cin, ex presidente del Venezia, aveva invece svelato la combine. Il 2 agosto il TNAS ha concesso ai legali di Moggi l’acquisizione degli atti relativi al lodo arbitrale tra Enrico Preziosi, Presidente del Genoa e la Figc, che erano stati inspiegabilmente secretati, nonostante le dichiarazioni di Abete: “Nessun mistero… una conciliazione con reciproca rinuncia ad attivare ulteriori iter”. Il 13 ottobre 2011 l’Alta Corte del CONI presiede l’udienza per il ricorso al terzo di giudizio richiesta da Moggi, Giraudo e Mazzini. Il collegio giudicante è guidato da Roberto Chieppa e annovera “il saggio” Pardolesi. Viene chiesto ai radiati di esprimersi sull’attualizzazione e sulla tardività della sanzione accessoria della radiazione. Assente Giraudo, Mazzini appare rilassato e Moggi esprime sensazioni positive. L’arringa di Prioreschi è ancora una volta basata su toni forti. Argomenta sull’impossibilità di difendere il suo assistito, mancando la disponibilità all’attualizzazione dei fatti richiesta dallo stesso CONI alla Federazione, definisce il procedimento istruito dalla Federazione processo-truffa e farsa. Afferma che in caso di esito negativo i radiati non si fermeranno e andranno ai tribunali civili, chiedendo risarcimento per il trattamento subito. L'Alta Corte si riserva la decisione nei giorni a venire. Mercoledì 4 aprile 2012 l'Alta Corte di Giustizia respinge i ricorsi presentati da Antonio Giraudo, Innocenzo Mazzini e Luciano Moggi, confermando la sanzione irrogata dalla Corte di Giustizia Federale, che prevede la preclusione alla permanenza dei tre ricorrenti in qualsiasi rango o categoria della FIGC. Ne dà notizia un comunicato del Coni. Nella ricorrenza del suo 75° compleanno, il 10 luglio, Luciano Moggi presenta un ricorso al TAR del Lazio per ottenere la sospensione del provvedimento della radiazione confermato dall’Alta Corte di Giustizia del Coni e chiedendo il risarcimento dei danni subiti. Le 47 pagine del ricorso fanno richiesta di sospendere l’efficacia della sentenza, per consentire a Moggi di non ricoprire lo status di radiato fino alla decisione di merito; la sentenza dell’Alta Corte è ritenuta contraddittoria e contraria alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo; si solleva obiezione al Procuratore generale, che ha operato nel nome “delle sentenze rese”, senza menzionare “fatti e circostanze, certe e provate”. Il 2 agosto 2012 il TAR respinge il ricorso presentato da L. Moggi. I legali di A. Giraudo hanno avanzato una richiesta di posticipazione dell’udienza, che è stata accolta senza stabilire la data. Il 7 agosto i legali di Luciano Moggi presentano ricorso in appello contro l'ordinanza del 2 agosto con cui il Tar del Lazio ha respinto la domanda di sospensione della radiazione dell'ex direttore generale della Juventus emessa dall'Alta Corte di giustizia sportiva presso il Coni. L'appello dei legali di Moggi, gli avvocati Federico Tedeschini, Sabrina Rondinelli, Paco D'Onofrio, Maurilio Prioreschi, Flavio Tortorella e Paolo Rodella, "si basa essenzialmente sulla violazione delle garanzie procedimentali e processuali assicurate allo stesso Moggi dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e in particolare dal suo art.6". Il 7 agosto 2013 Il Sole 24Ore pubblica la notizia secondo la quale i giudici della Cassazione non avrebbero accettato il ricorso di Moggi contro la radiazione perpetua dal mondo dello sport, poiché i suoi legali avrebbero addirittura presentato una documentazione insufficiente a prendere in esame la richiesta. Dopo tre giorni, il 10 agosto, il professor Tedeschini della difesa spiega a Tuttosport che in realtà il passaggio attraverso la Cassazione non sia da considerarsi né più né meno che una tappa obbligata nel cammino verso la Corte Europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo, presso la quale dovrebbe giacere già un’analoga richiesta inoltrata dall’avvocato Bordoni, legale di Dondarini. La giustizia sportiva appare ormai come una giustizia “privatizzata” nel 1989 da una legge del parlamento italiano, che le permette di fare il bello e il cattivo tempo e di cambiare le regole in corso d’opera, trasformando di fatto la sua autonomia in un’incomprensibile autarchia. Quando la Roma vinse lo scudetto con Capello nel 2001-2002, a un paio di giornate dalla fine del campionato fu modificata la regola sul numero di extracomunitari in rosa. La Roma giocò senza che avesse potuto farlo tutta la stagione con Nakata, che rifilò alla Juventus in un match giocato pochi giorni dopo la modifica del regolamento, una rete che conducendoli al pareggio decise il campionato in favore dei giallorossi. La FIGC, così come ha ignorato nel 2006 che altri più di Moggi e Giraudo stavano fuori dalle regole, premiandoli anzi, continua a tenere gli occhi e le orecchie chiusi dinanzi a tutto ciò che non solo di calciopoli non riguarda la Juventus. Ma la Juventus ha pagato un prezzo troppo alto. E giustizia significa non solo restituire una dimensione equa ai comportamenti dei suoi dirigenti, ma anche che gli altri paghino secondo le loro colpe e con lo stesso metro di giudizio adottato per la società bianconera. Senza sconti. Dovesse costare loro la serie cadetta o la radiazione. Secondo la requisitoria di Narducci al processo di Napoli, la cupola si attiva alla fine degli anni ‘90. Nel campionato del giubileo, 1999/2000, lo scudetto va alla Lazio dopo l’episodio sconcertante dell’acquitrino di Perugia. Arbitro Collina. Nel campionato 2000/2001 se lo aggiudica la Roma con più extracomunitari del consentito. Nel 2001/2002 l’Inter ha praticamente il tricolore in tasca e lo butta via nel suicidio di Lazio Inter, tra le lacrime di Materazzi e Ronaldo. Mentre la Juventus non si lascia sfuggire l’occasione di addentarlo. La cupola di Moggi è sempre sembrata sgarupata. Fatiscente. La Juventus no. A ragione Oliviero Beha ha affermato che la giustizia sportiva non è altro che l’espressione del potere sportivo. Un potere che, come confermano le sentenze ingiuste e contraddittorie della FIGC e del CONI, non è stato e non è nelle mani di Luciano Moggi né della Società Juventus.
|