Lo sforzo di comprendere le ragioni di quanti spingono per la ripresa prima possibile dell'attività calcistica, va fatto. Anche e soprattutto se, come nel mio caso, non le si condividono.
E'innegabile che l'emergenza-Covid19 abbia portato con sé svariati danni economici. Il calcio è anche un'industria. Nulla da eccepire, se si dice che va messa in conto una discreta perdita, destinata a far sentire i propri effetti, a cascata, su tutte le categorie.
Solo, mi pare venga sottovalutato un aspetto importante. La salute dei calciatori è, anch'essa, un capitale, direi anzi il più prezioso. Posto che, se si ammalano i giocatori, non si può disputare nessuna partita. Di questi tempi, è difficile sottrarsi alla discussione su quanto conti e pesi di più, in situazioni eccezionali, se il senso di responsabilità degli individui o la forza intrinseca delle leggi e dei divieti.
Non si tratta di un passatempo fra i tanti, ma della ricerca di una chiave di lettura razionale, per eventi fino a poco tempo fa, letteralmente, inimmaginabili. Ho la sgradevole impressione che, quando si parla di calcio, prevalga troppo spesso un approccio ideologico, nel senso peggiore del termine.
Ne è prova, anche, il fatto che dal dibattito spesso sparisca un dato, quello della mortalità nel mese di Aprile, che aveva posto l'Italia in cima a tutte le classifiche mondiali. Non proprio quel che si dice un dettaglio trascurabile. |