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          L'ANGOLO DEL TIFOSO
Articolo di BeppeBio del 15/03/2011 13:58:30
Storia del sentimento popolare in pillole
In seguito alla vergogna di farsopoli, la mia passione per il calcio e per la Juve ha attraversato un periodo di profonda crisi, dovuto sia al disgusto per aver visto la proprietà dare il suo “smile-assenso” alla retrocessione in B che all’amara constatazione di come campionati e coppe nazionali si fossero trasformati in asservimento al potere del petrolio.
E così, ho smesso di interessarmi al calcio e ho preferito dedicare ad altro il mio tempo libero.
Poi, però, un giorno mi sono imbattuto in questa frase di Gigi Moncalvo “I registi di calciopoli non si rendono conto che cosa hanno creato in tutti noi: un orgoglio, una voglia di ribellione, un desiderio di verità e soprattutto una voglia di metterci a confronto con questi qua, per rinfacciargli tutte le date e le vicende in maniera convincente e chiara. Per questa nostra pericolosità non ci invitano più nelle trasmissioni, perché siamo documentati “ e la voglia di combattere contro i veri cupolisti del nostro calcio per contribuire a rendere giustizia alla Juventus - quella vera, quella dell’ Avvocato e del Dottore - mi ha ridato entusiasmo.
E allora mi sono documentato e, tra le varie cose, ho studiato a fondo il cosiddetto sentimento popolare anti-juventino nel suo evolversi dalle origini ai giorni nostri e ho deciso di divulgarne un breve riassunto “in pillole” perché conoscere il passato - anche se qualcuno vorrebbe farcelo scordare – illumina il presente e fa intravedere il futuro.
1) GLI ALBORI TORINESI DEL SENTIMENTO POPOLARE ANTI-JUVENTINO
Nel 1905, dopo aver vinto il suo primo scudetto, la Juventus decide di passare al professionismo, anche grazie all’aiuto economico fornito da simpatizzanti bianconeri dell’aristocrazia sabauda. La cosa non è piaciuta ad alcuni giocatori che vedevano tradito lo spirito decoubertiano della pratica sportiva e, così, capeggiati dallo svizzero Alfredo Dick, hanno preferito lasciare la squadra e andare a fondare il Torino insieme a quelli della FC Torinese. Da quel momento in poi, i granata hanno iniziato contrapporsi ai bianconeri sostenendo che, in città, erano rimasti solo loro gli interpreti “del calcio onesto e pulito, quello che infiamma di passione il più puro e genuino sentimento popolare”, mentre gli juventini si erano venduti al potere del denaro di chi il popolo lo sfruttava con angherie e soprusi.
2) I PRIMI VAGITI NAZIONALI DEL SENTIMENTO POPOLARE ANTI-JUVENTINO
Il sentimento popolar-torinista anti-juventino inizia a diventare popolar-italiano durante la presidenza di Edoardo Agnelli (1923-1935). Infatti, gestita in modo impeccabile dal padre di Giovanni e Umberto, la Juventus vince il titolo di campione d’Italia per 5 anni consecutivi (1930-1935), attirandosi i rancori e l’invidia degli avversari, tra i quali si sono soprattutto distinti i precursori degli attuali piagnoni dell’Inter, ovvero i dirigenti e i giocatori dell’Ambrosiana, piazzatasi in quel quinquennio per 3 volte al secondo posto. A quell’epoca il potere mediatico non era certo quello dei nostri giorni, ma nei bar dello sport circolavano già dei “sentito dire” secondo cui i bianconeri godevano dei favori della Federcalcio a motivo delle ottime relazioni che la Fiat intratteneva con regime fascista, trovandosi così in una situazione di grande vantaggio sulle altre squadre. In realtà, gli Agnelli erano fervidi monarchici e non avevano alcuna simpatia per Mussolini e compagni ma è anche vero che, in un Paese in cui regnava la povertà e i lavoratori venivano selvaggiamente sfruttati dai padroni, l‘accostamento sportivo Juve = Fiat = Potere non era poi tanto diverso dall’invenzione della cupola moggiana dei nostri giorni. E così, nei piagnistei negli anni 30 come in quelli odierni, la Juve non vinceva perché schierava giocatori fortissimi (Combi, Rosetta, Caligaris, Monti, Bertolini, Ferrari, Borel II e Orsi, trionfatori assoluti dei mondiali del 1934) ma perché rubava, proprio come faceva la Fiat con i suoi operai.
