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I commenti del Muro non rappresentano necessariamente le idee dell'Associazione
 
#36847 IL NUMERO DEGLI SCUDETTI
scritto il 27/10/2007 17:57:58 da BIANCOENERO
La svolta dell’asterisco: riecco il “29” Bari, 14 maggio 2006: la Juve vince il 29° scudetto TORINO. Chiamatela la svolta dell’asterisco: è una questione di forma, numeri e passione. Nessuno resti­tuirà alla Juventus gli scudetti che la Giustizia sporti­va le ha tolto ( assegnandone uno all’Inter), ma i tifosi non li vogliono cancellare e ora anche la società ci sta pensando. Il primo passaggio è un asterisco che com­pare nel palmares pubblicato sulla relazione di bilan­cio al 30 giugno 2007: « 27 scudetti* » , recita il docu­mento ufficiale e il richiamino rimanda a fondo pagina dove si spiega la ben nota vicenda e si parla di titoli « vinti sul campo » .
 
#36844 SANT’ALBANO
scritto il 27/10/2007 17:51:02 da BIANCOENERO
«Pensiamo solo al futuro» TORINO. Carlo Sant’Al­bano esce all’una dalla sa­la del Centro Storico Fiat dove ha seguito i lavori dell’assemblea degli azio­nisti. In aula ci sono anco­ra i piccoli azionisti inten­ti a intervenire e a critica­re l’operato del manage­ment bianconero. L’ammi­nistratore delegato dell’Ifil e consigliere Juventus scuote la testa, abbozza un sorriso e osserva sconsola­to. « Non riesco a capire questi atteggiamenti. Si parla troppo del passato e non si guarda al futuro della società. Questo è il difetto dell’Italia, negli Stati Uniti ci si comporta diversamente. Si seppelli­sce il passato e si punta soltanto ai traguardi futu­ri. E anche quando le cose vanno male si cerca di pen­sare positivo » .
 
#36843 X GIU
scritto il 27/10/2007 17:50:33 da MARIO
Caro giuseppe mi complimento per il tuo intervento che io cosidero lucido,tagliente apassionato. Grazie!! Come al solito hai dimostrato di essere grande !!! Con te siamo ben rappresentati. Speriamo che al piu presto i nostri ricorsi vengano considerati e che il maltolto ci sia restituito. Un Abraccio
 
#36841 UN’INTERISTA NELLA TANA DEL NEMICO
scritto il 27/10/2007 17:47:47 da BIANCOENERO
E in sala s’infiltrò l’amica di Moratti TORINO. E’ l’unica donna a prendere la parola nell’assemblea. Ma soprattutto è l’u­nica interista nella sala conferenze del Cen­tro storico Fiat dove si svolge l’assemblea dei soci juventini. Un’infiltrata, verrebbe da dire, se non ché è perfettamente in re­gola, in quanto detentrice di azioni e, tutto sommato, coraggiosa, visto che si dichiara quasi subito. Maria Luisa Anelli, giornali­sta: «Intervengo perché ho delle rimo­stranze da fare, mi scuso perché non ho un intervento scritto e premetto che sono una simpatizzante nerazzurra. Nel senso del­l’Inter... ». Sorpresa in sala, qualche com­mento non esattamente educato (ci sarà un socio che successivamente chiederà scusa) e Cobolli che invita a proseguire. «Come azionista non sono convinta di questo bi­lancio e voto contro. La perdita è sì conte­nuta, ma per la dismissione di nostri capi­tali, effettuati approfittando della retroces­sione in B, a questo punto “provvidenziale”. E a proposito di Inter, vorrei sottolineare che lì c’è il mio presidente Moratti che pa­ga di tasca sua, qui invece paghiamo noi azionisti. E poi chiedo se Blanc prende 3 milioni in caso di risoluzione del contratto, noi azionisti quanti ne prendiamo per smettere di essere azionisti, dopo i danni che ci avete causato?». A questa domanda, non riceverà risposta. Almeno da Cobolli.
 
#36839 L’EDITORIALE
scritto il 27/10/2007 17:45:20 da BIANCOENERO
RETICENZE E SILENZI GIANCARLO PADOVAN Credere alla verità, apparentemente leg­gendaria, della vasta moltitudine rap­presentata dai piccoli azionisti, o dar ascol­to ai manager di una società che, alla pres­sante domanda sulla Juve in vendita, ri­spondono con un laconico «Non ne sappiamo nulla»? Non è accademico, e meno che mai amletico, l’interrogativo che echeggia alla fine dell’as­semblea degli azionisti. Piuttosto è la conse­guenza di un modo di comunicare il presen­te, il possibile, l’impensabile, l’imminente che lascia perplessi. Non una novità in un club che, al rinnovamento sostanziale, non sta facendo seguire quella linea di persua­sione tanto attesa dai tifosi – il grande popo­lo juventino – e non solo da essi. Giovanni Cobolli Gigli, presidente che tiene molto a non apparire né mite, né timido, ie­ri avrebbe dovuto essere più netto e deciso, almeno agli occhi e alle orecchie di chi scri­ve. Se l’ha evitato, di fatto contemplando l’e­ventualità di una cessione, è perché era giu­sto affidarsi alla seguente nebulosa perifra­si: «Noi abbiamo un rapporto molto profi­cuo con l’azionista di riferimento e tutto il Consiglio di amministrazione lavora con de­cisioni oculate affinché la società, quotata in Borsa, sia forte e indipendente». Certo come sono di non avere saltato nep­pure una sillaba di quanto scandito da Co­bolli nell’assise assembleare, mi piacerebbe vederci più chiaro. Non è detto che un pa­drone diverso dagli Elkann sia necessaria­mente un male. Ma una mezza dichiarazio­ne come quella di Cobolli lascia scoperto un fianco, non solo un nervo. In pratica ci si do­manda: c’è stata, c’è, mai ci sarà l’idea di aprire una trattativa per cedere la Juve? Già il solo fatto di non averlo escluso in ma­niera categorica, a mio parere indica un sin­tomo. E non so davvero quanto la proprietà possa ancora nascondersi dietro i pudichi paraventi alzati da Cobolli. So di certo, in­vece, che anche un grammo di incertezza può intorpidire le energie di un gruppo di lavoro e alterare gli equilibri di una squa­dra. Se, infatti, il calcio è un’impresa, esso conserva comunque i requisiti anomali e specialissimi che ogni altra attività produtti­va rifugge. Per dirigere una società di calcio è necessa­rio sapere di calcio. E trascurare gli inviti dei piccoli azionisti a virare sul mercato in modo più convincente di come fatto fino ad oggi sarebbe un grossolano errore. Non è giusto, e nemmeno onesto, scaricare le re­sponsabilità sulle spalle di Alessio Secco. E’ stato certamente un errore privarsi di Ro­berto Bettega. Però sta diventando parados­sale chiedere conto a giocatori, frettolosa­mente ipervalutati e iperpagati, di essere al­l’altezza del loro costo. Che cosa c’entra Tia­go se la Juve l’ha pagato oltre tredici milio­ni di euro? Cosa c’entra Andrade se l’hanno pagato dieci e poi si è rotto? Quale obiettivo pretendere da Ranieri se si ritiene di non so­stituire il centrale difensivo con un altro ele­mento di qualità? Non vi sembrino doman­de retoriche. E’ perché alla Juve c’è davve­ro qualcuno che, dopo aver commesso erro­ri grossolani, pensa di poter risparmiare, an­ziché contribuire a spendere per porvi rime­dio. A meno che non esista una connessione tra la voglia di vendere il club e la poca vo­glia di comprare giocatori.
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