(18 ottobre, 2007) Gazzetta dello Sport
IL CASO
Domande scomode, Moggi s' infuria
FRANCESCO CENITI «C redo di giocare fuori casa...». Così ho iniziato l' intervento durante la conferenza stampa che ieri Luciano Moggi ha tenuto a Milano per presentare il suo libro e ribadire le tesi (sempre le stesse, sempre a senso unico) sul «complotto» che lo ha estromesso dal mondo del calcio. Un' ora prima ero entrato nella sala dell' albergo milanese scelto per l' evento: solo posti in piedi. Anche «Big Luciano» sembra sorpreso dalla presenza di tanti giornalisti. Li ringrazia, si emoziona. Poi sfodera un lungo assolo che dovrebbe illustrare e motivare 248 pagine al veleno. La sceneggiatura, però, non è originale. Semmai zavorrata dai continui flashback e aneddoti noti solo ai protagonisti. Più interessanti i lapsus. Come: «Per gli arbitri c' era il sorteggio, mentre dopo gli assistenti venivano dati all' Aia», ma forse la «d» mancante è solo un refuso verbale. La morale è, invece, chiarissima: per Moggi i processi sportivi sono stati una barzelletta, mentre l' inchiesta di Napoli (a metà dicembre il gip deciderà se mandarlo a processo) si basa sul nulla. VERITA' E MANIPOLAZIONI Ma chi sono i colpevoli di questo omicidio sfiorato, dato che Moggi inizia il libro «rivelando » di aver pensato al suicidio? E, soprattutto, a che scopo? Nessuna sorpresa. I cattivi sono i soliti e siccome Moggi non è Agatha Christie, li svela rapidamente. In ordine sparso: Carraro, Petrucci, Guido Rossi, Collina, i giudici sportivi e quelli ordinari («perché non hanno intercettato gli altri dirigenti?») la nuova Juve. E la Gazzetta dello Sport. Già, il mio giornale che secondo Moggi si è sostituito alla magistratura. Di più: l' ha influenzata. Per il gusto di «farlo fuori». E poco importa se la Juve in B vuol dire vendere molte copie in meno ogni giorno. COME PAPARESTA Vabbè, ogni imputato ha diritto a difendersi. Così, decido di non intervenire alle domande che seguono il soliloquio. In fondo sono di parte. Come la claque che affolla la sala e si esibisce in assist smarcanti. C' è persino chi avanza l' ipotesi che dietro alla squalifica di Moggi ci sia la regia della Juve, infastidita dal troppo potere del suo dirigente. Alla fine qualcosa mi scatta dentro e decido di «sfidare» l' arena. Come? Facendo (o tentando di fare) domande normali. Tipo: «Ha ammesso di aver comprato le schede svizzere. Che pena si sarebbe data se fosse stato al posto dei giudici sportivi?». Oppure: «Il processo sportivo lo ha definito una farsa, ma ha cercato di evitarlo grazie alle dimissioni dalla Juve». Apriti cielo. Forse dovevo concordare prima l' intervento. Moggi la prende male, si altera, la voce sale di tono, riprende ad attaccare la Gazzetta. Ma non risponde. Lo confesso: ho persino pensato di finire rinchiuso in qualche bagno dell' albergo. Qualcuno a fine conferenza mi ha sussurrato: «Non giocavi fuori casa, ma sulla luna». Può essere, ma credo che Moggi e i suoi satelliti possano ritornare di moda solo nelle pagine di un libro. L' ex d.g. Juve attacca ancora la Gazzetta, ma sui temi più scottanti preferisce non rispondere
Ceniti Francesco
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