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Sabato 14.09.2024 ore 18.00
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
          L'ANGOLO DEL TIFOSO
Articolo di Picenus del 03/07/2009 23:07:08
Ars renovandi
Ars renovandi: per amarLa e commentarLa in modo/altro.
(E' solo un divertissement o, se preferite, una masturbazione mentale di un eccentrico oltranzista neobarocco. Sì. Ma. Però).

La sosta estiva mi permette di raggrumare i sentimenti, quasi che il Campionato che si attaglia perfettamente ai cuori di tenebra, sbricioli con senile baldanza ogni repressa angustia esistenziale come che sia, liberatoria di un'angoscia al diapason, della sopportazione di un'anima esulcerata.
La Juventus ha attraversato tre secoli (e punta al quarto e, poi... nei secoli dei secoli), cumulando su di sé stereotipati commenti, vetusti, stinti, estenuati. Finte angosce, perniciosi sbalzi di umore, attirando neghittosi voyeur, ciarlatani del nonsense. L'accidiosa impazienza, l'inveterata impudicizia di bavosi ermeneuti impongono un nuovo modo di idolatrare il corpo mistico della nostra Signora. Basta rettorica bolsa (notare la doppia t), untuosamente lasciva, falsa, consolatoria per gli inconsolabili, deprimente per i consolati (e anche per le ambasciate: coloro- femmine - in preda ad ambasce dico).
S'impone un modo nuovo di commentare, anche istrionico, purché vero, originale, disincantato.
Posto che la Juve sia un testo da gustare, io scrivo, abbozzo idee, vergo un commento del testo quale epifania e concentrato di forum e muri ancorché sbriciolati la loro parte. Un commento ai commenti del testo. Cos'è un'esegesi sparafrasata? Il nulla cosmico, la “chiacchiera,” lemma che Annah Arendt ispirò al suo amante Martin Heidegger per il concettoso e arduissimo Sein und Zeit. E poi il sentimentalismo, le mozioni degli affetti, le captatio benevolentiae elargite alla plebe stupita, ammirata. Dunque un riassunto del testo è la nuova frontiera. Estetica. O sì, estetica.
Che significherebbe mai, vivaddio, riassumere il testo, o in qualsivoglia maniera ridurlo, se non dichiarare una gerarchia di valori nel discorso, un meglio e un peggio, un essenziale e un secondario, un esornativo ed un fondamentale? Un testo (una riflessione sull'idea/Juve) che sia tutt'affatto possibile, integralmente esornativo, una fatuità e che, pertanto, a noi tocchi solamente accettarlo o rinnegarlo, farne omaggio ai laureandi, alle coppie in fregola, disperderlo, stracciarlo, masticarlo, pulircisi il culo, macerarlo nello sterco. E così via, ad libitum.
Gronda lacrime e sangue l'amoroso per la scomparsa, ahimé, della Signora, al braccio della quale io ho sceso cento scale (echi montaliani). Fantasmagoria accecante Wandaosirisiana del tempo che fu. E' ora di cambiare. Ma basta: tolgo il vento alle vele già impetuose della mia fantasticheria.
M'ingegnai a proporre un progetto di commento al Sacro Testo evitando dolci stil novi, contesti culturali, sociali, stilistici trapassati.
Come ha da essere l'animus del commentatore? Tocchiamo il modo che costui tiene per acquistare e sperimentare la propria arte o mestiere. Il cosmo commentabile (l'Iperuranio dell'Idea/Juve), sebbene mostri palese somiglianza con quest'altro che noi frequentiamo, ha diversa impalcatura (labirintica) interna: quasi scavata e forata, e percorsa da strade lessicali, sentieri grammaticali, morfologiche autostrade che consentono ad un macro e brevimirante sedentario (un posaglutei davanti all'interfaccia) di percorrere spazi disumani senz'altro pneumatico, senz'altro destriero, senza altre ali che un fruscio, uno scandire, puro scorrere di pagine (elettroniche) e paragrafi, e a capo, e punti e virgola assai pregnanti di significato, per tortuosi itinerari di caratteri mobili (non più d'inchiostri), offrendo alla sua trafelata smania voluttuosi orgasmi per libido di caleidoscopici momenti lessicali e sintattici, lemmi, doppi e tripli sensi.
Pervenni fin qui estenuato, ma ho buone ragioni per ritenere che il testo non vi è del tutto chiaro: neanche a me. Trattasi, ad ogni buon conto, di opera aperta, indefinitamente interpretabile, opportunamente emendabile a modo proprio, come ci insegnano semiologi di fama, tipo Umberto Eco. Per non dire del grande Gadamer che ci ha lasciato alla veneranda età di 100 anni, nell'ultima decina del secolo scorso, mai abbastanza rimpianto. Dicevo di Gadamer e del suo 'circolo ermeneutico' (inteso non come club privé), ma come espediente ermeneutico, come lettura e interpretazione del testo analizzato, assaporato e rifatto dal lector in fabula, nonché da lui lector, arricchito; ermeneuta portatore della sua propria biblioteca (intesa come conoscenze mutuate da contesti sociali e culturali altri).
Il circolo interpretativo segue questa ritmica: io scrivo, tu leggi, interpreti e arricchisci il testo, riconsegnandolo più denso di significato, al primigenio autore che riparte dal quel punto imprevisto. E così all'infinito. Qui si dà il caso di un'ontogenesi che ricapitola la filogenesi. Sì, perché il primo autore prende e fa suo, (oltre al proprio), anche una parte del bagaglio culturale (la biblioteca) del suo lettore che, a sua volta, aveva preso ecc e che qui indicherò come U.F. (utilizzatore finale, ehm) e procederà nell'attività letteraria in un percorso che va da alfa a omega (la sua individuale alfa e omega). E' la storia dell'Umanità riassunta (ricapitolata, appunto) in un individuo. Il punto fermo è che i lettori successivi, a loro volta, aggiungeranno qualcosa di loro: un nuovo significato, un senso inespresso eppure presente in abstracto da subito. Può capitare che il chiosatore/ricercatore sveli all'autore primigenio un qualche significato in più sfuggito al narratore , forse per rimozione di un'idea che solo inconsciamente il suo Io riesce ad accettare e nascosta, a suo tempo, in qualche piega del discorso sotto altre inconsapevoli vesti lessicali e semantiche.
E' l'Opera Aperta (a tutte le interpretazioni).
Pensiamo alla Bibbia e agli innumerevoli esegeti che vi han posto mano. Parafrasare, scoprire, aggiungere, caricare di nuovi significati, lasciare impronte/altre per capire di più e meglio il mondo in cui viviamo e la Juventus, con il mondo. Per amarla di un amore sempre più intenso. Non tuttavia scevro d'un tal quale decoro dialettico.
 
 
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