3) L’AFFERMAZIONE DEL SENTIMENTO POPOLARE ANTI-JUVENTINO
Il sentimento popolare anti-juventino si afferma però come una realtà inscindibile dal calcio italiano durante la presidenza di Giovanni Agnelli (1946-1954) e, successivamente, del fratello Umberto (1955-1962). Infatti, l’Avvocato e il Dottore hanno guidato la squadra in un periodo molto difficile per l’Italia che, uscita distrutta dalla seconda guerra mondiale, ha dovuto affrontare la ricostruzione economica in un’atmosfera fortemente condizionata da lotte di classe e rivendicazioni sociali legittime e non. In un simile contesto, la Fiat è stata presa di mira come il simbolo dell’opprimente potere padronale in stretto connubio con quello governativo, per cui anche la Juve ha subito simil sorte e ha iniziato a essere odiata da tutti coloro che non tifavano bianconero. La data che segna l’inizio dell’affermarsi del sentimento popolare anti-juventino vero è proprio può essere considerata quella del 3 giugno 1961, quando la CAF ha deciso di far ripetere l’incontro Juventus - Inter sospeso il precedente 13 aprile al 31° del primo tempo (0-0) per la presenza di pacifici spettatori sulla pista del Comunale, dopo che, in un primo tempo era stato assegnato lo 0-2 a tavolino alla squadra nerazzurra. Di fronte a questa situazione, Angelo Moratti ha rivolto dure parole di accusa alla Federcalcio, sostenendo che la CAF aveva subito pressioni da Umberto Agnelli (che in quel periodo era contemporaneamente presidente Juve e Figc) per prendere quell’ingiusta decisione di parte, che in pratica sanciva il furto del titolo da parte dei bianconeri ai danni dell’Inter. In realtà, poiché il campionato si era concluso con la seguente classifica: Juve 47 e Inter 44, se anche fosse stato confermato lo 0-2 a tavolino lo scudetto sarebbe andato lo stesso a Sivori e compagni, per cui la clamorosa forma di protesta adottata dal presidente nerazzurro (far scendere in campo la “primavera” del giovanissimo Sandro Mazzola nel suddetto recupero) è servita solo ad aizzare il sentimento popolare anti-juventino con sospetti cupolistici (ma guarda, qualis pater talis filius) per giustificare una sconfitta in campionato causata da un evidentissimo calo fisico nella parte finale del torneo (troppe pillole date da Herrera ai giocatori, come ha denunciato Ferruccio Mazzola?).
E così nel prosieguo degli anni 60, mentre Angelo Moratti la faceva da padrone comprando arbitri in Italia e all’estero grazie al duo Allodi-Solti, è stata la Juve ad essere accusata di “rubare” anche se nel decennio considerato ha vinto il titolo (il 13°) soltanto nel 1966-67.
4) LA CONSACRAZIONE DEL SENTIMENTO POPOLARE ANTI-JUVENTINO
Nel 1970 nasce "90° minuto", un programma tv che mostra le immagini delle partite di Serie A ad appena 45' minuti dalla loro conclusione. La televisione scavalca così la stampa nella cronaca dell'evento sportivo perché l'offerta televisiva "sazia" l'appassionato nello stesso giorno in cui si svolgono le partite. Quello che l’appassionato ora vuol sapere dalla carta stampata non sono più i “come” dato che li ha visti, ma i “perché” e gli eventuali retroscena dei fatti
La risposta che dà la Gazzetta dello Sport a questa nuova esigenza del lettore rappresenta un nuovo capitolo nella storia del giornalismo sportivo italiano. Infatti, la RCS - dopo aver acquistato la rosea nel 1976 dalla Nuove Edizioni Sportive (per ironia della sorte, società appartenente al Gruppo Fiat) - conferisce l’incarico di direttore del quotidiano a Gino Palumbo, che rivoluziona completamente lo stile del giornale (sino ad allora intellettualmente onesto e imparziale nei suoi giudizi sportivi) trasformando i suoi reporter in una sorta di segugi aizzati alla ricerca di polemiche, sospetti e accuse che si agiatano al di fuori dei terreni di gioco; polemiche, sospetti e accuse possibilmente anti-juventine, dato che negli anni 70 la Juve di Zoff, Anastasi, Bettega…ecc era tornata a vincere e a minacciare l’egemonia meneghina rosso-nero-azzurra. Dopo l’episodio del gol annullato a Turone (16 maggio 1981) in fuorigioco per le immagini del Telebeam ma non per i romanisti e la Rai giallorossa, Gazzetta, Corriere dello Sport e CorSera sanciscono una sorta di “santa alleanza” contro la Juventus, attaccandola ogni qualvolta se ne presenta una minima occasione e festeggiando con gioia tutte le sue sconfitte (vedi ad esempio la cerimonia di premiazione di Felix Magath - autore del goal partita nella finale di coppa campioni persa dai bianconeri ad Atene nel 1983 - organizzata dall’accoppiata Corsera & Gazzetta e trasmessa in televisione dall’associata combriccola anti-juventina della Rai).
