Qualcuno ha sostenuto che nel dubbio, per lo più, ha sempre torto la Juventus. Ma ormai si potrebbe ben dire che anche senza dubbio la Juventus ha sempre torto.
Una lunga serie di presunti errori arbitrali lo dimostra in modo eclatante. La rete annullata in extremis contro la Salernitana ha fatto ridere (o piangere) l’intera Europa del pallone; il var che interviene per togliere un gol regolarissimo (doppiamente regolare: in primis perché non vi era alcun fuorigioco, addirittura il sistema ridicolo riesce a non vedere un giocatore nella valutazione del fallo e, in secondo luogo, perché il fuorigioco comunque non poteva sussistere in quanto il difensore oltre la linea non era attivo). A Salerno si consumò l’errore più grave mai fatto nella storia di tutti i campionati di calcio dopo il VAR. E la Juventus ci rimise due punti in classifica (ma era partita da ripetere, come minimo).
Nella partita a Torino contro il Napoli, dopo il gol di Di Maria, l’arbitro Fabbri viene richiamato dal solerte VAR per un presunto fallo di Milik su Lobotka nella metà campo del Napoli (ben lontano dalla porta). Si trattava di un contrasto di gioco che l’arbitro aveva già giudicato non falloso, ma che invece, trattandosi della Juventus, era in grado di scomodare la c.d. “on field review”. Ma da regolamento la decisione iniziale dell’arbitro non può essere cambiata dal VAR, a meno che non ci sia un “chiaro ed evidente errore”. In che modo il fallo di Milik possa essere ritenuto un chiaro ed evidente errore grave dell'arbitro ancora francamente dobbiamo capirlo: trattasi, infatti di azione lontana dalla porta e fallo molto molto dubbio che si verifica per contrasto di gioco.
Nella Partita di Bologna l’arbitro non vede un fallo di gioco di Danilo ai danni di Orsolini: prontamente interviene il Var che decreta un rigore. L’arbitro non può rivedere l’azione per un guasto al sistema (monitor non disponibile) ma il rigore è assegnato comunque. Prima di detto fallo di Danilo, tuttavia, vi è un fallo eclatante dello stesso Orsolini su Alex Sandro. Il Var non lo vede. O non lo ritiene oggetto di "on field review”, per regolamento dice, perché l’errore arbitrale a loro parere non è grave chiaro ed evidente: eppure l’errore appare a tutti icto oculi gravissimo (perché in prossimità dell’area di rigore il giocatore Orsolini si involava verso la porta, tanto è vero che ci è voluto un fallo di rigore per fermarlo), chiarissimo ed evidentissimo, perché il fallo sussiste in modo inequivocabile (gli arbitri italiani da un pezzo hanno cominciato a scimmiottare i colleghi inglesi lasciando correre i falli di gioco non significativi: ma spesso sbagliando clamorosamente e poi nelle vicinanze dell’area di rigore questa metodologia è errata, perché può portare ad errori gravi, come quello nel caso del fallo di Orsolini su Sandro).
Ci si chiede: come mai il presunto fallo di Milik a Torino contro il Napoli, lontanissimo dalla porta e per lo più insignificante, pagliuzza nell’occhio, assurge alla dignità di errore grave, evidente e chiarissimo dell’arbitro e la trave nell’occhio per il fallo di Orsolini su Alex Sandro viene ora giudicato dal Var non suscettibile di “on field review”? Il Fallo di Orsolini era 10 volte più chiaro, evidente e grave del fallo di Milik, ma la discrezione del VAR lo ignora, stranamente, ora che trattasi di caso favorevole alla Juventus. Già, la discrezione... Ma il Var non doveva essere strumento oggettivo ed inequivocabile?
Ma il campionato delle leggerezze arbitrali è ben più articolato. Alla prima giornata, nella partita in casa della Juve con il Sassuolo, Alex Sandro irrompe nell’area di rigore del Sassuolo e viene steso da Muldur. Errore clamoroso ed evidentissimo dell’arbitro Rapuano, che non vede il fallo. Ma il VAR non interviene, giudicando il fallo non chiaro, né evidente, e decidendo a discrezione che l’arbitro non era incorso in errore. Ma l’errore rimane, è grande come una montagne e grida vendetta.
Nella partita Juventus-Atalanta, al 7’ Di Maria imbuca splendidamente Milik, che viene cinturato da Palomino e franando a terra in area di rigore. L’arbitro Marinelli non vede falli in quell'azione e interviene il VAR, che a sua discrezione giudica quell’infrazione NON commessa. Ma il fallo è pur sempre grande come una casa e grida vendetta. Lo dicono tutti nei giorni successivi (giornalisti, arbitri e addetti ai lavori), ma i punti in classifica dove sono ora per quell’episodio?
Nella partita di Roma della Juve contro la Lazio, il vantaggio di Milinkovic-Savic è viziato da un clamoroso, enorme, eclatante fallo (giudicato così da tutti, dicasi tutti, gli arbitri italiani che si occupano di calcio) dello stesso Milinkovic su Sandro (che lo spinge quando questi è in elevazione per difendere). Qui interviene il VAR e riesce a non vedere l’evidenza. Il grande filosofo Emanuele Severino sosteneva che la negazione dell’evidenza è la più grande di tutte le violenze possibili. Il gol è quindi confermato e con esso l’enorme ingiustizia e i punti sottratti alla classifica della Juventus. Si potrebbe continuare a lungo, esaminando tante altre partite, anche di Coppa Italia.
Il VAR arrivò a furor di popolo, che lo riteneva strumento di giustizia oggettiva ed inequivocabile, scevro da vizi e tutto ricco di virtù. L’evidenza invece dimostra che oggi il VAR è spesso fonte di somma ingiustizia. Lungi dal porre rimedio ad errori, spesso ne commette di suoi, più grandi e rilevanti di quelli dell’arbitro. Ma l’arbitro ha sempre il beneficio della buona fede, almeno presunta. Per il VAR che esamina e riesamina, vede e rivede, come si può poter presumere la buona fede? Soprattutto se l’ingiustizia è così grande, reiterata e in grado di creare alterazioni evidenti alla classifica? |