Quando il riso è amaro.
Chi gode ad ogni sconfitta della Juve, continuando tuttavia a dichiararsi juventino (e sono molti, sul Muro soprattutto) dimentica un particolare: chi vince attrae nugoli di ragazzini affascinati dal mito del più forte, com'è nella natura di soggetti in età evolutiva dal punto di vista fisico, mentale e psicologico. E' sempre stato così e non è un caso se la Juve, negli anni, ha saputo ammaliare milioni di calciofili in erba e così annoverarli in pianta stabile nell'enorme bacino della sua tifoseria, così tanto invidiato dalle società rivali. (Chi scrive è diventato juventino for life, da piccolo, per quel banale motivo. Una banalità, però, che sa di predestinazione al bello, al numinoso e, oserei dire, alla sacralità). In Italia siamo arrivati ad essere 14 milioni. Ora, grasso che cola se siamo rimasti in 10/11 mln. Le colpe sono di chi sappiamo. Desiderare che l'attuale proprietà/dirigenza alzi i tacchi il più presto possibile è cosa altamente meritoria ma, in attesa di tempi migliori, io personalmente godo quando la Juve vince comechessia e non rido, proprio no, quando la mia amata incappa in figure barbine (per colpa di Ranieri o dell'arbitro in mala fede, poco conta). E mai penserei alla partita Juve-inter “con il timore di credere nella vittoria”e nemmanco svaluterei un'impresa (la nostra vittoria) “che impresa non potrà comunque essere definita” e giammai sarei tentato di scrivere “un pezzo autogufante, anche se la tentazione c'è”. Queste tentazioni non mi appartengono. . DISERTARE LO STADIO. E' diventato un refrain che mi infastidisce non poco. Abbandonare la squadra in massa, lasciandola in balia dei cori irridenti e insultanti dei tifosi avversari è autolesionismo puro senza sbocchi. Sarebbe come giocare tutte le partite in trasferta. Deprimente e angosciante per i nostri ragazzi in campo. Ma tutto questo, si argomenta, è a fin di bene. Siamo al tanto peggio tanto meglio. Si dice 'quando la squadra sarà sprofondata in classifica, ridicolizzata dagli avversari, umiliata, allora anche gli Ultras apriranno gli occhi, lotteranno insieme a noi e comincerà la tanto sospirata palingenesi'. Un lavacro purificatore. La Resurrezione. Tutto questo però, comporta un prezzo altissimo da pagare in termini di immagine (come si dice oggi); la demitizzazione di una società mitica, fra le più prestigiose al mondo. Si vorrebbe un'icona infranta da cui ripartire. Ma, ripeto, il prezzo da pagare mi spaventa. Resterebbe una brutta, indelebile macchia a sporcare per sempre quelle meravigliose casacche bianconere cariche di storia e di trionfi. Né ci sarebbero risparmiati gli insulti più cocenti dei tifosi a noi avversi. Il palmarès inquinato senza rimedio. Calma ragazzi, capisco l'esasperazione che monta, l'ansia di rivalsa, la sete di giustizia, la rabbia che ci divora, ma francamente, non mi sembra essere questa la soluzione giusta ai nostri problemi. Che fare allora? A me e a molti altri di questa Associazione (ricordo, con simpatia, quella specie di forza della natura che si firmava Francesco, sul Muro) sembrava opportuna, subito dopo Farsopoli, una dimostrazione di massa sotto la sede della società. Non si concluse niente e il motivo fu ( questa è una mia supposizione) la mancata adesione degli Ultras organizzati di Torino, filosocietari e, dunque, non disposti a rinunciare ai benefit elargiti loro dalla società (fra i quali i biglietti per lo stadio a prezzo ridotto erano e sono il plus). Senza buona parte dei 10/15.000 ultras la dimostrazione sarebbe finita in un flop. Di più. Si sarebbe appalesata clamorosamente la spaccatura latente, iniziata dopo l'estate 2006, fra il tifo organizzato, i blog dedicati e associazioni quali l'Anaj. Per evitare una rottura insanabile fra i normalizzati da una parte e i rancorosi-romantici dall'altra si preferì accantonare l'iniziativa attivando, in alternativa, una politica dei 'piccoli passi' con l'obiettivo di convincere gli Ultras a portarsi sulla nostra sponda. Politica che, suppongo, sia attualmente in essere (ripeto, queste sono congetture, che hanno però un qualche fondamento). Picenus. |