E che ha fatto la Juve per difendersi da queste mirate e vergognose aggressioni mediatiche?
Poco o nulla, proprio come accade ancora oggi, in rispetto di uno “stile Juventus” voluto dagli Agnelli e sancito da Boniperti, che prevedeva dichiarazioni pacate e perlopù limitate al solo fatto sportivo in sè, nessuna polemica al di sopra delle righe e scarse o nulle partecipazioni alla DS o alle trasmissioni radiofoniche della Rai (che in quel periodo deteneva il monopolio del broadcasting), lasciando ai risultati del campo la sola risposta all’antijuventinismo.
E così, mentre i media avversari hanno inveito contro la Juve per tutti gli anni 80 sancendo la definitva consacrazione del sentimento popolare anti-juventino, la dirigenza bianconera ha replicato quasi sempre solo con le batttute spiritose dell’Avvocato e quelle di Boniperti che lasciava lo stadio al termin del primo tempo, finendo col confermare le accuse degli avversari in una sorta di “chi tace acconsente”.
5) IL TRIONFO DEL SENTIMENTO POPOLARE ANTI-JUVENTINO
Ciò che è accaduto a partire dall’inizio della gestione Giraudo-Moggi (1994) sino ai nostri giorni è storia talmente conosciuta che mi limito solo a ricordare i principali eventi:
* 6 aprile 1988: il presunto fallo di Iuliano su Ronaldo scatena una vera e propria “intifada” antibianconera da parte di Moratti e di tutti i non juventini, culminata nell’inizio di farsopoli che io faccio risalire alle indagini mirate ed esclusive di Guariniello che, prendendo spunto dai deliri di Zeman sui farmaci usati dalla Juve (luglio-agosto 1988), tendono a denigrare il più possibile le vittorie dei bianconeri di fronte all’opinone pubblica
* 7 maggio 2000: il gol di Cannavaro annullato da De Santis in Juve - Parma trasforma la Juventus in una congrega di mafiosi capaci di condizionare i campionati, facendo passare in secondo piano passaporti truccati e vergognosi aiuti arbitrali alla Lazio, culminati nella vergogna della piscina di Perugia
* 27 maggio 2004: dopo la morte di Umberto Agnelli, inizia una scandalosa campagna mediatica contro la Juve di Moggi e Giraudo cui collabora anche la Stampa di Torino per ordine di John Elkann & Montezemolo, che strizzano l’occhio a Moratti per confermargli il loro assenso a farsopoli
* primavera - estate 2006: le dichiarzioni di John Elkann che - di fronte ai primi ragli rosei – confermano la vicinanza della proprietà solo ai giocatori e all’allenatore e, soprattutto, la richiesta dell’avvocato Zaccone della serie B nel processo sportivo segnano il trionfo assoluto del sentimento popolare anti-juventino, che trova conferme definitive alle proprie “teorie da bar” proprio nel fatto che gli stessi accusati ammettono la loro colpevolezza
* processo di Napoli: un trionfo che risulta ancor più evidente nella non–reazione della società di fronte a quanto emerso nelle udienze partenopee di calciopoli, che testimoniano l’assoluta inconsistenza dei teoremi sanciti dall’invenzione dell’illecito strutturato e dall’operato di Narducci, ultimamete teso soprattutto a evitare che si arrivi a sentenza. Infatti, sui media si parla ancora di sequestro Paparesta, sorteggi truccati, doping e quant’altro senza che la dirigenza della Juve prenda una posizione forte e decisa contro queste infamie, limitandosi a fare esposti a chi di esposti non se ne cura oppure a prendersela con Tuttosport, dimostrando così una sucettibilità degna del peggior Moratti.
Per cui, come accennato all’inizio, se il passato illumina il presente e fa intravedere il futuro, il nostro futuro in merito al sentimento popolare anti-juventino è tutt’altro che roseo, a meno che con “roseo” non s’intenda la resa incondizionata dei dirigenti bianconeri ai soprusi mediatici compiuti da chi è pagato per “promuovere” il marchio Inter e dei loro alleati.

Un caro saluto a tutti da BeppeBio
 
 
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Dopo la Cassazione su Moggi, cosa dovrebbe fare ora la Juve?
 
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